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martedì 25 dicembre 2018

Solstizio d'Inverno 2018 a Sant'Alosio

Post originariamente pubblicato su: https://druidismoalessandria.blogspot.com/
Ancora una volta ci siamo uniti al Gruppo Druidico di Alessandria per celebrare il solstizio d'Inverno alle Torri di Sant'Alosio. Vedi anche:
Solstizio 2011: https://leradicideglialberi.blogspot.com/2011/12/piccolo-report-del-solstiizio-dinverno.html
Solstizio 2009: https://leradicideglialberi.blogspot.com/2009/02/le-coppelle-di-sant_8821.html

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Anche quest'anno ci siamo ritrovati alle Torri di Sant'Alosio per celebrare la morte del vecchio sole. Da domani nascerà quello nuovo!


Purtroppo faceva molto freddo, ma soprattutto la nebbia ci impediva di vedere più in la di qualche decina di metri e il sole abbiamo proprio dovuto immaginarcelo!



In ogni caso l'atmosfera era davvero suggestiva e magica.




La temperatura ci ha impedito di suonare tamburelli e ocarine per non più di una decina di minuti e dopo le offerte a base di noci e idromele e qualche danza propiziatoria siamo tornati alla base in valle.


lunedì 26 novembre 2018

La migliore bicicletta per muoversi in città o per una gita fuori.

Dopo anni torniamo sull'argomento bici. Potrebbe sembrare strano visto gran parte degli altri post eppure fin dall'inizio, ormai da tanti anni, questa pagina si occupa principalmente di cercare il modo di vivere nel modo migliore possibile. Una delle prime scelte che ho fatto io, autore di molti post, è quello di usare la bici. Questo punto vorrei approfondirlo e spiegarlo da anni, ma anche questa volta continueremo a rimandare. Questa volta vorrei dare alcuni consigli pratici, sul tipo di bici da scegliere per muoversi tutti i giorni: per andare al lavoro o a scuola, per andare a fare la spesa, per uscire la sera o per divertirsi, insomma una bici per un utilizzo non proprio sportivo, ma che ci aiuti a sostituire la macchina in quasi il 100% dei casi. Io mi muovo in bici ogni giorno praticamente da sempre (pur avendo patente e auto) e credo di poter dare alcuni consigli utili e reali. Online si trovano molti articoli, purtroppo non sempre scritti da gente che poi la bici la usa davvero.

Una Specialized Stumpjumer del 1986 adattata a bici urbana/suburbana. Un capolavoro!

IL LUCCHETTO: Prima di iniziare a parlare della bici, vorrei spendere tre righe sulle misure di sicurezza per evitare di farci rubare la bici. Belle o brutte, le bici sono uno degli oggetti più rubati al mondo e molta gente smette di usarla dopo che gliela rubano una, due magari anche tre o quattro volte. Quindi non risparmiate sul lucchetto! Meglio risparmiare sulla bici quei 30 euro e investirli sulla chiusura. Il tipo di antifurto più sicuro è quello a "U" o "U-Lock" ed è il più consigliabile. Girando per le strade vi sarà capitato di vedere telai raziati di ruote e altre parti, ma se il telaio era legato bene ad un palo sicuro nessun ladro sarà riuscito a rubarlo. Le marche più buone e conosciute sono Kryptonite e Abus. Ma ne esistono anche di più economici che comunque restano sicuri.


Io ne uso simile a quello in foto, con cavo aggiuntivo per legare ruote e altre parti o borse a seconda. Online se ne trovano parecchi, Qui sotto metto qualche link per comprarli o vederli:
Kriptonite - Kryptolok lungo 48-60 euro LINK
ABUS - granit lungo 48-60 euro LINK
Decathlon mini 26 euro LINK
Questi sono alcuni esempi, ma potete vedere voi se vi serve qualcosa di lungo (più comodo) o più leggero, oppure come ho fatto io, guardare nei vari negozi per trovare qualche offerta.
Oppure ci sono le catene, quelle buone (es. Abus) sono meno sicure ma più comode. Una via di mezzo sono le chiusure flessibili, ad esempio questa ABUS: LINK ma molto costose.
Le chiusure a cavo d'acciaio vanno bene per lasciare la bici 1 minuto, non di più!
RACCOMANDAZIONI: legare sempre il telaio, meglio perdere una ruota che tutta la bici. Quante volte vediamo una ruota legata al palo a cui invece hanno portato via l'intera bicicletta? Possibilmente legare insieme telaio, ruota anteriore (la più veloce da rubare) e palo. Non usare gli sganci rapidi, vendono degli sganci rapidi sostitutivi a chiava pentagonale che complicano un pò il lavoro ai ladri, specialmente quelli improvvisati LINK. Ultima cosa: verificare che il palo sia molto molto alto e fisso a terra.


