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domenica 15 ottobre 2023

L'enigmatica pieve romanica di San Marziano a Viarigi (AT)

Un'altra pieve romanica, piccolissima ma notevole è quella di San Marziano che si trova a 3 km da Viarigi. Giace purtroppo in stato di semi abbandono e per raggiungerla bisogna percorrere un pezzo di strada sterrata, ma ne vale la pena.


STORIA: La notizia scritta più antica relativa al 1041 quando l’Imperatore Enrico III, nel confermare al Vescovo d’Asti il patrimonio della sua chiesa, include nell’elenco la corte di Viarigi con il castello e la cappella. Viene poi nominata ancora nel 1200 e Nel registro diocesano del 1345 San Marziano appare insieme con San Pietro e un’ altra chiesa che è nei boschi di Viarigi (qui est in boscis de Viarixio) non meglio specificata. Una quarta, infine, San Severio (oggi San Silverio), appartiene al monastero benedettino di Azzano. Fra tutte, San Marziano appare la meno dotata.



DESCRIZIONE: Il piccolo edificio dell’antica pieve è realizzato in blocchi di pietra da cantini locale, molto morbida, ma presenta una facciata in muratura rifatta purtroppo nel XVIII secolo e oggi in stato precario. L’abside è divisa in tre parti da due semicolonne con capitello scolpito. Gli archetti in pietra tioici del romanico locale, sono scolpiti e sono presenti tre monofore sormontate da altre decorazioni


LE DECORAZIONI: sono presenti numerose decorazioni, principalmente zoomorfe e alcune facce umane in stile romanico. Il numero di queste decorazioni è elevato per una chiesetta di queste dimensioni ed è uno dei motivi che la rendono unica. Tra le figure scolpite tra gli archetti ci sono un cane, una scimmia, un bue, un pesce, ci sono poi motivi floreali, astratti e alcune facce. 








LE INCISIONI: oltre alle sopracitate decorazioni scultoree sono presenti anche numerose incisioni superficiali alcune delle quali ricorrenti, ad esempio quello che potrebbe essere un ascia o un aratro:



Uno motivo che io non sono riuscito a decifrare o a riconoscere e del quale non ho trovato informazioni



Una triplice cinta (generalmente collegata addirittura ai druidi) e altri segni difficilmente comprensibili:


Sono presenti anche alcune iscrizioni:


Le incisioni e le decorazioni in queste foto sono solo alcune in quanto la chiesetta risulta davvero piena, se poteste aiutarci nei commenti qui sotto a comprenderle sarebbe vi saremmo riconoscenti!


CHIESE ISOLATE IN CAMPAGNA: il territorio del monferrato tra astigiano e alessandrino è pieno di chiesette romaniche isolate, cosa che si nota subito dopo averne visitate alcune (vedi SAN SECONDO in CORTAZZONE LINK) il motivo principale come si è già detto in altri post è il fatto che verso la fine del primo millennio queste zone erano ancora scarsissimamente abitate e coperte da selve veramente selvagge (silvae, sterminate foreste naturali) e da boschi (boscha) già soggetti a ceduazione per produrre legname. Con il finire delle incursioni ungare, saracene e normanne un po' in tutta Europa ci fu un miglioramento delle condizioni sociali, un incremento demografico che portò ad un allargarsi delle coltivazioni cerealicole e al pascolo con il formarsi di nuovi villaggi contadini e con l'allargarsi di alcuni di essi in veri e propri paesi. Fu allora che proliferò il sistema delle pievi e dei sentieri sacri che portavano i pellegrini a roma da tutta Europa. Gran parte degli edifici romanici che oggi costellano le colline, i bordi dei campi o si nascondono tra i pochi boschi rimasti nacquero come chiese di villaggio. edifici battesimali, tituli (chiese minori) molti dei quali sono tra l'altro andati perduti. Verso la fine del medioevo con una nuova instabilità politica, ci fu un nuovo calo demografico, una regressione agraria e una nuova espansione delle selve, la famosa crisi del 1300. I contadini abbandonarono villaggi e paesi che, fino a quell'epoca, erano costruiti in legno e malta di fango, materiali facilmete degradabili, di cui non ci è rimasto praticamente niente se non le chiese ed i cimiteri isolati che invece erano costruiti in solida pietra locale e mattoni, e che oggi quindi restano isolate e solitarie.


