domenica 31 dicembre 2017

La chiesa di San Secondo a Cortazzone, il romanico barbarico in Piemonte e l'altra cristianizzazione del Piemonte.

Prima o poi dovevamo farlo, un post dedicato a questa incredibile e misteriosa chiesa persa tra i colli astigiani. San Secondo è un monumento unico, per vari motivi e per questo è stato dichiarato Monumento Nazionale. Questa zona del Piemonte è disseminata da piccole chiese solitarie che un tempo erano le chiese degli innumerevoli villaggi che sorgevano tra i boschi e le paludi che coprivano il territorio piemontese. Le popolazioni di origine celtica (o celto ligure se ci tenete) che abitavano fuori dai centri più importanti che si erano costituiti in epoca romana continuavano a vivere in modo molto primitivo, la fede cristiana era praticata superficialmente, insieme ai culti pagani di pietre, alberi, fiumi, ecc... che continuavano a svolgersi nelle campagne nonostante le missioni di evangelizzazione di Sant'Eusebio. Fu per questo che intorno all'anno mille il vescovo di Piacenza inviò dei monaci per insegnare l'agricoltura e per evangelizzare queste popolazioni ancora che vivevano "nell'ignoranza e nella superstizione". Ed è per questo che in questi luoghi lo stile romanico ricco di peculiarità, a volte detto barbarico. E' questo il periodo in cui poco distante da qui è anche nato e cresciuto San Baudolino di cui abbiamo parlato (LINK) per capire il contesto. Anche se si cerca di dimenticarlo e soprattutto si cercava fino a qualche decennio fa, il paganesimo era difficile da estirpare completamente. Si è trattato più che altro di nasconderlo. Così mano a mano che Giove e Taranis diventavano Dio, il Sole diventava suo fglio il Cristo e le sue caratteristiche più terrene venivano trasferite a San Giovanni, le matrone e le dee femminili dopo tanti tentativi restavano impossibili da eliminare e si trasformavano nelle varie madonne, molti altri dei e spiriti locali si trasformavano a loro volta in santi, altri culti come quello delle pietre erano veramente impossibili da cristianizzare, anche per il loro carattere rurale ancora più ai limiti. Fu così che ci si limitò a incidere croci sulla roccia o ad associare un santo o una madonna a questi luoghi. Sui monti si costruirono santuari e così via.


Ma torniamo a cercare di capire perché questo territorio sia pieno di chiesette romaniche isolate: come si diceva poco più in alto verso la fine del primo millennio queste zone erano ancora coperte da selve realmente selvagge (silvae, sterminate foreste naturali) e da boschi (boscha) già soggetti a ceduazione per produrre legname. Con il finire delle incursioni ungare, saracene e normanne un po' in tutta Europa ci fu un miglioramento delle condizioni sociali, un incremento demografico che portò ad un allargarsi delle coltivazioni cerealicole e al pascolo con il formarsi di nuovi villaggi contadini e con l'allargarsi dei ancuni di essi in veri e propri paesi. Fu allora che proliferò il sistema delle pievi e dei sentieri sacri che portavano i pellegrini a roma da tutta Europa. Gran parte degli edifici romanici che oggi costellano le colline, i bordi dei campi o si nascondono tra i pochi boschi rimasti nacquero come chiese di villaggio. Edifici battesimali, tituli (chiese minori) molti dei quali sono tra l'altro andati perduti. Verso la fine del medioevo con una nuova instabilità politica, ci fu un nuovo calo demografico, una regressione agraria e una nuova espansione delle selve, la famosa crisi del 1300. I contadini abbandonarono villaggi e paesi che erano costruiti in legno e malta di fango e di cui non ci è rimasto praticamente niente se non le chiese ed i cimiteri isolati che infatti erano costruiti in solida pietra locale e mattoni, oggi isolate e solitarie.
Un altro caso molto interessante e che probabilmente interessa San Secondo è che le piccole chiese sorsero in luoghi dominanti in cima a colli e colline o che in passato avevano accolto le aediculae pagane (nota 1), mucchi di pietre rituali, gli ometti che ancora oggi in Piemonte vengono chiamati mongioie e guarda caso il colle su cui sorge si chiama proprio Mongiglietto dal latino Mons Iovis, Monte di giove. Il Giove in questione generalmente poteva essere una divinità associata in epoca romana, come ad esempio il Giove Pennino, romanizzazione di Penn, divinità celtica e ligure delle alture da cui appunto deriva il nome delle Alpi Pennine, dei tanti monti Penna e Pennino e appunto degli Appennini.


