martedì 10 dicembre 2024

LRDA MUSICA: la Third Ear Band

 

La Third Ear Band si è formata a Londra nel 1967 nel milieu psichedelico dell'UFO Club, inizialmente con il nome Giant Sun Trolley, e poi Hydrogen Jukebox, per poi nel 68 trovare il nome definitivo, grazie all'incontro di alcuni musicisti provenienti da vari background musicali. I membri fondatori erano:

  • Graham Bond (clarinetto, sassofono, flauto)
  • Paul Minns (flauto, percussioni)
  • Richard Coff (basso, chitarra, percussioni)
  • Alan G. Skidmore (sassofono)
  • Lubomyr Lobianco (percussion)
La  band britannica è stata attiva principalmente negli anni '60 e '70, ed è nota per il suo stile musicale che mescolava elementi di rock psichedelico, musica sperimentale e influenze di musica orientale e moderna e divenne un cult tra gli appassionati di musica sperimentale e psichedelica. Il nome della band, "Third Ear Band", è un chiaro riferimento al "terzo occhio" come simbolo della percezione acuta e fuori dall'ordinario, un'idea che si riflette nel loro approccio musicale sperimentale. 


La band è stata influenzata dalla musica indiana e dalla filosofia orientale, ma anche dal folk europeo e il suo sound si avvicinava a quello di una jam session meditativa, molto lontana dai tradizionali arrangiamenti delle band rock del periodo. Grande era l'uso distrumenti acustici, ma con una visione profondamente avant-garde. L'elemento distintivo era la creazione di sonorità ritmiche e ipnotiche, spesso senza una vera melodia o struttura tradizionale.

DISCOGRAFIA:

* Le fonti di Alchemy (Harvest, 1969 - Dropout, 1999 - Gottdiscs, 2005) sono ancora esplicite: i raga, il "Libro dei Morti " gli antichi Egizi, le litanie Ebraiche, le leggende Celtiche.


* Third Ear Band (Harvest, 1970 - Gottdiscs, 2005), secondo album e uno dei grandi capolavori della musica psichedelica/progressiva, si spinge ancora oltre, ridimensionando l'aspetto "etnico" e conferendo un carattere ancor piu` "astratto" alle composizioni, che infatti sembrano appartenere piu` alla musica da camera che alla musica popolare, e piu` al jazz che al rock.


Altri album in studio:


Abelard and Heloise (1970)
Music from Macbeth (soundtrack to Macbeth, Roman Polanski's film adaptation of Shakespeare's The Tragedy of Macbeth) (1972)
The Magus (1972 - released in 2005 - first release was 1991 under the title Prophecies)
Live Ghosts (1988)
Magic Music aka New Age Magical Music (1990)
Brain Waves (1993)
Necromancers of the Drifting West (1997) (Geesin session, BBC tracks & outtakes)

La Third Ear Band è stata pioniera di un tipo di rock psichedelico che avrebbe influenzato altre band sperimentali, ma senza mai cercare un grande successo commerciale. Nonostante ciò, la loro musica ha trovato un pubblico devoto, soprattutto tra gli amanti della musica più progressiva e avanguardista.

Declino e scioglimento

Nel corso degli anni '70, la band ha attraversato diverse fasi di cambiamento. La formazione originaria è stata modificata, con alcuni membri che lasciavano la band e venivano sostituiti. Nonostante la qualità musicale dei lavori, la Third Ear Band non ha mai raggiunto una popolarità commerciale significativa e si è sciolta verso la metà degli anni '70.

La Third Ear Band e il druidismo:


Philip Carr-Gomm viene iniziato all'OBOD (Order of Bards Ovates & Druids) 3 Maggio 1970 con Richard Coff e la Third Ear Band sullo sfondo.

LINKS:

(*) https://www.scaruffi.com/vol2/thirdear.html

https://philipcarr-gomm.com/the-third-ear-band-on-glastonbury-tor/


L'area megalitica di Sion: Le Petit-Chasseur

Il sito megalitico si Sion, nel Vallese, è interessante e importate per una serie di motivi.

La scoperta, nel 1961, delle prime tombe costruite con lastre di pietra lungo l'Avenue du Petit-Chasseur, segna un passo significativo nella conoscenza delle pratiche funerarie del Neolitico Finale nell'arco alpino. In poco tempo, Olivier-Jean Bocksberger riconobbe l'importanza di questa scoperta, confermata dall'apparizione della prima ceramica campaniforme segnalata nella regione e, soprattutto, dal ritrovamento di stele antropomorfe incise, riutilizzate nella costruzione di dolmen funerari. Nonostante le numerose pubblicazioni scientifiche dal 1964 al 2007, molto resta ancora da dire e scrivere su questo sito eccezionale e, in particolare, sulle statue stele antropomorfe, il cui significato continua a gettare luce sul periodo di transizione tra la fine del Neolitico e l'inizio dell'età del Bronzo.