CHIESE IN CIMA ALLE COLLINE: Un altro caso molto interessante e che probabilmente interessa anche San Marziano è che le piccole chiese sorsero in luoghi dominanti in cima a colli e colline o che in passato avevano accolto le aediculae pagane (nota 1), mucchi di pietre rituali, gli ometti che vediamo sui sentierei di montagna e che ancora oggi in Piemonte vengono chiamati mongioie, da Mons Jovis o Monte di Giove, in quanto generalmente dedicate al dio romano delle alture Giove, con cui i romani avevano identificato molte divinita celtiche preromane come Pen ad esempio, dio delle vette. In questo caso San Marziano potrebbe riferirsi direttamente a un precedente culto dedicato a Marte come accade spesso, ma di questo non ci sono prove reali.

ORIENTAMENTO: La facciata (asse abside - facciata) della chiesa è precisamente orientata verso il tramonto del sole al 10 marzo. Considerando le imperfezioni di questo tipo di architettura e dei mille anni che probabilmente ha questo edificio è facile fare il collegamento con il 6 marzo giorno in cui si celebra San Marziano martire. Le misurazioni sono state effettuate il giorno 18/06/2006 dagli studiosi del Centro Ricerche Archeoastronomia Ligustica (LINK)

NOTE:
1) AEDICULAE: Cumuli di pietre con significato rituale religioso innalzate ai bordi dei sentieri prima dai galli che lo dedicavano a Bel o a Penn e poi dai romani che li dedicavano a Giove (Giove Pennino per l'appunto in area gallo romana) da qui Mont Iovis. Questi mucchi di pietre sopravvivono ancora oggi in maniera un po' superstiziosa e per indicare il sentiero sorgono sui bivi in montagna o in punti in cui è facile perdere di vista la strada. Essi sono molto simili ai muri mani tibetani o agli ovoo mongoli vedi LINK) e come si diceva ancora oggi vengono chiamati mongioie in Piemonte e ometti in Italiano.

LINKS:

giovedì 13 febbraio 2020

Il ciclo di affreschi arturiani di Alessandria

Presentiamo qui le foto con le brevi descrizioni delle 15 scende del ciclo arturiano conservato alle Sale d'Arte di Alessandria (LINK) e originario della torre medievale di Frugarolo. I dipinti murali sono attribuiti ad un pittore lombardo anonimo e sono state realizzate alla fine del 1300. Questa serie di affreschi è un vero tesoro per vari motivi: ne esistono 5-6 in tutta Europa di così completi e questo è uno dei più antichi. E' accompagnato da vari commenti ancora in gran parte leggibili, per la derivazione dal Lancillotto del Lago e per la presenza di Galehot.

Ben prima che a pochi chilometri sorgesse la città di Alessandria, Frugarolo (allora Orba) era un luogo abitato al confine di una grande foresta, segnalato fra le "corti" soggette ad ospitare il sovrano in viaggio. Nel tredicesimo venne poi costruita una torre, e nel 1300 vi si insediarono i Trotti originari di Gamondio e di antica stirpe longobarda, una famiglia emergente. Arduino, già distinto per fedeltà ai Visconti e buone prove in più fatti d' arme, nel 1391, dopo un serio scontro sulla Bormida contro francesi, si trovò in quattrini ben meritati, e li usò per fare della sua torre una residenza da vero signore. Vi aggiunse un piano, coronato da una loggia, e per il nuovo ambiente, destinato a rappresentanza, cercò una decorazione conforme al gusto e alla moda della feudalità internazionale. La scelta di Arduino cadde sul re Artù della Tavola Rotonda, e in quel contesto bretone su una traccia ben precisa che era quella di Lancillotto, il cavaliere invincibile che soccombe a un amore adultero per Ginevra, la moglie del suo re. Da quella storia un pittore anonimo di area lombarda, trasse una fascia continua di affreschi alta due metri e venti, scandita in quindici episodi e distante ad altezza d' uomo dal pavimento di una sala rettangolare lunga più di undici metri per sette di larghezza. Passò tempo, i Trotti decaddero e gli affreschi della sala, ridotta a magazzino, sparirono sotto uno spesso strato di malta, e là sotto rimasero per altri quattro secoli fino al fortuito ritrovamento del 1971. Gli affreschi, visto il loro stato, furono subito strappati, riposti e dimenticati. Per altri trent' anni, fino a quando dopo un accurato restauro vennero esposti nel 1999 all'ex chiesa medievale di San Francesco.