L'edificio: la pianta principale è suddivisa in tre navate orientate verso il sorgere del sole che terminano in altrettante absidi circolari. La chiesa è prevalentemente costruita in pietra arenaria locale con inserimenti in mattoni e misura 19,50 metri di lunghezza per 8,60 di larghezza, mentre il colmo del tetto arriva a 8,25 metri. La facciata anch'essa principalmente in pietra è sovrastata da un campaniletto di mattoni aggiunto nel 1600 per richiamare i fedeli. Sopra al doppio arco di pietra si vede una cornice di conchiglie che indicherebbe il luogo di sosta sulla via dei grandi pellegrinaggi e sotto gli archetti si vedono le prime sculture zoomorfe molto consumate. Il lato nord è piuttosto disadorno mentre le absidi sono riccamente decorate con semicolonne e capitelli floreali. Nodi e altri motivi floreali decorano le mensole su cui appoggiano gli archetti. Sotto uno di essi c'è una figura umana che si aggrappa (abside centrale) vicino ad un nodo di Salomone e sotto ad un'altro (abside sud) vengono raffigurati due seni, forse simboli di fertilità che ritroviamo anche del lato sud. Potrebbero anche essere simbolo della vergine che allatta (Iside) cara a Bernardo di Chiaravalle e, si dice, ai Templari.




Ma è la facciata sud quella che merita più attenzione. Le decorazioni a "scacchiera continuano sulla fascia bassa e nella parte alta della navata centrale vediamo nodi, intrecci, fogliami, copitelli scolpiti, gli stili cambiano di continuo anche nella stessa monofora indicando probabilmente diversi autori o forse diversi tempi di realizzazione. Le teste umane semplificate sono in tipico stile celtico primitivo, tanto da rimandare alla scultura preistorica e al culto celtico della testa. Sotto uno degli archetti ritroviamo i due seni ma la scultura più enigmatica è rappresentata dai due corpi, ancora una volta in stile più primitivo, rispetto agli altri rilievi romanici, che si accoppiano. Il soggetto sicuramente non comune in una chiesa, ma non così raro in epoca medievale al contrario di quanto si pensi. E' comunque probabilmente sopravvissuto alla sessuofobia e alla censure dei secoli successivi grazie all'intonaco che lo ha coperto per molto tempo ed è reso ancora più particolare dalla chiara rappresentazione dei genitali maschili e femminili.

L'accoppiamento sulla chiesa di San Secondo di Cortazzone (1000 circa)

Questa scultura è un mistero. Sulla guida ufficiale di San Secondo edita dalla omonima Parrocchia, Giovanna Gandolfo Fex cerca una spiegazione nelle tradizioni preistoriche locali che in quel periodo dovevano essere ancora molto presenti e che insieme ai seni dovessero propiziare il concepimento e il parto dei figli in epoche in cui la mortalità era altissima. L'unica corrsipondenza diretta si trova su di un capitello sulla cattedrale di Notre Dame du Peyrou a Clermont-l'Hérault nel sud della Francia (ancora una volta a testimoniare lo stretto rapporto tra i due territori) anche se è datata tre secoli dopo ed è molto più dettagliata. Nonostante la differenza di dettaglio e di stile, una somiglianza del genere fa pensare a qualche modello comune che doveva circolare in qualche modo.

L'accoppiamento a Notre Dame du Peyrou a Clermont-l'Hérault (1300 circa)

Le interpretazioni più comuni rimandano ai culti celtici della fertilità, ancora molto vivi nelle campagne di epoca medievale, altri a cosmogonie telluriche preistoriche. Altre due particolarità di questa chiesa e del romanico astigiano sono le fasce a "dente di lupo" che ritroviamo anche nelle chiese di Montafia, di Montechiaro d'Asti, a Trinità da Lungi a Castellazzo Bormida, ecc... e che sono ottenute con triangoli in cotto e in pietra e i nodi e intrecci di cui abbiamo parlato sopra.