E ora finalmente possiamo spendere qualche parola sulla bici da sciegliere: partiamo dalla migliore:

1) LA BICI URBANA PRONTA: se non avete problemi di budget, allora non ci sono problemi. Io comunque consiglierei sempre una bici d'acciaio, che in teoria può durare quasi a vita. In questo caso bisognerebbe tenere conto di diverse cose che serviranno anche nei punti sotto: se abitate in un posto piano o collinare, nel secondo il cambio sarà molto utile. Se nella vostra città le strade sono perfette, oppure, come dove abito io, avete strade in pavè, lastricato, asfalto vecchio con voragini... in questi casi una bici con copertoncini fini non andrà bene, meglio copertoni più grossi. Altri punti sono la presenza o la predisposizione per il montaggio di parafanghi e portapacchi. Se la usate per fare la spesa e pensate di usarla tutto l'anno, questi sono accessori quasi indispensabili. Per anni ho odiato esteticamente i parafanghi. Poi mi sono resoconto di quante volte perdevo la voglia di prendere la bici in autunno o in inverno per non bagnarmi o sporcarmi e mi sono deciso a metterli. I parafanghi "a incastro" economici che si vedono molto spesso in giro non sono il massimo, molto meglio quelli con le asticelle, robusti e stabili. Una cosa essenziale sono le luci e qui si apre un discorso molto lungo. Con la dynamo o a batteria? Che tipo di dinamo? Sarà forse meglio dedicare un post a parte.

Dette tutte queste cose, si può optare per una bici comoda ed elegante, la classica, si va dai 250 a più di mille euro per quelle veramente belle. Comunque tipo queste:


Poi si può trovare qualcosa di un pelo più sportivo, adatto anche a gite fuori porta e viaggi, ma con luci e accessori, che per quanto mi riguarda sono la scelta migliore. Anche qui si va da qualche centinaio di euro alle migliaia. 

Fino ad arrivare alle vere e proprie bici da viaggio che sono adattissime per muoversi in città. Magari la postura è meno comodo, ma sono da tenere in mente se uno pensa di fare diversi km per andare a lavoro ogni giorno e magari non ha spazio per avere diverse biciclette. Certo il prezzo è più alto.


Qui sotto metto un link per vedere diversi modelli:
http://www.lastazionedellebiciclette.com/categoria-prodotto/biciclette/biciclette-urban/
In oltre anche le bici del Decathlon, che non saranno le migliori al mondo, hanno alcuni modelli progettati molto bene e con un rapporto qualità prezzo imbattibile.

MTB fine anni '80 adattata. Parafanghi e cestino anteriore rendono la bici comodissima per un uso giornaliero.

2) CREARSI LA BICI: questa per me è l'ipotesi più interessante, se non avete un grande budget ma avete manualità e una certa voglia di cercare il materiale giusto. In questo modo si può avere una bici perfetta e di alta qualità senza spendere 3000 euro. Certo se uno fa i suoi conti, anche solo cambiare copertoni, guaine, pezzi vari, alla fine è una grande spesa, ma a parte che la manutenzione è da tenere in conto, queste spese si possono anche distribuire nel tempo, migliorando il proprio mezzo man mano. Le possibilità iniziali sono due essenzialmente: partire da una bici da corsa o da una mountain bike. In entrambi i casi si parla di bici di un po' di anni, in acciaio. Ci sono poi le vecchie bici "sportive", le più belle erano le francesi tipo Peugeot o Motobecane, ma Italia non sono comunissime e in molti casi sono troppo datate. Per me la scelta migliore in una città italiana abbastanza normale (con qualche salita, strade lastricate o rotte, ecc...) è partire da una MTB fine '80 primi '90.


Possiamo ancora trovare bici di alto livello, con acciaio buono, costruzione ottima a prezzi a volte inferiori a 100 euro (a me è successo). Spendendo qualcosa di più per bici in ottimo stato, eviteremo di spendere poi per metterle a posto. Bici come le vecchie Cinelli, o le Specialized o molte altre erano certo adatte al fuoristrada ma erano anche bici d'avventura, simili a quelle che oggi producono produttori come la Surly su cui era possibile montare portapacchi e altri accessori. Usando copertoni medi, da touring, si possono adattare all'asfalto e agli sterrati. Qui sotto metto alcuni esempi di biciclette di questo tipo adattate all'uso urbano, ma che vanno benissimo anche per gite fuori porta o addirittura viaggi di più giorni. Si può cambiare il manubrio (magari con uno più comodo e alzato oppure con uno da corsa per un assetto più stradale), aggiungere portapacchi, parafanghi (consiglio gli SKS), aggiornare e cambiare freni e cambi e molto altro.








Altri suggerimenti che posso dare dopo tanti anni sono:

I COPERTONI: non risparmiare sulle gomme, sono una delle parti fondamentali della bicicletta. Un buon copertone come lo Schwalbe Marathon si può trovare sui 25 euro al pezzo, online anche a meno. Non è poco ma dura molti anni ed è quasi imperforabile, scorre bene sull'asfalto, tiene con la pioggia, va benissimo sugli sterrati in estate, ecc... (LINK) Un altro copertone, un pò meno fuori strada è il Vittoria Randonneur. Negli ultimi anni si trova spesso al Decathlon sotto i 20 euro.

I PORTAPACCHI: un buon portapacchi non costa moltissimi, ma evitate quelli osceni in acciaio da supermercato (quelli in acciaio buoni costano anche più di 100 euro). Un buon portapacchi in alluminio si trova dai 25-30 euro in su. Se userete le borse considerate che è utile avere la barrette che tengono la borsa lontana dalle ruote.