Il sito del Petit-Chasseur a Sion si trova sulla riva destra del Rodano, all'ingresso occidentale della città di Sion. La necropoli è situata sul pendio del cono di alluvioni del fiume Sionne, che scorre più a est, al centro della città vecchia. I due monumenti funerari più antichi (M V e M XII) sono addossati al piede del versante roccioso della collina di Gravelonne, mentre le altre tombe si trovano leggermente più in basso. In totale, sono stati ritrovati e studiati dodici monumenti dolmenici su entrambi i lati dell'avenue.


La fondazione della necropoli risale agli inizi del quarto millennio a.C., tra il 3000 e il 2900 a.C. Questo periodo è caratterizzato da una maggiore densità degli insediamenti, in particolare lungo le rive del Lago di Ginevra e nella valle del Rodano.

DATAZIONE

Le stele antropomorfe della necropoli del Petit-Chasseur sono state tutte scoperte in posizione secondaria, cioè riutilizzate come materiale da costruzione nei monumenti funerari o trovate direttamente sul terreno vicino alle tombe. Per questo motivo, non è possibile determinare con certezza l'epoca della loro creazione basandosi esclusivamente sulla loro posizione stratigrafica. Tuttavia, due stili distinti emergono chiaramente tra le rappresentazioni conosciute.ù

Stile A

Le stele di stile A sono le più semplici e presentano elementi antropomorfi limitati. Le braccia sono rappresentate piegate a 90° con le mani incrociate sul ventre, spesso con tratti realistici. La testa è sempre frammentata, ma sembra essere relativamente piccola rispetto alla larghezza delle spalle. I motivi incisi includono una cintura poco decorata, pugnali con pomoli semicircolari, asce con manico e decorazioni a spirale doppia. Questo stile è attribuibile alla seconda fase del Neolitico Finale (circa 3000-2700 a.C.), ed è culturalmente affine alla necropoli di Remedello, in Italia, e ai ritrovamenti di Stollhof (Austria) e Malé Leváre (Slovacchia).

Stile B
Le stele di stile B sono più elaborate, con una testa più ampia e dettagliata, spesso dotata di un "copricapo" e un naso. Le braccia e le mani sono stilizzate e accompagnate da elementi come archi, frecce, pugnali in fodero e decorazioni intricate sui vestiti (triangoli, losanghe, chevron, ecc.). Questi ornamenti riflettono probabilmente abiti cerimoniali appartenenti a membri importanti della comunità.

Le stele di tipo B risalgono alla civiltà campaniforme (circa 2500-2200 a.C.), caratterizzata dall’uso di ceramiche a forma di campana ornate da motivi incisi. Le rappresentazioni maschili includono armi, mentre quelle femminili si distinguono per la mancanza di armi e la presenza di elementi decorativi specifici, come pettorali metallici e cinture a fibbia.

  • Motivi maschili: Comprendono armi come pugnali e asce, oltre a elementi distintivi come archi e faretre.
  • Motivi femminili: Rappresentati da decorazioni più elaborate, cinture con fibbie e pettorali metallici.
  • Motivi comuni: Alcuni simboli, come spirali doppie e motivi geometrici, erano condivisi da entrambe le categorie e potrebbero riflettere valori o ideologie comuni nella comunità.
  • FUNZIONE DELLE STELE

    La funzione delle stele antropomorfe solleva due domande fondamentali: chi rappresentano e quale ruolo avevano nella società dell’epoca?

    Gli elementi decorativi e le armi indicano che le stele raffiguravano personaggi di alto rango. La loro creazione, che richiedeva un grande investimento di tempo e risorse, aveva un carattere ostentatorio, volto a sottolineare il prestigio e il potere del soggetto raffigurato. È interessante notare che queste rappresentazioni includono sia uomini sia donne, anche se le figure maschili sono in maggioranza. Le stele erano associate al contesto funerario. Questo utilizzo si riscontra in altri siti dell’arco alpino e del sud della Francia, come Saint-Martin-de-Corléans ad Aosta, dove sono state trovate basi di stele rotte. 

    Rituali di distruzione e riutilizzo
    Un tratto distintivo delle stele del Petit-Chasseur è il loro riutilizzo come materiale da costruzione in nuove sepolture. Questo processo era parte di un rituale volontario, poiché le stele venivano intenzionalmente rimosse, spezzate e reimpiegate. Diverse ipotesi spiegano questo comportamento: con il passare del tempo veniva a meno la memoria del defunto oppure mentre questo era in vita il suo prestigio calava. Non lo possiamo sapere.

     Interpretazione delle Decorazioni Antropomorfe

    Le caratteristiche antropomorfe delle stele sono evidenti nella forma generale, con teste che sporgono dalle spalle e dettagli come braccia, mani e copricapi.

