domenica 14 marzo 2021

Incontri Druidici: Roberto "Rovere"

Di Andrea

Ho recentemente incontrato mentre facevo la spesa quello che in gioventù fu il mio primo vero contatto con i druidi (dopo Panoramix nei fumetti). Roberto era uno di quei bizzarri conoscenti che ogni tanto capita di avere in famiglia e per cui ovviamente ho avuto simpatia fin da quando ero piccolo. A parte i discorsi sui druidi era un personaggio incredibile, uno che viaggiava, che aveva lavorato all'estero, era veramente esotico. Anche adesso l'ho notato prima di riconoscerlo per i capelli bianchi lunghi e la camicia a quadri, riesce a distinguersi ancora oggi dai suoi concittadini. Dopo anni che non lo vedevo ne ho approfittato per farmi lasciare un contatto e per fare questa breve discussione per telefono, volevo andare a trovarlo in cascina ma tra piemontesi si ha sempre paura di disturbare. Ho indirizzato la discussione verso le cose di cui parliamo su questo blog, lui intermezza sempre con un po' di dialetto e quindi ho adattato all'italiano per rendere più facile la lettura.

*nota successiva: ATTENZIONE! un'amico mi ha detto che anni fa Roberto scrisse un libretto che girava nella biblioteca locale. Penso fossero dei fogli ciclostilati, purtroppo io non l'ho mai visto e lui mi ha detto che deve cercare. Se qualcuno ne avesse notizia o potesse mandarci delle foto vi prego di contattarci qui sotto nei commenti!

Presentati brevemente e come vuoi:

Ciao, mi chiamo Roberto e sono nato e cresciuto nel Monferrato astigiano negli anni del dopoguerra. Mi sono sempre piaciuti gli alberi e le piante, ma anche gli animali, tutti, da quelli domestici a quelli selvatici. Ho sempre avuto un rapporto più piacevole e sincero con loro che non con i miei simili. Nonostante questo mi sono appassionato a certe cose, a quelle storie che sentivo da bambino dai parenti più anziani e poi da quello che leggevo sui libri di scuola di terre lontane, così appena ho potuto sono andato a lavorare via. Poi sono tornato da queste parti e va bene così, nonostante tutto quello che succede.

Come hai conosciuto il druidismo?

In due momenti distinti. Quando ero un bambino sentivo tutte queste storie e mia nonna raccontava sempre storie di fate, folletti, streghe e masche (insieme ovviamente a Gesù, Madonne, ecc... che mi piacevano meno). In particolare avevo uno zio che parlava di un mascone (io me lo immaginavo proprio come un druido) un uomo strano e "trasandato", che viveva in una capanna nel bosco quado lui era giovane. Ne parlava sempre quando c'era da tirare il collo a una gallina, a lui dava fastidio e non lo faceva mai, allora diceva che prima o poi avrebbe fatto come "Cullà che mangiava solo erba". I bambini quando parlavano delle masche avevano paura, io ho sempre avuto simpatia per quelle cose. Era bello essere bambini a quei tempi, e io avevo gente buona in famiglia. Mia nonna mi diceva sempre di non far del male alle bestie, ben, dovrei raccontare tante cose, mi diceva per esempio di non tagliare mai i rami o le piante se non era necessario. Uno pensa che la gente fosse ignorante e cattiva in campagna e un po' era vero, ma quando ci si conosceva tutti era più difficile e ricordo proprio che la gente ci teneva alla natura, non solo per il denaro. Va bene, poi sono cresciuto e volevo andare via, erano gli anni '60 stavano venendo fuori un mucchio di cose interessanti, ma da queste parti era tutto sempre troppo lento, specialmente per un ragazzo di 20 anni, qui c'era movimento, c'erano anche delle comuni, ma si finiva sempre con pane e salame, bottiglione di vino e discorsi politici noiosi, quelle cose che non mi piacevano perché ci vedevo tanta ipocrisia e alla fine, quando avevo un po' di soldi da parte, sono andato a Londra. Conoscevo una ragazza e anche se parlavo pochissimo l'inglese mi sono messo a lavorare in cucina, sono stato molti anni la, poi mi sono spostato in altri posti sempre in Inghilterra. Li ho conosciuto dei ragazzi che suonavano, musica rock psichedelica, ma anche altro e che mi hanno portato a vedere Stonehenge e vari altri luoghi antichi, meravigliosi, a Stonehenge facevano anche un festival pieno di gente, tutti più matti di me. Non sono praticamente mai tornato qui fino agli anni '80. Leggevo libri buddisti, yoga del periodo, uno di quei ragazzi in particolare si definiva Druido, ma ce n'erano tanti. Erano sempre un po' sballati ma era un periodo veramente pazzesco! Io sono sempre stato sulle mie, anche la in Inghilterra, ma era proprio bello, tutto quello che pensavo di pensare solo io, lo avevo trovato, almeno un po'. La musica, poi c'era questo pacifismo perenne, la non violenza, i vegetariani. Ecco per farla breve è stato poi li che ho tirato le somme e anche un po' per fare il matto, mi sono messo a seguire i druidi.

Cosa significa per te il druidismo?

E' un argomento che mi ha affascinato subito ma in maniera molto personale. L'immagine di questo vecchio saggio e pacifico, vestito di bianco... un po' banale e fasulla, però, c'è qualcosa che me lo ha sempre reso simpatico. Ogni religione ha una parte interessante, persino il cristianesimo delle nostre campagne, ma quando si parla di preti e dogmi da seguire scappo subito. Quindi quella parte li di organizzazioni di druidi che in Inghilterra c'erano già 40-50 anni fa e che poi sono arrivate anche qui sono utili per qualcuno, gente che ha scritto dei bei libri, ma non è roba per me. Io potrei essere anche buddista o non so cos'altro, tra i druidi ho sempre apprezzato il rapporto diretto con la natura e la totale libertà e anche un po' di ironia che c'è alla base, quell'essere dei sempliciotti, me li faceva essere simpatici. Poi io comunque sono un "Druido" diverso, sono amico degli spiriti delle colline e dei boschi che ci sono qui. Cerco di spiegarmi: cerco di avere rispetto per tutto e tutti, con gli uccellini e con l'erba, anche con i ragni che ho sul soffitto. Se trovo un bruco in mezzo alla strada lo sposto in modo che qualcun altro non lo schiacci. Vedere uno di quei tramonti speciali è un'esperienza mistica per davvero e la vista delle Alpi innevate in un bel giorno d'inverno è una vera e propria visione divina. Invecchiando mi sono messo sempre di più a cercare, anche tra i vecchi amici, risalire alla storia dei nostri vecchi, ci sono cose che io non ricordavo, è un peccato che stia andando tutto perso per questa modernità. Siamo diventati tutti degli americani (questa cosa me li dice proprio in dialetto).