IL CESTINO E LE BORSE: le borse sono forse più eleganti e sicuramente adatte ai viaggi. Tenete presente però che per un uso giornaliero urbano, un cestino può essere fissato al portapacchi e quindi è difficile che venga rubato. E' più pratico, su di esso si può appoggiare lo zaino, le borse della spesa, pesanti bottiglie. Altro punto a suo favore, se piove non si bagna, o meglio, non si inzuppa. Le borse vanno bene se le mettete e le togliete. Alcune borse hanno la tracolla e i ganci per il portapacchi. Oppure dovrete fissarle in qualche modo, in modo che non si possano smontare velocemente per essere rubate. In oltre si bagnano. Comunque oggi esistono borse impermeabili: le migliori sono le Ortlieb, ma ne esistono versioni più economiche (e ovviamente di livello inferiore) che vanno bene per un uso urbano (LINK)





giovedì 7 giugno 2018

Da un'intervista a Tenzing Norgay, il primo uomo sull'Everest (con Edmund HIllary)

JC: 
The Sherpa view of climbing is very different from the western view.

JTN: We believe that mountains are where the gods live, especially Everest. Before we climb, we perform religious ceremonies to ask God for permission and safe passage. Sherpas don’t have any interest in climbing mountains. Mostly they climb as a necessity, to make money. But the Western world looks at Everest as another rock and says, “Wow, this is the highest mountain. Let’s go conquer it.” You don’t conquer Everest. You go on Everest just as if you are crawling into your mother’s lap.

martedì 29 maggio 2018

San Colombano, Meroveo e la persistenza del paganesimo celtico nel 600 d.c. a cavallo tra Piemonte e Lombardia.


Nel post dedicato alla chiesa di San Secondo a Cortazzone abbiamo già visto come in Monferrato ancora nell'anno 1000 il paganesimo fosse vivo e difficile da sradicare nelle campagne e nei villaggi. Difficile però trovare testimonianze di veri e propri santuari. Una ce la da il beato Giona da Bobbio (Jonas Bobiensis Susa, 600 d.c. circa – Chalon-sur-Saône, 659 d.c. circa) nella sua "Vita di San Colombano e dei suoi discepoli". Il monaco ci racconta che: <...il monaco Meroveo, inviato a Tortona dal Beato Attala, arrivò in quella città, ma l'affare per il quale era venuto lo condusse alquanto lontano dal suo itinerario, finchè giunse in un villaggio in riva al fiume Iria.>


Nella foto sopra i resti di altari e idoli celtici in un tempio boschivo. Purtroppo ci è rimasto pochissimo perchè i galli non rappresentavano quasi mai i loro dei e spiriti e se lo facevano usavano il legno che si decompone velocemente. Nella foto sotto un tempio boschivo in Russia. Sia nelle repubbliche baltiche sia in Russia ancora oggi possiamo trovare piccole radure adornate con idoli boschivi che sono sopravvissute al tardo avvento del cristianesimo attraverso il folklore.

Il fiume Iria potrebbe essere lo Staffora oppure lo Scrivia, ma si è generalmente portati a prendere la prima ipotesi, in quanto il nome Voghera dovrebbe proprio prendere il suo nome da Vicus - Iria. In ogni caso Tortona sorge sul corso dello Scrivia e lo Staffora poco distante, entrambi i fiumi risalgono le valli appenniniche. Proseguendo con il racconto Meroveo trovò in questo villaggio un santuario che sorgeva tra gli alberi con degli idoli e degli altari. Incominciò ad accatastarli come per formare una pira e vi diede fuoco, solo che gli abitanti del villaggio se ne accorsero e riuscirono a prenderlo e a bastonarlo a lungo. Già malconcio venne poi gettato nel fiume Iria, ma l'acqua non accettva il suo corpo anche se il monaco era deciso a ricevere la morte per una causa giusta. Vedendo che la misericordia del signore lo proteggeva i terribili pagani della valle Staffora (o Scrivia) ebbero un'idea: coricarono Meroveo sull'acqua e lo coprirono di legna di modo che il legno lo sommergesse. Anche questo però non funzionò e quando essi se ne andarono pensando di aver lasciato un cadavere il beato si levò indenne dal fiume e se ne andò.

San Colombano riprodotto in una vetrata

Sia la presenza del santuario nel folto del bosco (il nemeton gallico),z sia la condanna dei sacrileghi all'annegamento ci rimandano alla tradizione celtica (come del resto molti toponimi di queste zone) e Giorgio Fumagalli nel suo "Sacre radure dei Celti" attribuisce questo medhelanon alle tribù celto-liguri degli Anamari, ipotizzando che si trattasse della radura di Medassino, oggi frazione di Voghera. Non possiamo esserne certi ma sappiamo che nel VII secolo (Attala subentrò a San Colombano alla sua morte avvenuta nel 615) da queste parti il paganesimo era ancora una religione popolare. Un'altra cosa a cui spesso non pensiamo è che queste zone d'Italia furono cristianizzate da monaci irlandesi come San Colombano, santo cattolico che incorporò in esso molte usanze celtiche. Egli infatti passò diversi anni nel monastero di Bangor (Irlanda del Nord) nel quale si dedico alla preghiera, alla disciplina ascetica e allo studio degli antichi testi grazie ad alcuni dei quali ci è giunto molto sulle usanze druidiche pre-cristiane. Dei monaci di questo monastero era caratteristica anche la veste bianca, che li rendeva sia simili ai monaci orientali ma anche agli antichi druidi, rimarcando agli occhi dei Celti il carattere di sacralità di questi uomini.

bibliografia:
Giona da Bobbio: "Vita di San Colombano e dei suoi discepoli" Jaca Book.
Giorgio Fumagalli: "Sacre radure dei Celti" Collana Storica.

