Titolo un po' ad effetto ma veritiero per parlare del povero menhir di Varazze. "Povero" perchè lo vedremo dopo. E' noto che in Islanda anni fa deviarono una strada per non rimuovere una pietra magica che ancora oggi si credeva abitata dagli elfi. La storia fu ingigantita e divenne, specialmente in Italia una specie di leggenda metropolitana romanzata. In quel bel periodo tra la fine degli anni '90 e inizio dei 2000 in cui sulla scia di Bjork e poi Sigur Ros la cultura islandese raggiunse il resto del mondo cose del genere colpivano la fantasia degli Italiani a cui piaceva pensare agli Islandesi come popolazioni selvagge che quotidianamente parlavano con gli gnomi. In realtà non si trattava di un'autostrada (in Islanda vivono meno di 400.000 persone e certe statali non sono nemmeno asfaltate)ma di una statale e alla fine, dopo varie vicissitudini la grande pietra venne spostata come si può vedere da questa immagine sotto (ne potete trovare diverse cercando su google). Gli Elfi non penso abbiano gradito, ma non sto scrivendo di questo.
Ci spostiamo in Liguria, nel comune di Varazze, dove qualcosa di simile ma in scala più grossa è successo diversi decenni or sono. Proprio qui, al di sopra dei Piani d'Invrea si trova una zona ancora oggi conosciuta come Cian da Munega che in ligure significa campo delle monache, famoso nei secoli scorsi per gli avvistamenti delle fate (e delle streghe) che nel folklore locale si ritrovavano vicino alle pietre di questi prati magici che davano sul golfo. Si trattava di menhir (di cui la liguria era e in parte è ancora piena) o pietre erette che dir si voglia che risalgono alla preistoria. Quello giunto a noi è particolare perchè in seguito ad alcuni scavi effettuati negli anni 30-40 del '900 vennero scoperti alcuni reperti databili all'età del bronzo e del ferro facendone risalire la datazione almeno a quel periodo e eliminando le ipotesi di origine naturale o falsi. Il Menhir fu ufficialmente segnalato da M. Garea (Garea 1941 pp. 167‑172; 1957 p. 4; 1° p. 6; 2° pp. 93‑98) ed è stato più volte misurato e pubblicato (Mennevée 1965; Bernardini 1981. pp. 165‑167; Priuli & Pucci 1994 p. 142).
La parte interessante è che a metà degli anni '60 durante il periodo del boom ma anche della cementificazione e della privatizzazione del trasporto in Italia e in Liguria si rese necessario costruire l'autostrada Genova-Ventimiglia che sarebbe dovuta passare esattamente in questo luogo e avrebbe reso necessario la distruzione totale del sito. Questo, per quanto riguarda siti preistorici, o comunque non romani, si è verificato più volte nel nostro paese e si verifica purtroppo ancora oggi, senza troppi problemi. Per fortuna in questo caso grazie all'interessamento del sig, Mario Fenoglio, ispettore alla Soprintendenza Archeologica della Liguria il progetto venne modificato e, addirittura, il tracciato dell'importantissima autostrada venne deviato. Purtroppo sembra che il sito interessasse altre pietre e che scavi seri per trovare altro e mappare eventuali gruppi megalitici non vennero mai fatti e non si potranno mai più fare. Per fortuna però il menhir di Cian da Munega è stato conservato nel suo posto originale e possiamo andarlo a vedere ancora oggi. Ma ora arriviamo alla parte veramente triste della cosa. Come è conservato oggi il monolite e la zona?
Io ho visitato il luogo alcuni anni fa, un giorno di fine estate in cui mi trovavo ai Piani d'Invrea con alcuni amici. Salendo in mezzo a case e giardini privati non troppo belli, sono arrivato alla strada che collega l'autostrada a Varazze. Li ho incredibilmente trovato un cartello che indicava la posizione del menhir, purtroppo bisognava camminare lungo una statale molto pericolosa per un breve tratto e poi... poi si entra in una specie di parcheggio orrendo, in cui si trovano rimorchi in stato di abbandono rifiuti, preservativi usati e siringhe. Ero da solo e ho pensato di essermi sbagliato, invece facendomi forza ho provato a seguire delle scale in cemento armato coperte da erbe infestanti e li ho trovato il menhir. Che tristezza. Come spesso succede in Italia si fanno dei lavori per valorizzare qualcosa, ma l'unica cosa che si fa è usare del cemento, rovinare il luogo e forse comprometterne l'integrità archeologica e spendere soldi per alla fine abbruttire il posto. La cosa poi peggiore è che una volta fatti i lavori, si lascia andare tutto in rovina, tra incapacità delle amministrazioni, mancanza di fondi e menefreghismo della popolazione locale ormai completamente sradicata dalle sue radici. E dei reperti preistorici cosa ne è stato? Purtroppo tali reperti non sono mai stati pubblicati (Lamboglia 1947 p. 89) e giacciono inutilizzati presso il Comune di Varazze. Un esempio emblematico della mentalità e di come funzionano le cose in questo paese.
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