E' importante per te il rapporto con il territorio e con gli antenati?

Bon, è una domanda difficile che mi fai. Si, a volte vivendo da solo è come se alcuni dei miei vecchi fossero qui, non so se si capisce, ci parlo insieme. Non a voce alta, ci parlo in testa, faccio proprio dei discorsi. Poi ci sono i miei gatti, certi tornano, lo sai? Hai dei gatti? Ma anche certi merli, ce n'è uno che viene da decenni, lo so che è lui, perde un corpo torna con un altro, ma è sempre lui. Certo i miei antenati li sento nella terra, nell'aria la sera a novembre. Però non mi interessa parlare di antenati per fare dei discorsi di quelli, sai come fanno i fascisti. Mi dispiace che man mano la gente di qui sia sparita, ma è così che va il mondo, cosa che credi che non siano passati i romani, i tedeschi e tanti altri? Però bisognerebbe che tutti rispettassero questi posti se ci vivono, oggi è difficile parlare di queste cose perché chi fa politica ha rovinato il senso delle parole.

Quanto è importante per te l'aspetto ecologico?

Sono di sicuro un ecologista, a modo mio. Anni fa, quando sono tornato, avevo visto che qui la gente ci teneva meno, quante cose avevano rovinato. Mi ero dato da fare anche con altra gente dei verdi, tanti anni fa ormai, ma come sempre poi sono troppo solitario e trovo sempre qualche cosa con cui non sono d'accordo. E' un mio problema, ma cosa vuoi farci? Delle volte vado giù di qua per andare in paese con la bicicletta, è pieno di cartacce, bottiglie, vicino alla strada. E' una cosa che ho visto peggiorare tanto negli anni, ma proprio negli ultimi 10 secondo me. Adesso c'è questa mania della plastica, ma il problema non è la plastica sono gli uomini che non hanno più neanche voglia di portarla a casa o al bidone. Poi lo sai sono uno dei primi vegetariani di qui, io più che essere ecologico cerco di vivere facendo meno danni possibile a questo mondo che mi ha ospitato in questa vita e a tutti gli altri esseri che lo abitano, uccelli, topi o alberi. Sai, si fa quel che si può!

Aggiungi quello che vuoi, se vuoi:

Grazie per avermi riconosciuto e per la telefonata, mi ha fatto piacere parlare di ste cose non mi capita più spesso. Pace e bene a tutti!



sabato 6 marzo 2021

Toponimi celtici nel territorio Alessandrino.

 INTRODUZIONE: Con questa lista cerchiamo di fare un po' di luce sulle origini tanto bistrattate degli alessandrini, in particolare ai nostri avi più antichi quelli che stavano qui prima dei Romani e dei Longobardi e di cui nessuno si ricorda ma a cui dobbiamo alla fine molto.

Nota: abbiamo deciso di non specificare ogni volta l'origine dei nomi come LIGURE o CELTICA, ormai è appurato che i Liguri dell'età del ferro appartenevano alla cultura proto-celtica e celtica continentale, parlavano lingue celtiche, adoravano le stesse divinità principali e avevano simili usanze.

FIUMI - idronimi celtici

Di questo argomento abbiamo già parlato in passato per esempio per quanto riguarda gli idronimi in Piemonte in questo (VEDI POST), che riportiamo qui brevemente. Iniziando dai due fiumi principali della zona, tra i quali è sorta Alessandria e prima di lei Forum Fulvii e prima ancora il centro celto ligure nello stesso punto che, dalle testimonianze archeologiche era abitato fin dal paleolitico.

* Il TANARO è uno dei fiumi più importanti d'Italia e il suo nome, già noto in antichità deriverebbe da TARANUS, variante locale di TARANIS dio celtico delle tempeste e dei fulmini affine allo Zeus/Giove classico, al Thor germanico e a Indra del panteon induista che con le sue piogge lo riempiva di acque donando sia la vita che le inondazioni disastrose. Altra possibile origine del nome sarebbe dall'unione dei due termini celtici  TAN, falesia e AR fiume, ma questa spiegazione risulta meno probabile.

* Il BELBO torrente che scorre nella valle omonima il cui nome è probabilmente legato alla radice *BEL- scintillante, luminoso, probabilmente riferibile alle sue acque e legato a molte divinità celtiche e liguri come Belenus (identificabile con l'Apollo romano), con numerosi riscontri anche in epoca romana in territorio padano, e Belisama. Anche questa valle era popolata, in epoca preromana, dalla tribù degli Statielli il cui Oppida capoluogo era Carystum (Vedi sotto) identificato oggi con Acqui Terme.

* Il BORMIDA o LA Bormida, conosciuto anche con il nome dialettale di Burmia o Bormia deriva dal termine celtico BOR che indica l'acqua che gorgoglia ed è strettamente al dio delle fonti BORMŌ conosciuto cn varianti locali come Borvo, Bormānus, Borbanus, ecc... "il gorgogliante"). Egli era legato alla salute delle acque sorgive e alle fonti termali. Se avete dei dubbi al riguardo pensate alla località termale di Bormio, a Bourbon Les Bains (fonti termali) in alta Marna e varie altre località in francia, ma soprattutto ad altri fiumi nella nostra zona. La valle era popolata, in epoca preromana, dalla tribù degli Statielli il cui Oppida capoluogo era Carystum (Vedi sotto) identificato oggi con Acqui Terme.

* Il BORBERA, che da il nome alla omonima valle in provincia di Alessandria (vedi Bormida) affluente dello Scrivia.

* Il BORBORE, affluente del Tanaro che scorre nelle province di Cuneo e di Asti ma che lo segnaliamo comunque per la vicinanza e l'affinità con i fiumi di qui sopra.