    • Il "naso": Sebbene spesso chiamato "naso", questa caratteristica potrebbe rappresentare un elemento di un elmo o di un copricapo, simile a quelli medievali.
    • Assenza di occhi e bocca: L’omissione di occhi e bocca potrebbe suggerire che le figure rappresentassero defunti, piuttosto che persone viventi.

    Le stele del Petit-Chasseur offrono una ricca varietà di motivi decorativi, che possono essere suddivisi in categorie principali:

    1. Motivi antropomorfi: Elementi come la testa, le braccia e le mani sono predominanti.
    2. Armi e ornamenti: Pugnali, asce, archi e frecce rappresentano status e funzione.
    3. Decorazioni geometriche: Losanghe, triangoli, damieri e altre forme adornano gli abiti e riflettono una complessa simbologia culturale.

    L'EUROPA NEOLITICA

    Il sito del Petit-Chasseur è stato confrontato con altre necropoli dell'arco alpino e dell'Europa occidentale, evidenziando somiglianze e differenze:

    • Saint-Martin-de-Corléans (Aosta): Sito parallelo con stele simili, che presentano incisioni elaborate e contesti rituali comparabili.
    • Necropoli di Remedello (Italia): Nota per la presenza di pugnali e asce incisi, elemento comune con le stele di stile A del Petit-Chasseur.
    • Siti della cultura campaniforme: Le decorazioni geometriche trovate sulle ceramiche campaniformi sono spesso replicate sugli ornamenti delle stele di stile B.

    Questi confronti confermano che il Petit-Chasseur era parte di una rete culturale più ampia, condividendo pratiche e ideologie con altre comunità dell'Europa neolitica.


    LINK: 

    http://www.archeosvapa.eu/wp-content/uploads/2019/02/Bepa-XX-suppl-WEB.pdf

    giovedì 5 dicembre 2024

    Il Menhir di Nomaglio: coppelle per il Monviso.

    Finalmente siamo riusciti a trovare il menhir di Nomaglio. Siamo riusciti, perché, come molte altre pietre piemontesi, non è per niente segnalata e giace praticamente dimenticata in mezzo ai boschi.

    La pietra si trova nei pressi di Nomaglio (da cui prende il nome) e Andrate, in provincia di Torino a circa 800 metri di altitudine e per trovarlo bisogna percorrere una strada tra piccole case di pietra e i bellissimi boschi che dominano la zona. Il monolite è crollato in antichità e si trova oggi proprio tra due piccole costruzioni in pietra ormai quasi abbandonate. Esso viene accomunato ai tre famosi menhir canavese, Mazzè, Chivasso e Lugnacco per via della sua forma, anche se questo non è intatto e si trova quasi completamente interrato. Come nel caso degli altri 3 monoliti, non ci sono molti evidenze archeologiche che possano essere usate per datarlo o contestualizzarlo. Del resto l'assoluto stato di abbandono e la mancanza di studi che caratterizza questo tipo di reperti in Italia è imbarazzante.


    Una cosa che salta immediatamente all'occhio visitando questa pietra sono le coppelle che lo coprono e che, con ogni probabilità, vennero scavate quando il menhir era già crollato e spezzato, quindi in due epoche diverse. Chiunque si interessi di incisioni a coppelle e canaletti sa che, generalmente, venivano usate per contenere dei liquidi e quindi perderebbero di senso in posizione erette, specialmente quando sono accompagnate da canaletti.


    In ogni caso, siamo sicuri che i frammenti costituissero un singolo pezzo litico perché è possibile seguire la forma della pietra con i sui spigoli artificialmente sbozzati, anche se purtroppo manca la parte centrale, forse usata come materiale edile durante la costruzione delle casette in pietra che lo sovrastano. In zona comunque sono stati trovati altri maufatti megalitici riutilizzati come architravi, coppelle su pietre fontana e soprattutto, nelle vicinanze, un'elsa di un coltello a forma di ariete in stile celtico. 


    L'ipotesi è quindi che il monolite sovrastasse un tumulo funerario, cosa molto frequente e che quando questo crollò, o venne demolito per motivazioni ignote, esso continuò a mantenere una funzione sacra e per questo su di esso vennero scavate le coppelle e i canaletti.


    Ma la grande sorpresa alla fine è stata alzare gli occhi e notare che la pietra è orientata panoramicamente verso il Monviso, ben visibile al tramonto e nei giorni sereni. Chiunque si interessi di massi coppellati, specialmente in area piemontese, sa che nella stragrande maggioranza dei casi le rocce con questo tipo di incisione si trovano in luoghi panoramici orientate verso montagne o alture particolarmente evidenti. Questo, personalmente, penso indichi un qualche tipo di culto, oggi dimenticato, ma collegato alle alture.
     


    giovedì 28 novembre 2024

    Chi è il MAGO?

     A cura di Aldebrandos Silvani

    Il "mago classico" può essere visto in molti modi, a seconda del contesto. È spesso una figura archetipica della mitologia e della letteratura, un personaggio saggio e potente che guida l'eroe, come Merlino nelle leggende arturiane, Gandalf ne Il Signore degli Anelli, o Prospero ne La tempesta di Shakespeare.