Il ciclo di affreschi suscita un' attenzione speciale per il valore del documento. Sappiamo infatti da memorie, cronache ed altre fonti scritte che era diffuso costume, e anzi moda nobiliare il ricorrere per decorazione di interni ai romanzi cavallereschi. Ma gli esempi superstiti di un tal uso sono rari. Quelli poi del ciclo arturiano, se coerenti e ancora leggibili, si contano in tutta l' Europa sulle dita di una mano. Gli affreschi di Frugarolo si distinguono per più aspetti. Uno è la presenza di estese scritte che accompagnano, spiegandoli, i singoli episodi. Un altro è la forte caratterizzazione dei personaggi ricorrenti (Artù con barba fluente, Ginevra con chioma bionda sciolta, la Dama di Malohaut coi capelli intrecciati a nastri, Lancillotto con bionda e bifida barbetta, e se con l' elmo, connotato per togliere incertezza da una "L."). Un altro aspetto ancora è la chiara derivazione di sequenze e figure da un manoscritto miniato del Lancelot du Lac Chretien de Troyes o d' altro romanzo affine. Ma il tratto più singolare è il rilievo dato alla figura del principe delle Lointaines Isles, Galeotto, come costante e impagabile compagno e consigliere dell' eroe in tutte le sue imprese, sia d' amore che di battaglia. Quella insistita presenza racchiude un duplice messaggio, diretto in alto e all'intorno. Galeazzo infatti è variazione di Galeotto, e Gian Galeazzo era il nome del signore (e forse allora già duca) di Milano, che per gli eroi arturiani notoriamente stravedeva; e ugualmente s' era chiamato il suo primogenito ed erede, morto giovane e ancora compianto. Il posto fatto al suo omonimo in quegli affreschi andava inteso da quel Grande come un rinnovato omaggio e profferta di fedeltà; e da ogni altro come un avvertimento dell' intimità (vera o pretesa) sussistente fra l' accorto Arduino e il Visconti da lui servito.


 Frammento 1: Lancelot è ordinato cavaliere dalla regina Ginevra. Il commento ancora oggi leggibile sottolinea il fatto che Lancelot viene ordinato cavaliere da Ginevra e non dal Re.


Frammento 2: Re Artù (non è sicuro che si tratti del Re, ma la somiglianza con l'Artù delle altre scene lo lascia intuire) istruisce Lancelot nell'arte della falconeria.


Frammento 3: Lancelot conquista il castello della Douloureuse  Garde. Lancelot appare due volte sulla singola scena: a sinistra sta sconfiggendo dieci cavalieri dotati di forse soprannaturali. A destra i quattro sopravvissuti si arrendono al vincitore.


Frammento 4: Lancelot costringe il principe Galehot che aveva sbaragliato tutti gli altri cavalieri della tavola rotonda ad arrendersi a Re Artù.


Frammento 5: Lancelot e Ginevra si danno il primo Bacio. Ginevra favorisce l'amore tra il principe Galehot e la Dame de Malohaut.


Frammento 6: Lancelot e Ginevra, Galehot e la Dame de Malohaut consumano il loro amore.


Frammento 7: Lo scudo magico donato a Ginevra dalla Dame du Lac si riunisce testimoniando l'avvenuta consumazione del rapporto.


Frammento 8: Lancelot uccide un cavaliere sassone mentre Artù è rinchiuso dall'incantatrice Gamelle.


 Frammento 9: Lancelot entra nella torre dei sassoni, uccide gadrasolain e poi libera Artù.


Frammento 10: Lancelor uccide il secondo cavaliere della falsa Ginevra con un giavellotto.


Frammento 11: questa scena è purtroppo fortemente danneggiata. Si pensa che rappresenti la liberazione di Lancelot dall'incantesimo di Escalon le Ténébreux nella chiesa sotterranea del castello di Pintadol a cui si accede attraverso una sala oscura invasa da presenze diaboliche.


Frammento 12: anche questa scena è molto danneggiata ma in essa riconosciamo Lancelot che rende omaggio ad Artù in presenza di Ginevra.


Frammento 13: Il primo di tre duelli che contrappongono Lancelot al di Gorre, Méléagant.


Frammento 14: Lancelot uccide Méléagant alla presenza di Artù e Ginevra.


Frammento 15: la scena è annerita da un incendio e rappresenta la penitenza e poi la morte di Lancelot. In basso si vede la Dame du Lac, madrina di Lancelot.

Bibliografia: Catalogo "Le stanze di Artù" - Electa.

Guido