Links:
San Colombano: https://it.wikipedia.org/wiki/Colombano_di_Bobbio
Giona da Bobbio: https://it.wikipedia.org/wiki/Giona_di_Bobbio
Fiume Staffora: https://it.wikipedia.org/wiki/Staffora


giovedì 12 aprile 2018

Popolazioni del Piemonte preromano.

Questa lista è in continuo aggiornamento e vorremmo estenderla a tutta l'Italia del Nord (Gallia Cisalpina). Le popolazioni qui elencate riguardano principalmente l'età del ferro, in quanto è impossibile risalire al periodo precedente per mancanza di testimonianze scritte. Se i Romani furono gli artefici della distruzione di molti di questi popoli, essi furono anche gli unici, insieme a qualche documento greco, a tramandarci indizi importanti per una ricostruzione anche minima della situazione a loro antecedente. In oltre sappiamo pochissimo delle popolazioni galliche transalpine che vennero conquistate il secolo successivo ed è quindi ancora più difficile ricostruire la situazione cisalpina. Celti e Liguri (che è molto difficile distinguere e che forse non erano nemmeno due rami distinti visto che adoravano le stesse divinità principali e parlavano lingue dello stesso ceppo) scrivevano molto poco e se lo facevano utilizzavano gli alfabeti greci ed etruschi adattati prima e romani dopo, per lo più incidendo materiali deperibili come il legno. Anche per questo la situazione che conosciamo ci è riportata sempre dai loro nemici e non possiamo nemmeno sapere come queste popolazioni chiamassero o considerassero loro stessi.

NOTA: anzi, nota un pochino polemica. Sappiamo oggi, come sottolineato sopra, che gran parte delle popolazioni alpine dell'età del ferro parlavano lingue celtiche e adoravano divinità celtiche. La cultura di Golasecca stato uno dei centri della cultura gallica alla pari di Hallstatt e di La Tène e anzi probabilmente le precedette. Eppure è difficilissimo che sui libri e sui documenti in italiano se ne faccia menzione. Purtroppo oggi più che mai il fattore identitario gioca un ruolo troppo importante sulle questioni storiche.


Mappa esposta al museo di antichità di Torino con i nomi delle tribù celtiche e liguri preromane in Piemonte.

ANAMARI
Vedi MARICI.

BAGIENNI o VAGIENNI o ancora Vegenni
Come gli Statielli (vedi), i Bagienni appartenevano ad un ceppo ligure che abitava il sud del Piemonte comprendente le attuali province di Alessandria, Asti e Cuneo nel primo millennio a.c. Da questo insieme iniziarono ad emergere verso il V sec. a.c. occupando una grande zona della oggi provincia di Cuneo comprendenti le Langhe, l'alta Valle del Tanaro fino al Po e più in generale in tutto il Piemonte sud-occidentale. Il limite settentrionale del territorio dei Bagienni era costituito dai Caburriates (Forum Vibi Caburrum), dalle sorgenti del Po e dal Monviso ma probabilmente arrivarono come già detto i confini sia territoriali che culturali erano tutt'altro che definiti. Etimologicamente pare prendano il nome dal faggio. La loro capitale era nella zona della città che, ai tempi dei Romani, fu chiamata Julia Augusta Bagiennorum (ora Bene Vagienna) e con l'arrivo dei galli transalpini (probabilmente i Boi - vedi) si spinsero fino alla Val Trebbia dove probabilmente fondarono Bobbio (Pagus Bagennorum). Conosciamo i Bagienni per le notizie che ci ha tramandato Plinio il Vecchio nella sua opera Naturalis historia in cui in un passo corrotto sembrerebbe indicarli come derivati dai Caturigi e quindi Celti (ma come abbiamo visto è impossibile distinguere esattamente le popolazioni Liguri dell'età del ferro dai Celti). Al contrario degli Statielli sembra che i Bagienni si fossero alleati da subito con i Romani e quindi la loro romanizzazione sia stata molto mento traumatica.

Il grande territorio occupato da Bagienni e Statielli, più sopra si vedono anche Magelli e Taurini.

