Ma torniamo a cercare di capire perché questo territorio sia pieno di chiesette romaniche isolate: come si diceva poco più in alto verso la fine del primo millennio queste zone erano ancora coperte da selve realmente selvagge (silvae, sterminate foreste naturali) e da boschi (boscha) già soggetti a ceduazione per produrre legname. Con il finire delle incursioni ungare, saracene e normanne un po' in tutta Europa ci fu un miglioramento delle condizioni sociali, un incremento demografico che portò ad un allargarsi delle coltivazioni cerealicole e al pascolo con il formarsi di nuovi villaggi contadini e con l'allargarsi dei ancuni di essi in veri e propri paesi. Fu allora che proliferò il sistema delle pievi e dei sentieri sacri che portavano i pellegrini a roma da tutta Europa. Gran parte degli edifici romanici che oggi costellano le colline, i bordi dei campi o si nascondono tra i pochi boschi rimasti nacquero come chiese di villaggio. Edifici battesimali, tituli (chiese minori) molti dei quali sono tra l'altro andati perduti. Verso la fine del medioevo con una nuova instabilità politica, ci fu un nuovo calo demografico, una regressione agraria e una nuova espansione delle selve, la famosa crisi del 1300. I contadini abbandonarono villaggi e paesi che erano costruiti in legno e malta di fango e di cui non ci è rimasto praticamente niente se non le chiese ed i cimiteri isolati che infatti erano costruiti in solida pietra locale e mattoni, oggi isolate e solitarie.
Un altro caso molto interessante e che probabilmente interessa San Secondo è che le piccole chiese sorsero in luoghi dominanti in cima a colli e colline o che in passato avevano accolto le aediculae pagane (nota 1), mucchi di pietre rituali, gli ometti che ancora oggi in Piemonte vengono chiamati mongioie e guarda caso il colle su cui sorge si chiama proprio Mongiglietto dal latino Mons Iovis, Monte di giove. Il Giove in questione generalmente poteva essere una divinità associata in epoca romana, come ad esempio il Giove Pennino, romanizzazione di Penn, divinità celtica e ligure delle alture da cui appunto deriva il nome delle Alpi Pennine, dei tanti monti Penna e Pennino e appunto degli Appennini.
L'edificio: la pianta principale è suddivisa in tre navate orientate verso il sorgere del sole che terminano in altrettante absidi circolari. La chiesa è prevalentemente costruita in pietra arenaria locale con inserimenti in mattoni e misura 19,50 metri di lunghezza per 8,60 di larghezza, mentre il colmo del tetto arriva a 8,25 metri. La facciata anch'essa principalmente in pietra è sovrastata da un campaniletto di mattoni aggiunto nel 1600 per richiamare i fedeli. Sopra al doppio arco di pietra si vede una cornice di conchiglie che indicherebbe il luogo di sosta sulla via dei grandi pellegrinaggi e sotto gli archetti si vedono le prime sculture zoomorfe molto consumate. Il lato nord è piuttosto disadorno mentre le absidi sono riccamente decorate con semicolonne e capitelli floreali. Nodi e altri motivi floreali decorano le mensole su cui appoggiano gli archetti. Sotto uno di essi c'è una figura umana che si aggrappa (abside centrale) vicino ad un nodo di Salomone e sotto ad un'altro (abside sud) vengono raffigurati due seni, forse simboli di fertilità che ritroviamo anche del lato sud. Potrebbero anche essere simbolo della vergine che allatta (Iside) cara a Bernardo di Chiaravalle e, si dice, ai Templari.
Questa scultura è un mistero. Sulla guida ufficiale di San Secondo edita dalla omonima Parrocchia, Giovanna Gandolfo Fex cerca una spiegazione nelle tradizioni preistoriche locali che in quel periodo dovevano essere ancora molto presenti e che insieme ai seni dovessero propiziare il concepimento e il parto dei figli in epoche in cui la mortalità era altissima. L'unica corrsipondenza diretta si trova su di un capitello sulla cattedrale di Notre Dame du Peyrou a Clermont-l'Hérault nel sud della Francia (ancora una volta a testimoniare lo stretto rapporto tra i due territori) anche se è datata tre secoli dopo ed è molto più dettagliata. Nonostante la differenza di dettaglio e di stile, una somiglianza del genere fa pensare a qualche modello comune che doveva circolare in qualche modo.
In questo caso le decorazioni che normalmente definiamo "celtiche" si discostano più marcatamente dall'influenza bizantina e gli intrecci floreali presenti su alcuni capitelli, tipici dell'arte romanica, diventano più astratti e primitivi diventando davvero unici. Possiamo trovare qualcosa di simile in altri edifici della zona e in generale in decorazioni di epoca longobarda come sui resti del vecchio duomo di Torino, ma qui sono meno geometrici e irrazionali. Da un punto di vista artistico sono incredibili, troviamo una stratificazione del gusto gallico, germanico e cristiano e in un certo modo ci fa notare come l'influenza classica fosse passata in Europa intorno all'anno 1000 e in particolare da queste parti.
NOTE:
1) AEDICULAUE: Cumuli di pietre con significato rituale religioso innalzate ai bordi dei sentieri prima dai galli che lo dedicavano a Bel o a Penn e poi dai romani che li dedicavano a Giove (Giove Pennino per l'appunto in area gallo romana) da qui Mont Iovis. Questi mucchi di pietre sopravvivono ancora oggi in maniera un po' superstiziosa e per indicare il sentiero sorgono sui bivi in montagna o in punti in cui è facile perdere di vista la strada. Essi sono molto simili ai muri mani tibetani o agli ovoo mongoli vedi LINK) e come si diceva ancora oggi vengono chiamati mongioie in Piemonte e ometti in Italiano.
LINKS:
https://www.avvenire.it/agora/pagine/ometti-cuore-pietra
http://www.ruditoffetti.it/articoli/cortazzone.html
BIBLIOGRAFIA:
Alla scoperta del romanica astigiano - Franco Correggia, edizioni del Capriolo.
San Secondo in Cortazzone, Guida alla visita - edizione a cura della Parrocchia di San Secondo
Dalla pieve alla cattedrale nel territorio di Alessandria - Cassa di risparmio di Alessandria