    Nei tarocchi, il Mago (o Bagatto) rappresenta la padronanza degli elementi e il potenziale creativo.

    Nell'immaginario moderno, lo ritroviamo in personaggi come Harry Potter o Doctor Strange, che incarnano il mago con un tocco contemporaneo. Infine, nella tradizione esoterica, il mago richiama pratiche antiche come alchimia, astrologia e Cabala, unendo scienza e spiritualità.

    Quando però ci immaginiamo un mago generalmente lo visualizziamo come quello che generalmente viene detto "fiabesco". È la figura che subito ci viene in mente pensando a fiabe, leggende medievali e mondi fantasy. Lo immaginiamo con un lungo mantello blu o viola, decorato con stelle e lune, e un cappello a punta alto e conico, altrettanto ornato. Sempre accompagnato da un bastone magico o una bacchetta, spesso porta con sé sacchetti di erbe o antichi libri pieni di misteri.

    È un personaggio saggio e misterioso, che vaga per boschi e montagne in cerca di equilibrio naturale e conoscenza. Protettore della natura e delle forze elementali, usa i suoi poteri rispettandone le leggi. Gentile ma riservato, aiuta chi è in difficoltà, ma non svela facilmente i suoi segreti.

    Le sue magie spaziano dal controllo degli elementi – come evocare tempeste o calmare le acque – alla creazione di illusioni e incantesimi. Spesso padroneggia anche l’alchimia e la guarigione, grazie alla conoscenza di erbe e pozioni.

    Questa figura si ispira a personaggi iconici come Merlino delle leggende arturiane o il Mago di Oz, e vive ancora oggi nei giochi di ruolo come Dungeons & Dragons e nell’immaginario fantasy moderno. È il simbolo perfetto del mago che incanta e affascina, con la sua aura intramontabile.

    Ancora oggi esistono persone e gruppi che si rifanno a queste figure alla magia naturale e alle tradizioni antiche:

    • Associazioni di Wicca e neopaganesimo: Seguono pratiche spirituali legate agli elementi, alla natura e agli antichi culti. Non sono "maghi fiabeschi", ma molte delle loro ritualità si ispirano a figure come il druido o il mago classico.
    • Scuole di esoterismo: Alcune realtà insegnano pratiche legate alla magia, all'alchimia o alla conoscenza simbolica. Ad esempio, Cerchio delle Streghe o gruppi simili.
    Esistono anche gruppi che si rifanno alla rievocazione storica in un contesto medievale o mitologico, molte associazioni di rievocazione storica organizzano eventi che includono la figura del mago:
    • Eventi medievali: Fiere come il Mercato delle Gaite o il Palio di San Donato spesso ricreano atmosfere medievali in cui maghi e alchimisti trovano spazio.
    • Associazioni di mitologia arturiana: Gruppi che celebrano leggende arturiane e cavalieri della Tavola Rotonda, con personaggi ispirati a Merlino e altri maghi.
    • LARP (Live Action Role-Playing): Giochi di ruolo dal vivo in cui i partecipanti interpretano personaggi fantasy, inclusi maghi, con costumi elaborati. In Italia, associazioni come GRVItalia o Terre Spezzate organizzano eventi in contesti naturali o storici.
    • Fiere e raduni fantasy: Eventi come Lucca Comics & Games o il Fantasy Fest accolgono appassionati di magia, spesso con workshop e spettacoli a tema.
    Music for Wizards:


    Origini del mago nell'antichità europea

    La figura del mago nell'antichità europea ha radici profonde che affondano nella mitologia, nella religione e nelle tradizioni esoteriche e può essere ritrovata in queste antiche tradizioni:

    1. Religioni e culture pre-cristiane:

      • Druidi celtici: Sacerdoti della religione celtica, erano considerati intermediari tra gli uomini e gli dèi, con conoscenze di astrologia, erboristeria e rituali sacri. Sono tra i precursori del mago europeo.
      • Sciamani e figure simili: Popolazioni germaniche, slave e nordiche avevano figure spirituali che praticavano rituali magici e comunicavano con il mondo spirituale.
    2. Influenze greche e romane:

      • La magia nell'antica Grecia era legata a figure come Circe o Medea, maghe capaci di evocare forze sovrannaturali. Filosofi come Pitagora e Platone associavano la magia alla conoscenza del cosmo e delle forze naturali.
      • A Roma, i magus erano spesso visti con sospetto, ma molti praticavano arti divinatorie e rituali importati dall’Oriente.
    3. Influenza persiana:

      • La parola "mago" deriva dal termine persiano magus, usato per indicare i sacerdoti zoroastriani. Questi erano esperti di astrologia e conoscenze esoteriche, e il termine si diffuse in Europa tramite la cultura greco-romana.
    4. Medioevo cristiano:

      • Con l'arrivo del cristianesimo, la magia divenne spesso associata all'eresia e al paganesimo. Tuttavia, figure come Merlino (ispirato probabilmente ai druidi e agli uomini saggi celtici) fecero da ponte tra il vecchio mondo magico e le nuove leggende cristiane.