In questo caso le decorazioni che normalmente definiamo "celtiche" si discostano più marcatamente dall'influenza bizantina e gli intrecci floreali presenti su alcuni capitelli, tipici dell'arte romanica, diventano più astratti e primitivi diventando davvero unici. Possiamo trovare qualcosa di simile in altri edifici della zona e in generale in decorazioni di epoca longobarda come sui resti del vecchio duomo di Torino, ma qui sono meno geometrici e irrazionali. Da un punto di vista artistico sono incredibili, troviamo una stratificazione del gusto gallico, germanico e cristiano e in un certo modo ci fa notare come l'influenza classica fosse passata in Europa intorno all'anno 1000 e in particolare da queste parti.

Altri elementi notevoli che di solito passano più inosservati, presenti sullo stesso lato della chiesa, sono un "serpente sacro" intrecciato tra i classici nodi che però, come l'accoppiamento, è realizzato con uno stile più primitivo rispetto agli altri motivi geometrici, probabilmente, come dicevano sopra, da artisti diversi. 


All'interno (chiedo scusa per le foto, durante l'ultima visita la chiesa era chiusa e non trovo le foto fatte in precedenza) troviamo una volta ricostruita nel '700, probabilmente quella originale doveva essere a botte, classici motivi romanici, con sirene, melusine, animali fantastici e chimere varie che dovevano popolare l'immaginario medievale in Europa e che, come all'esterno, si differenziano molto come stile e finiture. In oltre si trovano anche i resti di un affresco.




Nelle sirene ritroviamo la figura di Melusina (di cui abbiamo parlato in precedenza LINK) della mitologia medievale e gli espliciti riferimenti sessuali femminili. Ci sono riferimenti astronomici e la navata è rivolta al sorgere del sole con i fedeli rivolti ad est.

NOTE:
1) AEDICULAUE: Cumuli di pietre con significato rituale religioso innalzate ai bordi dei sentieri prima dai galli che lo dedicavano a Bel o a Penn e poi dai romani che li dedicavano a Giove (Giove Pennino per l'appunto in area gallo romana) da qui Mont Iovis. Questi mucchi di pietre sopravvivono ancora oggi in maniera un po' superstiziosa e per indicare il sentiero sorgono sui bivi in montagna o in punti in cui è facile perdere di vista la strada. Essi sono molto simili ai muri mani tibetani o agli ovoo mongoli vedi LINK) e come si diceva ancora oggi vengono chiamati mongioie in Piemonte e ometti in Italiano. 

LINKS:
https://www.avvenire.it/agora/pagine/ometti-cuore-pietra
http://www.ruditoffetti.it/articoli/cortazzone.html

BIBLIOGRAFIA:
Alla scoperta del romanica astigiano - Franco Correggia, edizioni del Capriolo.
San Secondo in Cortazzone, Guida alla visita - edizione a cura della Parrocchia di San Secondo
Dalla pieve alla cattedrale nel territorio di Alessandria - Cassa di risparmio di Alessandria





venerdì 29 dicembre 2017

I fiumi Tanaro, Bormida e altri idronimi celtici e preromani in Piemonte.

VEDERE il più ampio post sui toponimi celtici e preromani in provincia di Alessandria: http://leradicideglialberi.blogspot.com/2021/03/toponimi-celtici-nel-territorio.html
Pur essendo uno dei primi affluenti del Po, il Tanaro è uno dei fiumi più importanti d'Italia. Sesto per lunghezza e quarto per ampiezza del bacino idrografico. Inoltre alla confluenza con il Po il Tanaro risulta essere più lungo, 276/290 contro i 230 del Po. Questo ha causato alcune discussioni tra gli studiosi. Comunque il fiume con le sue caratteristiche acque limacciose si forma nel Piemonte sud occidentale nel territorio comunale di Ormea dall'incontro tra il torrente Tanarello con il Negrone. Anche per queste ragioni mitologicamente potrebbe essere addirittura identificato con il famoso Eridano. Visto che non possiamo dilungarci troppo e che esiste Wikipedia passiamo a dire che il Tanaro prosegue come spumeggiante fiume alpino ingrandendosi man mano che raccoglie le acque dei suoi affluenti arrivando in Pianura alla confluenza con il Po, attraversando le province di Imperia, Cuneo, Asti e Alessandria.