PAESI, BORGHI, LOCALITA'

* AQUAE STATIELLAE (ACQUI TERME)  deve il suo nome alle terme che i romani costruirono utilizzando le acque termali che tutti conosciamo. Il nome originario invece deriva dal nome delle popolazioni Gallo-liguri che qui avevano la loro capitale prima della conquista da parte romana (Vedi il post sul genocidio degli statielli: LINK) chiamata Carystum o Caryscum (vedi Carystum). Gli stessi Statielli, il cui nome gli era forse stato attribuito dai Romani e che voleva dire "gli abitanti originari" gli "stanziali" appunto. Il loro centri generalmente avevano nomi che iniziavano per Car* (forse per via del simbolo sacro delle corna come per i Carni e i Carnuti e del dio Cernunnos) ed è per questo che alcuni pensano che si trattassero dello stesso popolo o di una sotto tribù dei "Carmenati" che occupava grosso modo il territorio che oggi occupa la provincia di Alessandria e di cui si sa poco o nulla. Vedi il POST: "Popolazioni del Piemonte preromano"

* BERGOGLIO antico abitato che si trovava sulla sponda sinistra del Tanaro, demolito ad inizio '700 per fare spazio alla Cittadella di Alessandria. Dell'antico borgo si sa molto poco, ma ci rimangono alcune mappe d'epoca in cui si può notare l'impianto ortogonale che fa pensare si sia sviluppato in epoca medievale su di un accampamento militare romano. Il nome porta la radice indoeuropea Berg, che nelle lingue celtiche significa proprio borgo/villaggio e in quelle germaniche monte/altura. La stessa origine la troviamo anche in Bergamo e in zona in Bergamasco, sempre però con origine incerta. Il nome potrebbe anche rimandare alla divinità Bolgolio, noto solo per una stele gallo-romana scoperta in provincia di Brescia, di cui però non si sa nulla.

Vista di Alessandria in epoca medievale: il ponte di legno sul Tanaro, a sinistra le mura della città, a destra le mura di Bergoglio.

* BOSCO MARENGO nome latino antico: Lucus Maricorum, ossia Bosco (Lucus) dei Marici (Maricorum), come per Pietra Marazzi (vedi) l'altra popolazione gallica che popolava la provincia di Alessandria (e di Pavia). Il nome si è deformato passando tramite latinizzazione, parlata longobarda e volgare trasformandosi in Marengo e in Marazzi. Probabilmente si tratta dello stesso popolo celtico degli Anamari Vedi il POST: "Popolazioni del Piemonte preromano".

* CAMUGNO paese nelle vicinanze di Cartosio (vedi) che si lega a diversi toponimi delle Alpi occidentali legati alla popolazione dei Cammuntii (attestata epigraficamente - Rubat Borei 2019, p.89) come Chiomonte (conosciuta come Camundis nel 739) e vicino a quello dei Camunni della Val Camonica. Il toponimo rimanda alla base indoeuropea Kam- cervide a corna corte, giovane cervide o cerva: il celtico  Cam-ox, "camoscio", lo spagnolo Gamo "daino" l'aggettivo italiano "camuso" (Filippo Maria Gambari)

* CARENTINO paese nei dintorni di Alessandria che si ipotizza anch'esso possa essere stato un villaggio preromano degli Statielli. Vedi * AQUAE STATIELLAE

* CAREZZANO probabilmente si tratta dell'Oppida dei Dectunini di Cerdicia, uno dei 15 oppida, tra Oltrepò e Tortonese, costretti alla resa da Minucio Rufo nel 197 a.C.. Il nome dialettale del paese è Carzou ed è probabile che derivi da Cardicianum appunto, come Monza deriva da Modicia (da - Filippo Maria Gambari - Le ceneri degli Statielli 2020). Anche in questo caso notiamo la radice CAR di molti altri centri di origine celto-ligure della zona.

* CARROSIO altro probabile oppida dagli Statielli nella Val Lemme, con radice in CAR - Vedi * AQUAE STATIELLAE.

* CARTOSIO Centro fondato dagli Statielli non lontano da Acqui. Per anni si è pensato che si trattasse della Carystum originaria , ma la descrizione dell'assedio e della battaglia hanno fatto pensare invece che l'Oppida si trovasse nella zona in cui sorge Acqui. (da - Filippo Maria Gambari - Le ceneri degli Statielli 2020) Vedi * AQUAE STATIELLAE

* CARYSTUM - CARUSCUM - Il famoso oppida degli Statielli identificato con l'odierna Acqui Terme (Vedi * AQUAE STATIELLAE) e talvolta con Cartosio (vedi). Anche se distrutto nel II secolo a.C. è importante segnalarlo qui nella lista anche perchè in teoria il centro abitato è arrivato fino a noi come Acqui. Il termine più frequente è Carystum con la Y derivante da una fonte greca andata perduta e probabilemente derivante da un CARUSCUM originario incerto con un'aggettivazione in -uscum di origine greco-latina. Il toponimo originario è sicuramente a base celtica CAR-CARU (Delamarre 2003 - Lambert 1997, pp. 126-127) "Cervo" rintracciabile anche in Carrù (CN) e forse in Chieri (To) che però deriva del preromano "Carreum" e potrebbe anche quindi essere legato al celtico "carro" che significa appunto carro. Per anni è stato identificato con Cartosio per via nel nome, ma l'analisi della fonte Liviana originaria ci parla di Caruscum sia come il capoluogo degli Statielli, sia come di un oppida fortificato in posizione appena elevata davanti ad una pianura in cui è possibile articolare una battaglia che coinvolge fino a 30.000 contendenti. In oltre il luogo era facilmente raggiungibile dalle armate romane senza doversi addentrare in piccole valli e diventare oggetto di imboscate da parte dei guerrieri galli. Questo fa pensare che il centro si trovasse dove oggi sorge Acqui appunto. Caruscum era si un oppida fortificato, ma più di un semplice castellaro. In esso, dice Tito Livio probabilmente esagerando, che aveva delle grandi mura con due porte e che poteva contenere più di 20.000 guerrieri in assetto difensivo. Calcolando che oggi la città di Acqui Terme con tutta la sua espansione arriva a quasi 20.000 abitanti, la descrizione ci da l'idea dell'importanza che questo Oppida doveva avere in quell'epoca.

* CAVATORE è oggi un piccolo paese di circa 300 abitanti (arrivava a più di 1000 all'inizio del '900) e che si trova poco più in su rispetto ad Acqui in direzione Savona. Il toponimo è notevole perchè conserva nel nome stesso la memoria del popolo dei Cavaturini (Petracco Sicardi - Caprini 1981 p. 43) uno dei popoli nemici di Roma a i quali però sconfitti era concesso l'Ager Compascuus e quindi ricordati nella Tavola di Polcevera nel 117 a.C. insieme ai Dectunini di Tortona e ad altri gruppi dell'entrterra ligure che probabilmente praticavano la transumanza da una parte all'altra dell'Appennino.