    Il "cappello del mago" di Berlino

    Il cosiddetto "cappello del mago" è in realtà un oggetto conosciuto come "Cappello d'Oro di Berlino" (Berliner Goldhut), un manufatto risalente all'Età del Bronzo (circa 1000-800 a.C.), conservato presso il Neues Museum di Berlino.

    https://it.wikipedia.org/wiki/Cappello_d%27oro_di_Berlino

    Caratteristiche:

    • Materiale: Realizzato in foglia d'oro, alto circa 75 cm.
    • Decorazioni: Ricoperto di intricati motivi geometrici, come cerchi e spirali, che si ritiene siano legati a calendari lunari e solari.
    • Funzione: Si ipotizza che fosse usato da sacerdoti o capi spirituali come strumento rituale per calcolare il calendario agricolo e astronomico. Le sue decorazioni potrebbero rappresentare un sistema complesso per prevedere eventi naturali e stagionali.
    Sono stati trovati 4 oggetti molto simili e sicuramente collegati:

    Relazione con la figura del mago:

    Il "cappello" non è un copricapo di mago nel senso moderno, ma è spesso considerato una delle prime rappresentazioni del potere magico attribuito a figure sacerdotali o druidiche. È possibile che la sua forma conica e il suo uso cerimoniale abbiano ispirato l'immaginario del cappello a punta del mago nelle epoche successive.

    In sintesi, questo oggetto è un simbolo dell'antico legame tra sapere, natura e sacralità, che sta alla base della figura del mago come lo conosciamo oggi.

    martedì 19 novembre 2024

    Divinità celtiche: BORMANA

    La dea Bormana era una dea Celtica legata ai fiumi, alle acque e alla guarigione. Era adorata dalle popolazioni celtiche e liguri, principalmente nelle aree che oggi sono parte di Italia settentrionale e Francia meridionale, ma tracce di questa dea sono state rinvenute anche altrove. Bormana era considerata la compagna di Bormo e il suo nome è stato ritrovato molte volte accanto a quello della sua controparte maschile. In alcuni casi però la consorte di Bormo era Damona. E' molto probabile però che in origine, prima del contatto con la cultura classica greco romana, si trattasse di una sola divinità animista legata alle aque, in particolare alle fonti termali, il termine "bor", "borw" significava infatti "bollire" e che non avesse ancora sembianze antropomorfe o sesso. Per questo molte delle informazioni che abbiamo su questa dea sono in comune con Bormo.

    FONTI E TESTIMONIANZE

    Fonti antiche, come iscrizioni e ritrovamenti archeologici, suggeriscono che Bormana fosse venerata soprattutto in zone montuose e forestali, dove la presenza di acque sorgive e la natura incontaminata erano centrali per la vita quotidiana. La sua figura potrebbe anche essere associata alla cura e alla protezione degli uomini e degli animali.

    Iscrizioni:

    Bormana e il suo compagno Borvo (Bormano) erano venerati a Bourbon-Lancy (Saône-et-Loire) e a Die (Drôme).

    « Bormano / et Borman[ae] / P(ublius) Sappinius / Eusebes v(otum) s(olvit) / l(ibens) m(erito) »

    Corpus Inscriptionum Latinarum (CIL), 12: 01561. Bourbon-Lancy.

    La dea era venerata anche in modo indipendente a Saint-Vulbas, nell'Ain.

    I Toponimi sono spesso la via principale per ricostruire parti della storia celtica e ligure. Come visto qui sopra il toponimo francese "Bourbon" era direttamente collegato sia a Bormo che a Bormana e oltre che a Lancy lo troviamo anche a Bourbon Les Bains che oltre alla radice Bor li richiama anche per il collegamento con le terme (Les Bains). In Italia invece si ritrova in Piemonte con il fiume Bormida e la valle omonima (LINK) che in dialetto è Burmia (al femminile) che passa proprio per la città termale di Acqui Terme, già capitale del popolo celto-ligure degli Statielli e con il torrente Borbera. La radice Bor, legata alle acque e alle terme, la troviamo di nuovo in Piemonte con il torrente Borbore e soprattutto in Lombardia con la città termale di Bormio, probabilmente dedicata al dio Bormo.