COZI
Il regno dei Cozii comprendeva le valli di Susa, Chisone e Pellice, la Savoia, le Alte Alpi e il Delfinato, raggruppando diverse tribù. e fu uno dei regni celtici più longevi e particolari di tutta Europa, esso durò infatti fino alla morte di Cozio II nel 63 dopo Cristo! Il centro principale era Susa (Segusio), ma forse all'inizio i re vivevano nell'oppidum di Excingomagus (forse Exilles). Un altro centro importante era l'oppida di Ocelum (presso l'attuale Avigliana), punto di frontiera con i territori controllati direttamente dai Romani. Questa popolazione restò indipendente fino a tempi incredibilmente e recenti e per questo sono molti i documenti arrivati a noi. Poco prima dell'impresa della Spagna (61 a.C.), Cesare si accordò con il Re Ligure Donno, garantendosi il transito indisturbato delle proprie truppe. Si creò così un'alleanza che permise ai Cozii di continuare a prosperare. Alla morte di Cesare, l'alleanza con Cesare Augusto venne rinsaldata dal figlio di Donno, Cozio e per l'occasione venne realizzato, in onore di Augusto, un arco di trionfo a Segusio (9-8 a.C.), visibile ancora oggi, su cui son incisi i nomi delle tribù che componevano il regno: Segovii, Segusini, Belaci, Caturigi, Medulli, Tebavii, Adanates, Savincates, Ectini, Veamini, Venisani, Iemerii, Vesubiani e Quarati. In onore di Cozio, le Alpi della regione vennero chiamate Cozie. Alla morte di Cozio, succedette il figlio Donno II, a cui succedette il nipote Cozio II. Quest'ultimo, che regnerà a lungo, aumenterà il territorio amministrato dal nonno, grazie a doni territoriali concessi dall'Imperatore Claudio. Nel IV sec. d.C. la tomba di Cozio era ancora venerata mentre, addirittura nel medioevo, Donno era venerato come un santo.

Pietra con coppelle e canaletti, nei pressi delle Terme Graziane a Susa risalenti all'Età del Ferro sopravvissute fino a noi.

CARMENATI

Altra popolazione ligure di cui però si sa pochissimo e ricordati nel territorio alessandrini. Forse si trattava di una tribù sottotribù affine agli Statielli (vedi) addirittura il nome con cui gli Statielli si definivano appunto. Ipotesi supportata dal fatto che i centri degli Statielli avessero nomi che iniziavano per Car come Caristum (la loro capitale oggi Acqui Terme), Cartosio, il quartiere Cristo (Caristo) di Alessandria, Carrosio, ecc... Il nome potrebbe derivare dal termine indoeuropeo "Carn", Corno, Corna comune anche ad altre popolazioni celtiche come i Carnuti. Le corna infatti erano (non solo per i celti e per i liguri) elemento che identificafa eroi e dei come Cernunnos, il Dio Cornuto appunto da cui deriva anche Cervus, Cervo.

CAVATURINI
Popolazione ricordata dalla Tavola di Polcevera (vedi immagine) che probabilmente costituiva una sotto tribù degli Statielli. Il nome oggi è ricordato nel toponimo di Cavatore (AL). vedi: https://leradicideglialberi.blogspot.com/2021/03/toponimi-celtici-nel-territorio.html

DERTONINI o DECTUNINI
Una delle popolazioni della provincia di Alessandria, vengono citati nella Tavola di Polcevera (vedi immagine, come una delle popolazioni liguri che avevano diritto diritto all'Ager Compascuus in alta val Polcevera e Scrivia e che vivevano nel territorio di Tortona (Derthona appunto) e dei colli tortonesi. Furono tra i primi ad allearsi con i Romani ed infatti I loro oppida principali divennere le principali città romane della zona, probabilmente integrandosi per avere diritto alla cittadinanza. L'oppida di Tortona si trovava dove oggi si trovano i resti del castello come dimostra il ritrovamento di diverse ceramiche di tipo Ligure (oggi conservate al Museo di Alessandria). Quello di Libarna si trasformò nella famosa città, in cui però si conservarono alcune usanze fino nei secoli seguenti la nascita di cristo, come dimostrano alcuni oggetti (cinturone, bottoni e fibule) trovati nella sepoltura di un Bambino del II secolo d.C. Altri oppida dectunini erano Cerdicia (identificato con l'attuale Carezzano) e Celli, frazione di Montale Celli, che si dovettero arrendere a Minucio Rufo nel 197 d.C. Vedi il post: https://leradicideglialberi.blogspot.com/2021/03/toponimi-celtici-nel-territorio.html


INGAUNI
Popolazione ligure che occupava l'alta Val Tanaro e il bacino dell'Arroscia fino ad Albenga. Molti solo i manufatti ritrovati che vanno dalle ceramiche alle armille e ai torques oggi conservati in alcuni piccoli musei locali.