La Tavola di Polcevera del 117 a.C. in cui sono ricordate alcune tribù liguri tra cui i Cavaturini e i Dectunini (Dertonini) LINK: https://leradicideglialberi.blogspot.com/2021/11/la-tavola-di-polcevera-testimonianze.html

* CELLI (frazione di Montale Celli) oppida dei Dectunini costretto alla resa da Minucio Rufo nel 197 a.C. (da - Filippo Maria Gambari - Le ceneri degli Statielli 2020)

* IL CRISTO quartiere di Alessandria. Anche se in molti pensano che il nome di questo quartiere derivi da una pittura murale ottocentesca su di una casa del quartiere si ha notizia della località come paese ancora distaccato dal capoluogo già diversi secoli prima della costruzione dell'edificio. Nel suo documentario " Caristo, la città rubata" Claudio Braggio ipotizza che i sopravvissuti della Carystum originaria (Acqui Terme) si siano trasferiti qui per sfuggire alla conquista romana. E' però ipotizzabile che fosse già un centro ligure in precedenza. Vedi * AQUAE STATIELLAE

* LU è molto difficile, senza testimonianze scritte attribuire un origine certa allo strano nome di questo paese monferrino. L'interpretazione più classica è quella simile ad altri paesi con nomi che iniziano per Lugo-Luco e che derivi da Lucus, termine latino con cui i Romani chiamavano genericamente i boschi sacri alle divinità, che spesso racchiudevano un tempietto-sacrario dedicato agli dèi. Tuttavia nei primi documenti storici, per fare riferimento alla collina su cui sorgeva l'attuale Lu si fa riferimento a nomi come Lugo, Castrum Lugi, Luh, Luco, senza essere associato ad un contesto locale (Lucus Maricorum per Bosco Marengo ad esempio) e che il luogo sorge in cima ad un colle e non in un luogo piano e u tempo boscoso un'altra possibile origine potrebbe essere quella che il toponimo derivi dalla divinità gallica Lúg. E' anche molto difficile che i romani avessero attribuito la sacralità ad un luogo senza che esso fosse già sacro alle tribù locali e in effetti Lugh si legge proprio Lu. Al Dio venivano consacrati generalmente i colli come testimonia ad esempio la collina del Fourvière a Lugdunum, l'odierna Lione il cui nome significava appunto "collina di Lug" ed è comune a diversi centri diffusi in Spagna, Francia e Italia settentrionale (vedi ad esempio Lugo in Romagna e in Spagna).

MARENGO villaggio alle porte di Alessandria sviluppatosi nell'odierna frazione Spinetta Marengo, famosa per la Battaglia napoleonica. Come per Bosco Marengo il nome deriva dalla popolazione gallica che abitava queste terre, i Marici Vedi il POST: "Popolazioni del Piemonte preromano".

* MONTABONE luogo in cui è stata fatta forse la più grande scoperta della zona per quanto riguarda il periodo gallico pre-romano: La necropoli degli Statielli (vedi il post: http://leradicideglialberi.blogspot.com/2019/06/le-ceneri-degli-statielli-la-necropoli.html) in cui un gruppo di liguri continuò a vivere secondo i costumi gallici locali fino al I secolo a.C. dopo la distruzione di Carystum a poco distanza ed in maniera quasi indipendente dalla crescente romanizzazione. Il nome è generalmente attribuito al germanico medievale "Abbo" (uomo, maschio, capofamiglia) e famoso per l'Abone che fonda l'Abbazia della Novalesa. E' curioso però che il nome carolingio risultasse già deformato in Montebono nel 1100. La base celtica Abona - Abu è invece ben presente in area ligure e celtica con il significato di "Fiume" e avrebbe senso con i meandri della Bormida (idronimo anch'esso celtico) su cui sorge Montabone o con il torrente Bogliona a pochi metri dalla necropoli. C'è anche l'antroponimo celtico Abonio, latinizzato in Abonius, che può riferirsi ad un personaggio locale come ad esempio Abonion nelle Asturie a picco sull'affluente Nalòn e quindi Mons-Abonius.

* PIETRA MARAZZI nome latino antico: Petra Mariciorum, ossia Rocca dei Marici, come per Bosco Marengo, l'altra popolazione gallica che popolava la provincia di Alessandria. Di questo popolo si conservava il nome anche ad Alessandria fino al secolo scorso in una delle Porte delle mura della città (i bastioni) oggi demolita: La porta Maricia ancora visibile in alcune stampe. I Marici, ci dice Plinio, furono i fondatori di Pavia e popolavano oltre alla nostra provincia, quella pavese e in parte quella di Piacenza. A piacenza esiste ancora la Via della Porta Maricia. Probabilmente si tratta dello stesso popolo celtico degli Anamari Vedi il POST: "Popolazioni del Piemonte preromano". Anche il nome Marazzi deriverrebbe proprio direttamente dai Marici.

Vista di Alessandria in cui tra le varie cose è indicata la Porta Marica con il n.17 ultima a destra.


* ROCCAVERANO (Asti)
di origine incerta, fu centro abitato in epoca preistorica e preromana da gruppi celtici locali che, pare, inventarono la famosa robiola. Il nome deriverebbe da Rocca di Verano, sinonimo locale di Belanu/Belenus divinità del Sole e della Luce assimilato ad Apollo in epoca romana come Apollo Belenus. Il borgo che si trova in cima ad un monte a circa 800 metri di altitudine era l'ultimo luogo da cui si vedeva tramontare il sole nel giorno più corto dell'anno dietro alle Alpi. Nel punto più alto del paese, dove in epoca medievale è stato eretto il castello, si riunivano le genti delle vallate circostanti per il Solstizio d'Inverno, invocando il dio Sole nel suo momento più debole con falò e celebrazioni pregandolo di rinascere nei giorni seguenti. Le celebrazioni del solstizio d'estate invece si tenevano più in basso dove è stata eretta poi la chiesa di San Giovanni (il santo che in epoca cristiana ha sostituito le divinità solari in Europa). Ancora oggi è possibile ammirare sulla facciata della chiesa parrocchiale attribuita al Bramante e orientata verso il sole al tramonto solstiziale un bassorilievo che raffigura Dio con numerosi simbolismi solari e astrali. Sia all'interno che all'esterno, ma anche in altri punti del paese come su una pozzo e su una cappelletta è onnipresente il sole a otto raggi, simbolo della famiglia dei Bruno che conservava l'insegna di Belenus.