    ICONOGRAFIA

    Le informazioni su Bormana, purtroppo, sono abbastanza limitate e non esistono rappresentazioni iconografiche dirette della dea che siano state ritrovate. La sua presenza è conosciuta principalmente tramite iscrizioni, toponimi e riferimenti nelle fonti antiche, ma non ci sono testimonianze visive specifiche che ne ritraggano l'aspetto fisico o la sua iconografia. Questo è un aspetto comune per molte divinità delle tradizioni celtiche e liguri, in quanto spesso i loro culti si esprimevano più attraverso simboli, luoghi sacri (come sorgenti o alberi) e pratiche rituali, piuttosto che attraverso rappresentazioni figurative. Infatti per le popolazioni celtiche, come si diceva sopra, gli dei e gli spiriti degli elementi naturali non erano venerati in quanto tali: Il Sole era il Sole, La Montagna era la Montagna in quanto tale.

    vedere: https://leradicideglialberi.blogspot.com/2024/11/gli-dei-umanizzati-della-religione.html

    https://fontedibormana.blogspot.com/

    https://www.wikiwand.com/en/articles/List_of_Celtic_deities

    https://otherworldlyoracle.com/celtic-deities-obscure/

    https://leradicideglialberi.blogspot.com/2017/12/i-fiumi-tanaro-bormida-e-altri-idronimi.html

    Gli Dei Umanizzati della Religione Celtica

    Uno dei fatti più sorprendenti relativi alla religione celtica è l'elevato numero di nomi di divinità che include. Questi nomi ci sono noti quasi esclusivamente da iscrizioni, principalmente tavolette votive, offerte in segno di riconoscenza per qualche beneficio ricevuto, solitamente legato alla salute, conferito dalla divinità all’uomo. In Gran Bretagna, queste tavolette votive si trovano soprattutto nei pressi dei muri e dei campi militari romani, ma non sempre possiamo essere certi che le divinità menzionate siano autoctone.

    (Il Calderone di Gundstrupp, figura femminile con elefanti e ruote solari,identificata con la dea indiana Lakshmi) 

    In Gallia, invece, il legame tra alcune divinità e determinate regioni appare più chiaro, poiché i nomi di luoghi spesso fungono da guida. Queste iscrizioni sono distribuite in modo molto disomogeneo sul territorio gallico, con le regioni occidentali e nord-occidentali scarsamente rappresentate.

    Nel presente breve riassunto, non è possibile esaminare a fondo le relazioni tra i nomi trovati nelle iscrizioni e i luoghi specifici, né il significato che ciò getta sulla religione celtica; tuttavia, si può affermare che le indagini tendono a confermare il carattere locale della maggior parte delle divinità citate nelle iscrizioni.

    Tra queste divinità, alcune hanno ottenuto un culto più ampio nel corso dell’evoluzione religiosa, mentre altre, come Lugus, potrebbero essere state adorate su una scala più vasta in tempi più antichi rispetto a quelli successivi. Talvolta, un nome come Lugus (irlandese Lug), Segomo (irlandese, genitivo Segamonas), Camulos (da cui Camulodunum, Colchester), Belenos (gallese Belyn), Maponos (gallese Mahon), Litavis (gallese Llydaw), presente sia in Britannia che in Gallia, suggerisce che si trattasse di una divinità ariana antica o di una il cui culto si era esteso oltre i confini locali.

    Fatta eccezione per pochi casi particolari, il carattere locale delle divinità è predominante.

    Un numero considerevole di queste divinità è associato a sorgenti e fiumi. In Norico, ad esempio, troviamo Adsalluta, una dea legata al fiume Save (Savus). In Gran Bretagna, troviamo "la dea" Deva (il fiume Dee) e Belisama (probabilmente il Ribble o il Mersey), un nome che significa "la dea più bellicosa". Troviamo ancora Axona, dea dell’Aisne, Sequana, dea della Senna, Ritona del fiume Rieu, numerose ninfe e molte altre divinità delle fonti. Probabilmente molti altri nomi di divinità locali sono di questo tipo.

    I fenomeni atmosferici sembrano aver lasciato poche tracce chiare nei nomi delle divinità celtiche. Vintios, un dio identificato con Marte, era probabilmente un dio del vento; Taranus, un dio del tuono; Leucetios, un dio del fulmine; Sulis (di Bath), una dea del sole; ma oltre a questi, ci sono poche, se non nessuna, testimonianze di fenomeni celesti.

    La maggior parte delle divinità citate nelle iscrizioni sono identificate con Mercurio, Marte o Apollo. Gli dei associati alla cultura sembrano, dai loro nomi, avere origini varie: alcuni erano totem umanizzati, altri divinità della vegetazione o di fenomeni naturali locali. Come già accennato, è evidente che lo sviluppo della vita commerciale e civile in alcune regioni ha dato rilievo a divinità identificate con Mercurio e Minerva, considerate patroni della civiltà.

    I soldati, soprattutto in Britannia, sembrano aver favorito divinità come Belatucadros (il brillante in guerra), identificato con Marte. Quattordici iscrizioni che lo menzionano sono state trovate nel Nord dell’Inghilterra e nel Sud della Scozia.