INSUBRI
Forse il principale tra i popoli celtici cisalpini. Non si sa bene se appartenessero alla cultura di Golasecca e fossero quindi Celti cisalpini "autoctoni" sviluppati parallelamente alla cultura di Hallstatt o se fossero arrivati nell'area oggi grossomodo occupata dalla Lombardia con le prime migrazioni attorno al VII secolo avanti cristo come dice Tito Livio. Essi, come dimostrano gli scavi, non ebbero una "celtizzazione" improvvisa ma lenta e continua. Avevano caratteri molto simili a quelli delle popolazioni hallstattiane e ai Liguri e man mano incorporarono influenze sia da parte celtica transalpina che dall'Etruria Padana. Fatto sta che quando Belloveso, re della popolazione Biturigi scavalcò le alpi e sconfisse gli Etruschi presso il Ticino, incontrò la popolazione degli Insubri che secondo la leggenda lasciarono lui e il suo popolo stanziarsi nelle loro terre. In seguito Belloveso incontrò una scrofa di cinghiale "semilanuta" con una cresta pelosa sulla schiena, che interpretò come incarnazione della divinità Belisama e li quindi, nel territorio restituito agli Insubri decise di fondare Mediolanon attorno, questo lo stimano gli storici, al 600 a.c.
L'area occupata dagli insubri comprendeva probabilmente la parte più a Nord del Piemonte, della Svizzera italiana, l'attuale provincia di Milano e parte della Lombardia. Come gran parte dei popoli cisalpini si allearono con Annibale contro Roma, ma dopo una serie di battaglie e alleanze temporanee obbligate strinsero definitiva alleanza con i Romani nel 194 a.c. e ottennero la cittadinanza romana nel 49 a.c.

La Scrofa Semilanuta, simbolo della Milano celtica, visibile ancora oggi in Via Mercanti sul Palazzo della Ragione.

LEPONZI o LEPONTI
I Leponzi (anche Leponti o Lepontini) erano una antica popolazione stanziata nelle Alpi centro-occidentali ed erano uno dei popoli originati dalla cultura di Golasecca. Il loro territorio era compreso tra il Canton Ticino, la Lombardia occidentale, la Val d'Ossola e l'alto Vallese. I loro centri principali probabilmente erano Oscela (che i romani ribattezzeranno Oscela lepontorum, e oggi è la città di Domodossola) e Bilitio (l'attuale Bellinzona). Il territorio leponzio faceva parte della provincia romana della Rezia. Lo storico greco Strabone (58 a.C.-25 d.C. circa) descrive i Leponzi come una delle comunità in cui si dividevano i Reti e loda la qualità del loro vino. Essi sono famosi per essere stati forse i primi tra i popoli celtici ad usare un alfabeto proprio, conosciuto come alfabeto di Lugano, una delle cinque principali varietà di alfabeto italico settentrionale. Si trattava dell'alfabeto etrusco (la cui influenza all'epoca si estendeva fino alla pianura padana e a Milano) modificato e utlizzato per scrivere nella loro lingua. Solo successivamente, con l'ampliamento del territorio dell'Italia antica, il territorio venne a far parte della Gallia Transpadana. Vennero definitivamente sconfitti soltanto nel 16-15 a.c.

Stele bilingue Latino-Celtico (alfabeto leponzio) - Museo di Antichità di Torino.


LEVI o LAEVI
I Levi sono conosciuti per essere considerati insieme ai Marici (vedi) i fondatori originari di Pavia. Anche qui la solita confusione tra le testimonianze storiche tra celti e liguri. Polibio li elenca tra i popoli celtici mentre Plinio e Livio li considerano Liguri sempre associati a Marici. Ora noi sappiamo che questa distinzione non è importante La loro posizione attorno a Pavia potrebbe essere la loro ultima roccaforta in seguito alle successive migrazioni di popoli transalpini. Infatti alcuni toponimi come Levo nei pressi di Stresa o il nome stesso dell'alta val Ticino "Val Laventina" (forse dei Leponti?) ne testimonierebbe la presenza lungo tutto il corso del Ticino.

LIBUI o LIBICI 
I Libici sono tra i più antichi abitanti del Piemonte documentati. Nelle fonti storiche sono nominati in una lettera scritta da Bruto a Cicerone, databile al 43 a.C. (Ad Fam. XI-19,2). Bruto è incaricato di reclutare truppe in Cisalpina e, nel suo viaggio, fa tappa a Tortona, Vercelli ed Ivrea. "Ivrea era stata fondata come colonia dai Romani pochi decenni prima (100 a. C.), ma Vercelli esisteva già da molto tempo come città-stato e centro protourbano fondato da popolazioni liguri poco prima che l'etnia celtica, giunta dalla Gallia nel IV secolo, vi si stanziasse sovrapponendosi e mescolandosi alla precedente. "Vercellae Libicorum ex Salluis horte", (NH, III, 24): "Vercelli città dei Libui fondata dai Salluvii", come riporta il noto passo di Plinio. Essi vengono quindi associati ai Salluvii popolazione celto-ligure della Gallia Transalpina che avevano come capitale l'attuale Entremont. Nel 196 a.c. i Boi stanziati in Boemia e fondatori di Bologna) compirono un'incursione nel Territorio occupato dai Libui e dei Levi (vedi) che forse erano addirittura lo stesso popolo.

NOTA: Cosa ancora una volta bizzarra è che mentre i Salluvii fossero considerati Liguri, i Libui venivano considerati celti, anche se di origini cisalpine. In oltre per quanto riguarda i Salluvii che non nominiamo in questa lista in quanto transalpini, occupavano da tempi molto antichi il territorio attorno a Marsiglia (Massalia). Ci viene in mente che il termine greco Keltoi, da cui proviene il termine Celti (sinonimo di Galli usato dai romani) venne per la prima volta utilizzato per indicare le popolazioni che i greci incontrarono nel territorio di Marsiglia e ci fa pensare che quindi Celti e Liguri fossero effettivamente parte dello stesso gruppo culturale.

http://www.archeovercelli.it/didattica.html

Fibula celtica golasecchiana a forma di drago. Da Castelnuovo Scrivia - 460 a.c.  