Il Tanaro alle porte di Alessandria

Quello che però ci interessa ora è l'origine del nome, che precisamente deriverebbe del gallico Taranus (variante di Taranis) temporale, tuono, e quindi dal nome del dio del tuono e del temporale "Toranus" Tonarus affine al Thor germanico e allo Zeus greco, venne poi in epoca Romana assimilato dal Giove romano; Un altra possibilità è che derivi dall'unione dal celto ligure Tan (Falesia) e Ar (Fiume). Si potrebbe dire in effetti lo stesso del fiume francese Tarn, non troppo lontano.

Altro fiume che ci interessa del basso Piemonte è il Bormida anzi più esattamente La Bormida che confluisce nel Tanaro alla periferia di Alessandria, poco prima che quest'ultimo si immetta nel Po. Il suo nome antico piemontese-ligure è Burmia o Bormia e anch'esso nasce sulle Alpi Marittime, nel primo tratto chiamato Bormida di Millesimo. Complessivamente è lungo 180 km ha un bacino molto esteso (la Val Bormida) ed è famoso per i gravissimi problemi di inquinamento dovuti agli scarichi dell'ACNA di Cengio che lo resero uno dei più inquinati dell'Italia del Nord fino al 1994.

La Bormida passa sotto il ponte antico di Monastero Bormida.

Anche in questo caso però quello che ci interessa è l'origine del nome e bisogna bisogna andare indietro in epoca preromana al periodo celto-ligure (e pensare che ancora oggi i liguri dell'età del ferro vengano tenuti separati dalla cultura celtica per ragioni nazionalistiche). I vari nomi assunti dalla Bormida (risalendo alle fonti troviamo ben quattro fiumi con questo nome) risalgono così alla parola gallica pre-romana "bormo" (sorgente calda o che gorgoglia), legata anche al dio delle sorgenti Bormō (conosciuto con molte varianti Borvo, Bormānus, Borbanus, ecc... "il gorgogliante"). Egli era legato alla salute delle acque sorgive e alle fonti termali. Forse dato il carattere femminile potrebbe essere legato alla sua consorte Bormana (stessa radice) simile a Sequana. Ricordiamo che il fiume attraversa Acqui Terme, "Aquae Statiellae" in latino, centro principale dei liguri Statielli famoso in epoca romana e contemporanea per le sue acque calde termali. A questo punto bisogna per forza ricollegarci ad un altro corso d'acqua della zona ligure piemontere il Borbera che scorre nella omonima valle in provincia di Alessandria derivante dalla stessa radice e il torrente Bòrbore. Con la stessa orgine e forse legati alle stesse divinità troviamo molti toponimi specialmente in Italia del nord ovest e nella Francia centro orientale che hanno a che fare con sorgenti termali: la città di Bormio in cui i romani costruirono le terme come Bourbonnes Les Bains, Bourbon Lancy, Bourbon-l'Archambault.


Il torrente Borbera attraversa l'omonima valle.

Per finire, restando sempre nel basso Piemonte passiamo alla frazione Saquana di Cartosio (AL) zona famosa in antichità per le fonti e per la presenza di popolazioni celto liguri (gli Statielli, vedi appunto i toponimi Cartosio, Camugno, ecc... link: http://leradicideglialberi.blogspot.com/2021/03/toponimi-celtici-nel-territorio.html)  Il nome potrebbe derivare semplicemente da acqua, ma il fatto che uno dei corsi d'acqua che da li hanno origine si chiami "Rio della Madonna" ci fa pensare un collegamento diretto con la dea Sequana, protettrice delle acque che da il nome niente di meno che alla Senna. Curiosità: l'altro rio è detto Taravorno, sempre per tornare alla radice celtica Tar. Spostandoci un poco più su, troviamo poi il torrente Soana, affluente dell'Orco che da il nome alla Val Soana e da cui prende il nome il paese Valprato Soana. Il nome sarebbe omofono della Senna e probabilmente deriva dalla stessa radice.