    Anche la dea Brigantia (divinità patrona dei Briganti) è menzionata in quattro iscrizioni; Cocidius, identificato con Marte, in tredici; mentre un’altra divinità popolare sembra essere stata Silvanus. Tra i nomi più rilevanti delle divinità celtiche identificate con Mercurio ci sono Adsmerius o Atesmerius, Dumiatis (il dio del Puy de Dôme), Iovantucarus (l’amante della giovinezza), Teutates (il dio del popolo), Caletos (il forte) e Moccus (il cinghiale).

    Diverse divinità sono identificate con Marte, e tra queste alcuni dei nomi più rilevanti sono Albiorix (re del mondo), Caturix (re della battaglia), Dunatis (il dio della fortezza), Belatucadros (il brillante in guerra), Leucetios (il dio del fulmine), Mullo (il mulo), Ollovidius (il sapiente di tutto), Vintius (il dio del vento) e Vitucadrus (il brillante in energia). L’elevato numero di nomi associati a Marte riflette il ruolo predominante che, in passato, la guerra aveva nelle idee che influenzavano la crescita delle comunità celtiche.

    Tra gli dei identificati con Ercole, il nome più interessante è Ogmios (il dio del solco), menzionato da Luciano, ma non trovato in alcuna iscrizione. Inoltre, altri dei sono identificati con Giove, tra cui Aramo (il gentile), Ambisagrus (il perseverante), Bussumarus (il labbro grande), Taranus (il tuonatore) e Uxellimus (il più alto). Sembra che, almeno in epoca storica, Giove non avesse un ruolo predominante nelle idee religiose celtiche.

    Un altro aspetto notevole della religione celtica, non ancora menzionato, è l’identificazione di diverse divinità con Apollo. Queste divinità erano essenzialmente patroni di sorgenti curative e stazioni termali, e la crescita del loro culto è un indicatore significativo dello sviluppo della religione parallelamente a certi aspetti della civiltà. Uno dei nomi di un Apollo celtico è Borvo (da cui Bourbon), divinità di alcune sorgenti termali. Questo nome è di origine indoeuropea e fu attribuito al dio delle fonti locali dagli invasori celtici di lingua gallica; significa semplicemente "il bollitore". Altre varianti del nome includono Bormo e Bormanus.

    Ad Aqua Granni (Aix-la-Chapelle) e altrove, il nome associato ad Apollo è Grannos. Troviamo inoltre Mogons e Mogounus, divinità patrona di Moguntiacum (Magonza), e occasionalmente Maponos (il grande giovane).

    La caratteristica essenziale del culto di Apollo era la sua associazione con l’idea di guarigione nella civiltà gallo-romana, un’idea che, attraverso la rinascita del culto di Esculapio, influenzò profondamente le visioni religiose anche in altre parti dell’impero. Questa concezione degli dei come guide della civiltà e restauratori della salute mostra la religione celtica, in alcune regioni almeno, emergere in una misura di luce dopo un lungo e faticoso cammino dalle tenebre delle idee preistoriche. Ciò che Cesare dice sulla pratica dei Galli di iniziare l’anno con la notte piuttosto che con il giorno e la loro antica credenza di discendere da Dis, il dio del mondo sotterraneo, si riflette nella loro storia religiosa.

    Le Dee nella Religione Celtica

    Nel trattare le divinità del mondo celtico, non dobbiamo dimenticare le dee, anche se la loro storia presenta diversi problemi di grande complessità. Alcune di queste dee sono conosciute in gruppi — Proximae (le parenti), Dervonnae (gli spiriti delle querce), Niskai (le ninfe delle acque), Mairae, Matronae, Matres o Matrae (le madri), Quadriviae (le dee dei crocicchi). Le Matres, Matrae e Matronae sono spesso qualificate da un nome locale. Divinità di questo tipo sembrano essere state popolari in Britannia, nei pressi di Colonia (Colonia Agrippina) e in Provenza.

    Un interessante parallelo all’esistenza di queste dee raggruppate si trova in alcune parti del Galles, dove Y Mamau (le madri) è il nome attribuito alle fate. Queste dee raggruppate ci riportano a una delle fasi più interessanti della religione celtica primitiva, quando gli spiriti della terra o del grano non erano ancora completamente individualizzati.

    Tra le dee individualizzate, molte sono strettamente locali, legate ai nomi di sorgenti o fiumi. Altre, invece, sembrano aver raggiunto una maggiore prominenza individuale e, in alcune iscrizioni, sono associate a un dio di nome celtico o al suo equivalente latino. Non è certo che i nomi così associati fossero uniti in tempi antichi; questa pratica potrebbe essere stata una moda successiva, che si diffuse dopo essersi affermata. La relazione, in alcuni casi, poteva essere vista come quella tra madre e figlio, in altri come fratello e sorella, in altri ancora come marito e moglie; i dati disponibili non sono sufficienti per una conclusione definitiva.