MARICI, MARICHI o ANAMARI
Popolo affine ai Levi (vedi) assieme ai quali sono noti per essere nominati da Plinio come i fondatori Pavia e occupavano le attuali province di Pavia, di Alessandria e forse di Piacenza. di Nessun'altra fonte storica nomina questo popolo e questo ha fatto pensare agli storici che si tratti dello stesso popolo conosciuto come Anamari. Polibio nomina questi ultimi come i primi abitanti dell'appenino a sud del Po (oltrepo pavese) e della zona dell'oppida di Casteggio appunto. In effetti Polibio non nomina i Marici e Plinio non nomina gli Anamari e questo ci fa pensare appunto che si trattasse dello stesso popolo. Di nuovi ci troviamo davanti al solito problema di attribuzione in quanto Polibio li considera Celti e Livio Liguri. Molti sono però i toponimi legati a questa popolazione: Castrum Mariciorum presso Sannazzaro de Burgondi, Petra Maricorum (oggi Pietra Marazzi) Presso Alessandria, Vicomaricus (oggi Vicomarito) presso Varzi, Lucus Maricorum (oggi Bosco Marengo) di nuovo vicino ad Alessandria. In oltre entrambe le città di Pavia e Alessandria avevano una Porta Marica nelle antiche mura difensive, documentate in varie mappe e incisioni (vedi la rappresentazione di Alessandria qui sotto) e nel caso di Pavia ricordata dalla via di Porta Marica. Interessante il fatto che le due porte fossero diretta una verso l'altra. Questo ci fa pensare che il territorio dei Marici si estendesse grosso modo tra Pavia, Alessandria e Varzi.

Vista di Alessandria in cui tra le varie cose è indicata la Porta Marica con il n.17 ultima a destra.

SALASSI
I Salassi occupavano la regione subalpina della Dora Riparia, il Canavese ed arrivavano fino nel Biellese come testimoniano alcuni toponimi (Salussola ad esempio). I confini dei territori occupati da queste popolazioni comunque non erano mai ben definiti, cambiarono nel tempo e non dobbiamo immaginarci queste zone come degli stati moderni. Forse fondarono il villaggio originario di Ivrea (Eporedia) Plinio il Vecchio afferma che questa città venne fondata dal popolo romano per ordine dei Libri Sibillini, ma aggiunge che il suo nome deriva dalla voce gallica eporedii (domatori di cavalli), questo dato ci permette di supporre che la sua origine sia in realtà preromana. Ipotesi che viene avvalorata da Vallejo, il quale sostiene che il primo centro fortificato sia stato edificato dai Bagienni, appartenenti alla confederazione transpadana dominata dagli Insubri (Plinio, Naturalis Historia, III, 123). Famose furono le miniere d'oro dei Salassi, ancora visitabili, conquistate poi dai romani.

STATIELLI
Gli Statielli appartenevano ad un ceppo ligure che abitava in sud del Piemonte comprendente le attuali province di Alessandria, Asti e Cuneo nel primo millennio a.c. ed erano uno dei principali popoli del Piemonte preromano. E' solo dal IV sec. a.c. che si può riconoscere l'Ethnos di questo popolo che occupava gran parte dell'attuale provincia di Alessandria e Asti a Sud del Tanaro, mentre ad Ovest nell'attuale provincia di Cuneo si svilupparono i Bagienni (vedi). Gli Statielli sono oggi abbastanza documentati, considerando la scarsità di evidenze che abbiamo per quanto riguarda le popolazioni pre-romane dell'Italia settentrionale, per alcuni ritrovamenti nella zona della loro capitale Carystum (oggi Acqui terme) e da altri siti archeologici. Sono anche conosciuti perchè opposero grande resistenza all'invasore romano e per questo subirono uno dei più gravi genocidi e successiva deportazione di gran parte della popolazione in schiavitù da parte del console romano Marco Popilio Renate (LINK). Di una loro esistenza come gruppo etnico non romanizzato abbiamo prova fino a metà del I sec. a.c. Il loro nome deriva dalla radice indoeuropea "stat" Stare, che quindi  venissero identificati come "gli indigeni" già all'epoca. Probabilmente appartenenti alla stessa popolazione erano gli abitanti di Tortona che chiamiamo Dertonini (vedi). Non sappiamo invece molto dei Carmenati (vedi) che abitavano le stesse terre, forse una "sotto-tribù" forse il nome con cui gli Statielli chiamavano loro stessi visti toponimi dei loro centri: Carystum (Acqui), Cartosio, probabilmente il quartiere Cristo (Caristo) di Alessandria, Carrosio, ecc... Nome che forse li collegava alla radice indoeurope "car", corna, elemento che identificava eroi e dei.