Particolare della facciata della Chiesa della Santa Maria Annunziata di Roccaverano

* ROCCHETTA PALAFEA la parte interessante è PALAFEA che potrebbe derivare da un originario *Palavea/*Palevae da un ligure antico del tipo Palaua (Rio) delle lastre come ricostruito da Peracco Sicardi - Caprini nel 1981 per quanto riguarda Paglione nel territorio di Nizza (da - Filippo Maria Gambari - Le ceneri degli Statielli 2020). Da questa località ci è giunta anche un'epigrafe del periodo romano che ci ricorda M. Cominius M.f. Secundus della tribù Camilia (e quindi cittadino di Alba Pompeia) che indicherebbe un secondo cognomen, forse l'onomastico originario di un indigeno che assume poi nel I secolo d.C. il gentilizio e l'onomastico romani. Commelius è infatti interpretato come un composto celto-ligure Com+Meli (G. Rocca 2012).

* SAQUANA di sicura origine preromana, potrebbe avere a che fare con la dea Sequana, protettrice delle acque che da il alla Senna e ad esempio al torrente Soana, affluente dell'Orco che da il nome alla Val Soana e da cui prende il nome il paese Valprato Soana. La zona intorno al paese è nota per la presenza di numerosi corsi d'acqua tra i quali il "Rio della Madonna" che ci fa pensare appunto ad una tipica trasformazione di un culto pagano preesistente in un culto legato ai santi e alla madonna in epoca cristiana. Altra possibilità è l'accostamento del nome a Sapana "primula rossa" (Delamarre 2003) con la consueta labializzazione della labiovelare ligure e protoceltica locale e celtica continentale dopo il V secolo a.C. (Filippo Maria Gambari).

* TORTONA la cittadina conserva ancora oggi nel suo nome quello del popolo che la abitava in periodo pre romano. Era infatti probabilmente il centro principale della tribù dei Dectunini o Dertonini, da cui Derthona e poi Tortona. Questo popolo ligure decise di allearsi con i Genovesi e quindi con Roma e per questo sembra che i centri non siano stati distrutti ma integrati. Tortona è stata probabilmente la prima colonia romana della zona (della tribù romana Pomptina). Altro oppida conosciuto dei dectunini era Libarna (che infatti divenne città romana) mentre Celeia (Montale Celli) e Cerdicia (Carezzano) sembra avessero opposto resistenza e sono tra i 15 oppida che si dovettero arrendere a Minucio Rufo nel 197 a.C. tra Oltrepò e Tortonese. (da - Filippo Maria Gambari - Le ceneri degli Statielli 2020)

*** Toponimi in ASSI, ASCO, ASCA Sono innumerevoli i paesi dai tipici nomi che finiscono in questo modo con particolare frequenza nella Val Curone e nella zona delle "quattro province": Garadassi, Gregassi, Morigliassi, Brentassi, Bognassi (PV) per dirne alcuni veramente particolari e che hanno anche un ricorrente uso delle R. e i simili e più comuni: Gremiasco, Casasco, Godiasco, Casasco, ecc... concentrati nel Piemonte meridionale, nella lombradia meridionale, in Liguria, in Emilia fino a Parma e in Corsica sono di origine celto-"Ligure". Il suffisso che probabilmente in origine suonava come ASS-ASC è poi stato italianizzato con una vocale finale a seconda della parlata locale e significa semplicemente Villaggio, ma si pensa che in particolare indicassi i villaggi che sorgono su un corso d'Acqua (pensate anche a Bogliasco o Borzonasca in Liguria) L'equivalente del suffisso Ago-Aco generalmente concentrato in Lombardia settentrionale. Una curiosità: alcuni decenni orsono fecero alcuni esami sul DNA degli abitanti dell'alta valle Borbera e Curone, in quanto erano tra le popolazioni che fino agli anni 70-80 avevano avuto meno interazioni con il resto d'Italia.  Altri suffissi di probabile origine gallica sono quelli che finiscono in GNI/GNA/GNO (Bregni, Garbagna, Cegni, Garbagna, ecc...) ma non è chiaro il significato. In generale si considerano di origine celtica le parole con i suoni GN e GL (scritto con la doppia L in francese e spagnolo) molto comuni in Italia Nord-occidentale, in Francia e in Spagna settentrionale.

*** Toponimi in MAGO, MAGUS in celtico "Campo" ossia il Foro romano, dove si incontravano i commercianti per i mercati del bestiame (foro boario latino) e i guerrieri (campo di Marte latino). Di difficile interpretazione nei toponimi odierni in quanto generalmente completamente storpiati come nel caso di Excingomagus diventato Exilles (Delamarre 2003) in alta Val Susa o come nel caso di Camulomagus, il Campo di Marte Camulos (divinità celtica della battaglia assimilata a Marte in epoca romana) ai piedi di Broni storpiato in Camillomagus nel territorio degli Anamares/Anamari.  

LISTA IN AGGIORNAMENTO



martedì 15 dicembre 2020

Solstizio d'Inverno in Piemonte: cosa fare?

 Da anni vorremmo fare un post come questo e data la situazione di quest'anno ci è sembrato giusto farlo, finalmente! Fino a pochi giorni non si poteva uscire dal comune, probabilmente durante le vacanze non si ci potrà muovere tra regioni, che è anche una cosa giusta vista la gravità dell'epidemia e l'immaturità di tanti cittadini, ci sono molte possibilità per voi amanti dei culti animistici e naturali locali (o semplici amanti del territorio nostrano)! Niente Stonehenge o Newgrange allora, ma siti Piemontesi!

LA CASNEA DI BRIAGLIA (CN), ipogeo dolmenico.