    Tra queste coppie associate si possono notare Mercurio e Rosmerta, Mercurio e Dirona, Grannus (Apollo) e Sirona, Sucellus e Nantosvelta, Borvo e Damona, Cicolluis (Marte) e Litavis, Bormanus e Bormana, Savus e Adsalluta, Marte e Nemetona.

    Uno di questi nomi, Sirona, probabilmente significava "la longeva" e si riferiva alla madre-terra. In gallese, uno o due nomi che sembrano derivare da antichi nomi di dee sono sopravvissuti: Rhiannon (Rigantona, la grande regina) e Modron (Matrona, la grande madre).

    Le altre divinità britanniche saranno trattate più dettagliatamente da un altro autore di questa serie in un’opera sulla mitologia antica delle isole britanniche. È sufficiente dire che le ricerche tendono sempre più a confermare l'idea che la chiave per comprendere la storia delle divinità celtiche risieda nel carattere locale della stragrande maggioranza di esse.

    (TRADUZIONE da Celtic Religion In Pre-Christian Times, By Edward Anwyl, M.A., Chapter V [1906])

    lunedì 18 novembre 2024

    I Dolmen di Antequera: Menga e Viera

    Questa volta siamo andati in Spagna. Per celebrare i giorni dei Morti e dei Santi, il Trinox Samoni, ci siamo diretti ad Antequera che si trova ad una cinquantina di chilometri da Malaga nel Sud della penisola Iberica. Proprio qui si trova un sito Unesco che comprende alcune delle più notevoli meraviglie megalitiche dell'Europa Antica: I dolmen di Menga e di Viera, il Tholos di Romeral, il Torcal e la Peña de los Enamorados. Noi abbiamo visitato i due Dolmen. 

    Il primo in cui siamo entrati, il più grande, è quello di Menga: si tratta di una delle più grandi strutture megalitiche antiche conosciute in Europa, è lungo 27,5, largo 6,0 e alto 3,5 metri e venne costruito quasi 6000 anni fa con 32 enormi megaliti. Questa struttura è ancora coperta dal  tumulo, per buona parte conservato, come ad esempio Gavrinis in Francia o New Grange in Irlanda e serviva come sepoltura per l'elite dell'epoca. Quando venne scoperto nel XIX secolo al suo interno vennero trovati i resti di centinaia di corpi. 

    Particolarià di questa struttura a tunnel è la sua larghezza e le colonne che vi si trovano all'interno. In oltre in fondo alla sala si trova un profondissimo pozzo di cui non è ancora chiara l'origine. Il corridoio è orientato verso la collina chiamata Peña de los Enamorados che doveva essere il punto cardine di tutta questa zona sacra per via della sua forma che richiama la testa di una gigantesca divinità dormiente. 

    Su una delle pietre all'ingresso si trova una classica conca in cui può essere conservata l'acqua e sulla roccia a sinistra sono visibili delle croci e una probabile rappresentazione schematica di divinità femminile. 

    Per quanto riguarda le croci non si sa se siano anch'esse rappresentazioni simboliche antiche o croci esorcizzanti cristiane.

    A soli 70 metri dal dolmen di Menga si trova quello di Viera, leggermente più piccolo ma sempre imponente e realizzato in un periodo leggermente successivo tra i 5500 e i 5000 anni fa. Scoperto nei primi anni del secolo scorso dai fratelli Viera è anch'esso un tumulo formato da una struttura a dolmen che costituisce un corridoio di 21 metri di lunghezza al termine del quale si trova la camera funeraria.

    La circonferenza del tumulo è di 50 metri e la casa più interessante è che la struttura è orientata precisamente al sorgere del sole nel giorno del solstizio d'estate. I raggi, infatti, in quella data così importante attraversano l'intero corridoio e illuminano la sala in fondo.

    Da notare che il cimitero di Antequera si trova ancora oggi proprio a lato dell'area megalitica ed è visibile dall'interno dell'area megalitica, conservando un legame con i defunti che quest'area ha da almeno 6000 anni. Nella foto sotto, uno dei due gatti neri che ho incontrato il mattino della visita mentre guardava le visite al cimitero cittadino nella data del 1 novembre.

    Scendendo poi si può visitare il bellissimo museo dentro al quale si conservano oggetti rinvenuti qui e si organizzano esposizioni temporanee e proiezioni di documentari inerenti alla storia di questo luogo.

    Sopra: alcuni oggetti esposti nel museo.

    Il sito è visitabile prendendo la linea ad alta velocità per Granada dalla stazione di Malaga e fermandosi alla prima stazione che è appunto Antequera. Il viaggio è di circa 30 minuti. La stazione poi si può raggiungere con una navetta bus, oppure a piedi in circa mezz'ora di cammino. Se invece viaggiate in automobile potete raggiungere direttamente il sito e visitare anche il Tholos che si trova a 4 chilometri sulla statale.


    Cristalli e pietre rituali ritrovati nei Dolmen andalusi.

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