Vedi anche:
http://leradicideglialberi.blogspot.com/2019/03/linvasione-romana-della-gallia.html
https://leradicideglialberi.blogspot.com/2019/06/le-ceneri-degli-statielli-la-necropoli.html

TAURINI
La Treccani li descrive molto bene: "popolo che abitava per vasto tratto la regione subalpina a nord e a sud della Dora Riparia. Appare ramo dei Taurisci (vedi), gente diffusa in varie regioni alpine. Il nome, nell'una o nell'altra forma, sembra derivi dalla divinità proto celtica Taranis o derivato da radice preromana che significava appunto "monte" (di questo manca la fonte). Polibio narra che i Taurisci l'anno 225 a. C. furono disfatti, insieme con altre genti galliche, dai Romani a Talamone (v. taurisci). La forma Taurini appare primamente nel passo in cui Polibio stesso narra dell'espugnazione della loro capitale Taurasia (Torino) per opera di Annibale appena disceso dalle Alpi, ed è la sola che ritroviamo in seguito costantemente per questi subalpini occidentali. I quali erano, secondo Plinio e Strabone, di antica stirpe ligure. Solitamente tuttavia nelle fonti stesse i Taurisci erano detti Galli. Si trattava con ogni verosimiglianza di popolazioni fruenti dappertutto, più o meno, di uguale cultura e vita e per certo alquanto mescolate". Per fortuna qui è la Treccani a sottolineare il fatto che Liguri e Celti fossero popolazioni quasi identiche. A differenza di gran parte delle altre popolazioni cisalpine si allearono con Roma durante la seconda guerra punica e la loro capitale Taurasia venne rasa al suolo da Annibale nel 2019 a.c. Difficile esserne certi ma probabilmente essa sorgeva dove i Romani fontarono Augusta Taurinorum, Torino. Per quanto riguarda il nome, come già detto, è probabile che, come per i Taurisci, derivasse dalla divinità Taranis (legata ai fulmini, alle montagne e alle precipitazioni e assimilabile ad altre divinità indoeuropee quali Zeus, Giove, Thor, Indra, ecc...) il cui animale sacro era il Toro appunto. Da qui la connessione tra il Toro e Torino.


TAURISCI
I Taurisci comprendevano il complesso di razze galliche diffuse in varie regioni alpine che nel II sec a.c. formavano il nucleo delle genti bellicose popolanti il Norico. E' tuttavia difficile stabilire quale potesse essere il territorio occupato da essi. Polibio afferma che ai suoi tempi (210-128 a.c.) i Taurisci abitavano i due versanti delle Alpi occidentali ed il Norico identificandoli con i Taurini (vedi), che fondarono Taurasia (Torino). Probabilmente si trattava di un ramo della stessa popolazione distaccato nei secoli precendent durante le migrazioni. Essi vennero sconfitti dai Romani nel 225 a.c., nel 129 a.c. e debellati nel 115 a.c.  di queste genti erano i Taurini (vedi). Il loro nome probabilmente derivava per la divinità Taranis.

VERTAMOCORI
I Vertamocori erano una popolo celtico stanziato nella Gallia cisalpina attorno a Novara, nel Piemonte orientale. Sono ricordati da Plinio il Vecchio nel III libro della Naturalis Historia, dove sono indicati come i fondatori della città di Novara. Plinio ci dice anche che appartenessero alla stessa stirpe dei Voconzi, popolazione stabilita nella Gallia Narbonense fra il Rodano e i bassi corsi dei fiumi Isère e Durance.

domenica 7 gennaio 2018

La casetta dei libri, biblioteca di strada ad Alessandria.

"Questa è una piccola biblioteca di tutti! In questa casetta puoi lasciare un libro e prenderne un altro! Libri, libretti, film, belle riviste! Porta qui qualcosa di bello che vuoi condividere!"



Dall'estate scorsa su di uno dei troppo tronchi di alberi tagliati e non sostituiti dei viali di Alessandria è apparsa una piccola casetta, una mini biblioteca di strada. Chi ha dei libri da regalare, o vuole scambiarli, può portarli qui. A seconda dei giorni è piena o a volte vuota (ci sono persone un pò ingorde di cultura!). Io ho portato alcuni vecchi libri che volevo donare alla città, speriamo siano finiti in buone mani. Che una cosa del genere stia funzionando e dopo mesi la casetta sia ancora li è un piccolo segnale in una città che negli ultimi anni è sprofondata in una situazione un pò oscura, in cui i livelli di civiltà sono sempre più bassi e la cultura sembra essere stata messa da parte. Comunque speriamo che sia l'inizio di un nuovo periodo in cui i cittadini si riprendono cura dello spazio pubblico e della propria città.


Le street library in giro per il mondo
Non è un caso isolato, anche se in Italia se ne vedono poche, in Europa se ne vedono altre, una delle più belle è la "foresta dei libri" in Kollwitzstrasse a Berlino, realizzata con i tronchi di un albero abbattuto, mentre negli USA e in Australia sono più una cosa che si mette di fronte alla propria casa in giardino.

Una piccola libreria di quartiere.

La foresta dei libri Bücherwald a Berlino.

LINKS:
http://www.bookcrossing-italy.com/
https://en.wikipedia.org/wiki/Book_swapping
https://streetlibrary.org.au/
https://withberlinlove.com/2016/06/10/bucherwald-the-book-forest-of-berlin/