Il luogo davvero incredbile e purtroppo non abbastanza conosciuto (ne parliamo qui LINK) è un ipogeo "pseudo dolmenico" ovvero un corridoio sotterraneo ricavato nella roccia e non costruito da pietre e poi ricoperto da un tumulo come avviene nei dolmen classici. Esso si trova a Briaglia, luogo interessato dalla presenza di molte pietre erette e allineamenti, oggi purtroppo in parte demoliti, ma che sicuramente aveva una certa importanza per le popolazioni preistoriche dell'alta Langa e del Piemonte meridionale. Il luogo è interessato da un fenomeno molto particolare che si verifica nel giorno del solstizio d'Inverno e per alcuni giorni vicini: Come a Newgrange o a Gavrinis un fascio solare entra nella galleria perfettamente allineata e illumina il fondo in cui è presente anche un pozzo con acqua viva. Ma non solo: la galleria venne costruita in questo luogo esatto per la presenza di una forcella creata dalle colline antistanti che incorniciano il sole a partire dalle 8:30 circa del mattino solstiziale creando un fascio luminoso che poi appunto proseguirà all'interno della camera megalitica. Lo studioso Piero Barale ha in oltre trovato un collegamento con due strutture analoghe francesi del Basso Rodano: La Source e Le Castellet a Fontvieille. Dei culti e dei rituali che qui si praticavano non sappiamo quasi niente, ma è ovvio il parallelo con i più importanti siti megalitici orientati allo stesso modo che si pensa avessero un ruolo nel culto dei morti che raggiungeva il suo momento cruciale di morte e rinascita proprio in questa data. Del resto, come ben sappiamo, questo tipo di credenze sono cruciali ancora oggi e sopravvivono nel Natale cristiano e nell'orientamento analogo delle chiese.

LE TORRI DI SANT'ALOSIO (AL)

Vedi il post dedicato: https://leradicideglialberi.blogspot.com/search?q=sant%27alosio

Luogo suggestivo che domina con le sue due torri medievali le "terre di Coppi" si trova a due passi da Castellania sui Colli Tortonesi che poi diventano Appennino. Da diversi anni è diventato ritrovo di praticanti di Yoga, Druidi e altri gruppi locali che durante i Solstizi vi si ritrovano a salutare il sole. Oltre alla magnifica vista delle torri che dominano la valle, resti di una fortezza ora scomparsa, il luogo è interessante per la presenza di alcune pietre coppellate. Alcune, le più antiche, si trovano sulle lastre di pietra sotto alla torre che il sole basso del solstizio d'Inverno rende più visibili. Purtroppo pochi anni fa il luogo è stato interessato da un restauro, molto be riuscito per la verità, che ha portato all'illuminazione delle costruzioni medievali, ma che purtroppo ha comportato la distruzione di alcune di queste pietre e che quelle rimaste siano state perforate per il posizionamento dei cantieri. Questo è quello che succede in un paese in cui, quello che non è romano o comunque interessante per la cultura ufficiale venga per lo meno sistematicamente dimenticato e messo da parte. Su una lastra più in basso si trova poi un'altra lastra di roccia piò ruvida sulla quale si trova una grossa coppella o vaschetta ancora oggi spesso piena di acqua piovana e con qualche moneta. Come molte volte capita per questo tipo di siti, il luogo è in posizione panoramica dominante e dalle lastre si può ammirare (quando le condizioni metereologiche lo permettono) il sole che sorge e che tramonta sui colli.

LA NECROPOLI DI VALDIERI (CN)

La necropoli protostorica (tardo bronzo ed età del ferro) di Valdieri è venuta alla luce, come spesso accade, casualmente durante i lavori di rifacimento della strada e si è subito rivelata come una scoperta di rilevanza archeologica. Le sepolture coprono un periodo di quasi un millennio in cui lo stile delle sepolture è cambiato e in cui le più recenti hanno anche coperto le più antiche, indicando una qualche importanza rilevante per le popolazioni che qui venivano a seppellire i loro personaggi più importanti: "Il numero piuttosto limitato delle deposizioni e la presenza di sepolture infantili sembrano indicare che questo sepolcreto fosse destinato a personaggi che in vita avevano svolto un ruolo particolare all'interno della comunità forse legato alla sfera del sacro" si legge nella comunicazione ufficiale. Le sepolture più antiche che risalgono al secondo millennio avanti cristo prevedono anche una fossa circolare al centro della quale era posizionata una grossa pietra verticale o menhir. La parte più recente invece è composta da alcuni recinti litici oggi visitabili. Il luogo è infatti oggi parte del parco con la ricostruzione delle abitazioni e in paese si trova un bellissimo museo in cui sono conservati vari oggetti e ritrovamenti della necropoli. Ancora una volta, Piero Barale, nel suo libro "Le pietre perdute" ha trovato un collegamento con il solstizio d'inverno e questo posto sacro: il 21 dicembre infatti il sole che sorge da una sella che si trova sulla dorsale del monte Vanciarampi si allinea con un lato di uno dei tumuli quadrangolari che componevano la necropoli. Ancora una volta è chiara la relazione tra il momento in cui il Sole è più basso (ciclo morte-rinascita) e un luogo di sepoltura e di culto legato ai morti.

Nel 2015 l'associazione culturale Terra Taurina ha organizzato una celebrazione solstiziale druidica per il Solstizio (Alban Arthan) con tanto di vischio: LINK

BRIC LOMBATERA - Paesana, Valle Po

Un altro sito collegato al solstizio d'Inverno è quello di Bric Lombatera, complesso megalitico con pietre incise in ambiente panoramico. Sito di grande interesse per la sua ricchezza di coppelle, canali e altri petroglifi presenta diversi allineamenti astronomici con evidenti rimandi al calendario solare, solstiziali ed equinoziali. Durante il solstizio d'Inverno il Sole osservato dal bacile centrale del complesso tramonta dietro alla cima del Monte Testa di Garitta Nuova con un effetto impressionante. Studiato per anni, questo sito si è rivelato come un complesso calendario utile a riconoscere le principali ricorrenze annuali che avevano un importanza sia religiosa che utilitaristica. 


LINKS:

https://archeoteses.wordpress.com/2017/07/01/indagini-a-briaglia-lipogeo-della-casnea-al-solstizio-dinverno-cn/

https://leradicideglialberi.blogspot.com/2008/05/i-megaliti-di-briaglia_7502.html

http://www.piemonteparchi.it/cms/index.php/territorio/archeologia/item/758-la-necropoli-di-valdieri 

https://betulla.eu/parco-archeologico-e-museo-della-necropoli-di-valdieri-valle-gesso/

https://www.targatocn.it/2015/12/16/leggi-notizia/argomenti/eventi/articolo/alban-arthuan-valdieri-celebra-il-solstizio-dinverno.html

http://www.rupestre.it/archiv/3/ar32.htm


BIBLIOGRAFIA:

"LE PIETRE PERDUTE" - Viaggio Mito-Archeologico alla ricerca delle radici del Megalitismo in Piemonte. Pietro Barale, Araba Fenice 2016. 

"Sui Sentieri dell'arte rupestre" - Le rocce incise delle Alpi, storia, ricerche, escursioni. Andrea Arcà e Angelo Fossati.

venerdì 27 novembre 2020

MASCHE E MASCONI: 3: "Le pietre delle masche"

Di Andrea.

>>> Vedi l'indice dei post dedicati alle storie di MASCHE E MASCONI!

oppure Leggi tutti gli altri post taggati come: MASCHE E MASCONI


Tra i vari elementi che ricorrono nelle storie e nelle leggende di Masche ci sono sono sicuramente le pietre. Delle PIETRE DEL PIEMONTE (menhir, massi sacri, ecc...) abbiamo parlato più volte dal punto di vista storico, archelogico e in effetti anche della loro importanza nel folklore regionale. 

Pietra con coppelle a Monsagnasco

Sono moltissime in regione le "Pietre delle Masche" e generalmente si tratta di pietre a coppelle o di menhir e steli preromane. Esiste un libro chiamato proprio "La Pietra delle Masche" di Bruno Vallepiano e ne parlano Donato Bosca e Bruno Murialdo sul loro libro "Masche". Ne parlano davvero in tanti e tra i siti più conosciuti troviamo i famosi menhir, purtroppo quasi tutti demoliti, di Briaglia (LINK), oppure il menhir di Paroldo (LINK) e di altre pietre fitte nel cuneese, Il Roc delle Masche a Vonzo che però è una grossa formazione rocciosa naturale e le innumerevoli pietre coppllate legate alle masche come ad esempio quella di Sant'Antonino di Susa: La Pera delle Masche (LINK) che a volte è anche detta delle Faie, fate, per sottolineare il collegamento tra Masche e culti precedenti che si discosta un po' dalla classica figura della strega malefica.

La "Pera d'le Masche" a Sant'Antonino di Susa.

Ancora alcuni anni fa, nelle vicinanze di Mango, un agricoltore trovò una pietra, probabilmente naturale, con delle forme che ricordavano la forma umana femminile e da questo vennero fatti i più vari collegamenti: da quelli alle stele della lunigiana all'orogine delle masche "buone e cattive". Ci sono poi le pietre guaritrici, così comuni in Piemonte, come quella usata per rituali di fertilità ad Oropa (LINK) o quella che guarirebbe dal mal di schiena a Villa del Foro (LINK) che vista la loro funzione benefica sono giunte fino a noi con le loro proprietà quasi intatte e che non vengono di solito associate alle masche. Il collegamento invece è molto più stretto con altri tipi di pietre, quelle associate agli agenti atmosferici come le Pietre del Tuono (o del fulmine, o ancora "sfolgorine") piccole pietre cuneiformi comuni nel cuneese e nelle Langhe che i contadini trovavano nei campi e che si pensava conservassero il potere dei fulmini che colpivano il terreno e le Pietre del Temporale. Queste ultime più comuni nel Monferrato predicevano il tempo oppure venivano usate come strumento dalle Masche (cattive) per governare le tempeste e distruggere i raccolti. 

Incisione che raffigura delle streghe intente a creare una Tempesta

Di queste pietre la più famosa era la "Culiëta" di Camagna che è arrivata intatta fino all'inizio del secolo scorso ma poi è stata definitivamente murata e sigillata (ma non dimenticata!) con una madonna dalla forma un po' troppo "Pagana", ne parliamo meglio qui: (LINK). Un'altra pietra che invece è arrivata fino a noi è l'ultima superstite delle "Pietre del Temporale" di Valle San Bartolomeo (LINK), usata come pietra miliare, si può ancora incontrare sulla strada che sale verso Pecetto. Altra pietra simile si trova a Montechiaro d'Acqui (LINK) purtroppo nascosto in mezzo ai rottami.

La pietra del Temporale a Valle San Bartolomeo (AL)

LINK:
http://archeocarta.org/santantonino-susa-to-pera-dle-masche-roca-dle-faie/

domenica 1 novembre 2020

Gagliaudo e il carnevale tradizionale di Alessandria (ormai scomparso)

Articolo apparso qui: https://mitologiaalessandrina.blogspot.com/2020/09/gagliaudo-e-il-carnevale-alessandrino.html

Tra le infinite cose che si sono perse ad Alessandria il carnevale tradizionale è una di quelle particolarmente notevoli. E' ovvio che le cose cambino, succede ovunque, ma il carnevale è una di quegli eventi attraverso il quale sopravvivono memorie antiche, a volte antichissime addirittura preistoriche, di un posto e di un popolo particolare. La maggior parte delle volte queste memorie si presentano sotto forma di simboli difficili da decifrare anche quando il carnevale è cambiato completamente. Conservazioni virtuose, non solo per il paese, ma per tutti, esistono u po' in tutta Europa, dalle nostre parti bisogna segnalare La Lachera, il carnevale di Rocca Grimalda, con le sue maschere ed i suoi simboli propiziatori della rinascita primaverile. Ancora una volta invece Alessandria si distingue andando dalla parte opposta: del carnevale tradizionale non resta nulla: si può dire che anche questo sia un simbolo, triste, della perdita dell'identità profondo di una città e di un popolo che negli ultimi decenni è quasi sparito. Il carnevale si fa ancora certo, ma non conserva nulla dei suoi personaggi e dei suoi simboli.

Per caso ho trovato alcune foto in casa risalenti, credo, alla fine degli anni '80 (La Borsalino è stata demolita ma l'Esselunga non è stata ancora costruita) in cui si vede ancora gagliaudo con la sua povera mucca precedere la sfilata dei carri in Corso Cento Cannoni. Così ho deciso di fare qualche ricerca per salvare il salvabile di quel che resta di questa parte importante dell'anima di Alessandria.

"Il carnovale alessandrino, aduna, nell'ultimo giorno, una gran folla di cittadini attorno ad un personaggio tradizionale, un bifolco che spinge col pungolo una mucca dal ventre rigonfio."

scrive Agostino Barolo nel suo "Folklore Monferrino" del 1930, un interessante saggio sulle tradizioni in provincia di Alessandria che erano ancora rintracciabili in quel periodo. Comunque il bifolco in questione è GagliaudoGajoùd figura mitica alessandrina risalente al periodo dell'assedio della città da parte di Federico Barbarossa che durò dal settembre del 1174 alla primavera del 1175. L'esercito stringeva le mura della città ormai da mesi e la popolazione stava per finire le provviste pensando ormai di non resistere a lungo. In questi frangenti venne in soccorso lo stratagemma del vecchio contadino Gagliaudo Aulari, il quale riuscì ad ingannare in nemici ed a salvare la città. Con stupore dei cittadini, egli decise di sacrificare parte del prezioso frumento rimasto in città per ben sfamare una giovenca per poi portarla a pascolare fuori dalle mura attraverso la Porta Genova (che si trovava dove ora c'è via Marengo) e andando verso il campo dei tedeschi. I soldati avidi e affamati lo circondarono e uccisero la povera mucca che trovarono grassa e piena di grano. Con stupore i soldati avvertirono l'imperatore che volle quindi interrogare il pastore, il quale riferì che in città c'erano ancora così tante provviste da poter vivere tranquillamente per mesi. L'imperatore così dopo aver riflettuto sulla situazione decise dopo pochi giorni di togliere l'assedio lasciando liberi i giubilanti alessandrini che onorarono il loro furbo salvatore con una grossa somma di denaro. L'umile contadino però riufiutò continuando modestamente a pascolare le sue mucche in pace e tranquillità (questo è un altro di quei casi in cui esce bene il carattere umile ed introverso degli alessandrini).

Non si sa se la leggendaria figura di Gagliaudo abbia una qualche origine reale, ma il mito è così, più reale del reale e per gli alessandrini è sempre stata centrale e cuore della loro tradizione, espressione di un popolo amante della sua città e del lavoro. Amaramente mi viene da pensare per quanti sia ancora così e per quanti alessandrini di oggi siano ancora caratterizzati da umiltà, amore per il lavoro e per la 

loro terra.

Una canzone dedicata a Gagliaudo del vernacolo alessandrino per futura memoria:

L'è rivà! L'è rivà! L'è rivà! L'è rivà!


L'è rivà! L'è rivà! L'è rivà! L'è rivà!
A l'è rivà Gajòud, nost salvadour,
cûn ra so süera ansèma
che ansima dra so tûr,
un trèma nent, un trèma!
Ottsent ani circa fa
Barbarusa l'à tentà - ra mèina
ma i Lisandren, chi stavû preparà,
an tra tèinna l'an facc caschè, 'n tra tèinna!
J'an teis in trapûlen
con quater brancà d' gran,
pò i l'ann gnacà ben ben:
l'è acsèi ch'us fà ai tiran.
Lei alûra i Gajouden
j'ann mûstrà tant vigûr;
adess nûi Lisandren
j'ûma l'istess calûr!
L'è rivà! L'è rivà! L'è rivà! L'è rivà!

domenica 27 settembre 2020

Storia dei primi vegetariani moderni in Italia.

post originariamente pubblicato su: http://108ricette.blogspot.com/ 

«I vegetariani si occupano poco del passato e considerano che il loro futuro dipende interamente dalla volontà di attuare subito tutte le riforme, perciò a scrivere la storia sono i carnivori», così scrive Alberto Capatti sul suo: «Vegetit. Le avanguardie vegetariane in Italia» (Cinquesensi Editore). Dopo aver parlato del primo ristorante vegetariano d'Europa (l'Hiltl di Zurigo 1898) ho pensato di cercare qualcosa sulla situazione in Italia. Lasciando perdere i pitagorici e i neoplatonici andiamo direttamente all'età moderna dove troviamo Milano e Firenze come città dell'avanguardia vegetariana che sembra fosse una scelta più salutista che propriamente etica. 



Uno dei primi è Fortunato Peitavino originario di Bordighera che dopo la morte della giovane moglie per tubercolosi decide di trasferirsi in Val Nervia per curarsi in modo naturale. In questo angolo solitario pieno di verde e di silenzio si immerge completamente nella natura: sole, aria, acqua, terra e frutta; adotta il regime vegetariano, fa bagni d’aria, d’acqua e di sole, cammina a piedi nudi, dorme con le finestre aperte tanto d’estate che d’inverno; gusta i prodotti della terra lavorata con le sue stesse mani. Grazie a questo modo di vivere, la sua salute va migliorando progressivamente, tanto che dopo due anni non lo si riconosce più.


Ma trasferiamoci a Milano dove, in via Dante 18, la sera del 19 settembre 1907, 9 anni dopo l'Hiltl, viene inaugurato il primo ristorante vegetariano d’Italia. Si chiamava proprio RISTORANTE VEGETARIANO e l’evento fa clamore e finisce in prima pagina sul Corriere della Sera. Menù di alta cucina con lo chef Pietro Monteverdi: Antipasto alla russa con pomodori «quasi crudi”»ripieni di maionese, zuppa Dubarry con cavolfiore, sformato di spinaci alla regina Margherita, soufflé di funghi con cardi alla parmigiana; «costolette» di legumi col tartufo (forse la prima ricetta di un sostituto veg alla carne, ndr), insalata. E per finire: pasticcini di pesche con crema chantilly e frutta mista. Purtroppo la fortuna del locale dura poco: chiuderà nel maggio del 1908 dopo l’intossicazione di alcuni clienti con una zuppa di funghi.


Uno dei primi libri di ricette vegetariane in Italia è invece «Cucina vegetariana e naturismo crudo», scritto dal siciliano Duca di Salaparuta Enrico Alliata. Stampata da Hoepli nel 1930. Si tratta non solo di ricette siciliane (ovviamente la maggior parte, vista l’origine dell’autore) ma anche da altre regioni: il risotto di Milano, la pizza di Napoli, la Romagna con i cappelletti. Numerosi i «finti pasticci» con «pseudo carni» con cui il duca dimostra davvero di essere un precursore della contemporaneità.

Bibliografia:
"Vegetit. Le avanguardie vegetariane in Italia", di Alberto Capatti
"La scelta vegetariana", di Chiara Ghidini e Paolo Scarpi 

Links:
https://www.riviera24.it/2013/12/ricostruito-lo-studio-del-professore-fortunato-peitavino-precursore-del-naturismo-eutrofologico-168316/
https://cucina.corriere.it/libri/cards/storia-vegetariani-d-italia-primo-ristorante-milano-nascita-etica-animalista/antenati-veg_principale.shtml