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mercoledì 19 marzo 2025

San Cristoforo, Ercole, L'uomo selvatico alpino.

 San Cristoforo sulla Parrocchiale di Castel Delfino

LINK: https://sullespalledisancristoforo.com/tag/ercole/


In più di un’occasione, abbiamo notato come la devozione di san Cristoforo sia forte proprio nei luoghi sacri a Ercole-Eracle.

Il gigante Eracle-Ercole è un eroe della mitologia classica, adorato per la sua forza usata a favore degli uomini; è anche protettore dei mercanti.

Spesso raffigurato appoggiato alla sua clava (come il gigante Cristoforo è appoggiato al suo bastone), in alcune raffigurazioni porta Dionisio bambino sulle sue spalle.



Dal tempio di Ercole a san Cristoforo

San Cristoforo del Naviglio. 
Dove oggi scorre il Naviglio, in età romana scorreva il fiume Lombra: era una zona di campagna, ovviamente. e forse qui, proprio lungo la strada che portava in Lomellina, si trovava un tempio dedicato ad Ercole. Già altrove abbiamo visto questo legame fra san Cristoforo, il gigante cristiano che trasporta il Bambino, e l’Ercole pagano, tra le altre cose protettore dei mercanti. Quando Milano diventò cristiana, forse questo culto a Ercole sopravvisse nelle campagne e ne rimase qualche eco fino all’epoca tardoantica e altomedioevale e proprio allora forse avvenne il passaggio Ercole – San Cristoforo.


Pieve antichissima a Tremosine sul Garda (BS)


La pieve di san Giovanni Battista è una delle più antiche del Garda, sorta probabilmente nel IV sec. su un luogo sacro pagano, un santuario al dio celtico Bergimo, divinità protettrice delle montagne. Bergimo è stato identificato con Ercole in epoca romana e poi con San Cristoforo in epoca Cristiana.


In Oriente San Cristoforo era adorato sotto forma di un soldato dalla testa di cane. In Europa invece era un gigante colossale scolpito a guardia delle chiese.
Esiste una risposta plausibile a queste stranezze?

Pierre Saintyves, il padre dell’etnografia francese, ne diede una geniale agli inizi del secolo scorso.
Scrisse che gli Dei pagani non erano morti e si mise a indagare come i poteri degli Dei fossero sopravvissuti nel culto di ogni Santo.

LIBRO: "Dal Santo agli Dei. San Cristoforo successore di Anubi, di Ermes e di Ercole"



perchè ercole era così popolare in ambito alpino?

Ercole era popolare in ambito alpino per diverse ragioni, che mescolano elementi culturali, religiosi e politici:

  1. Simbolo di forza e civilizzazione
    Ercole, come eroe che supera prove straordinarie, veniva visto come il simbolo perfetto della conquista e della civilizzazione di territori difficili, come le Alpi. La sua lotta contro i mostri e le forze del caos era metaforicamente associata alla dominazione romana sulle popolazioni alpine.

  2. Eredità celtica e romanizzazione
    Nelle regioni alpine, dove le popolazioni celtiche avevano le proprie divinità guerriere (come il dio Lug o Teutates), il culto di Ercole si adattava bene. I Romani lo assimilarono a divinità locali, facilitando la romanizzazione senza un'imposizione diretta.

  3. Protezione dei viaggiatori e dei commercianti
    Ercole era visto come un protettore dei viandanti e dei commercianti, figure chiave nelle Alpi, dove le vie di comunicazione erano pericolose e difficili da percorrere. Il suo culto si diffondeva lungo i passi alpini e nei centri commerciali.

  4. Influenza militare romana
    I soldati romani, spesso stanziati nelle zone di confine o lungo le vie alpine, veneravano Ercole come protettore in battaglia. Le legioni contribuivano alla diffusione del suo culto attraverso iscrizioni, templi e dediche.

  5. Presenza archeologica
    Sono state trovate numerose iscrizioni e santuari dedicati a Ercole nelle regioni alpine, segno della sua popolarità. Ad esempio, in località come Aosta (Augusta Praetoria) o nei pressi di passi montani importanti, il culto era ben radicato.

In sintesi, Ercole rappresentava un perfetto punto d’incontro tra la cultura romana e quella alpina, incarnando il coraggio, la protezione e la conquista del territorio.

Ercole venne, con l'arrivo dei romani, anche identificato con Succellus che però, nella maggior parte dei casi, venne poi assimilato a San Rocco.


giovedì 4 maggio 2017

San Baudolino: i Longobardi, Alessandria e un santo ancora un pò pagano.

<< A volte è tramite il cristianesmo, e specialmente il cattolicesimo che molte credenze precristiane sono arrivate vive a noi. BAODOLINO (Baudolino, Baldovino) fu un eremita veggente che viveva nei boschi che coprivano le colline e la pianura sulla quale oggi sorge Alessandria e che predisse la sorte a re Liutprando. È oggi il Santo Patrono di Alessandria e la sua festa si celebra il 10 Novembre. >> Ad esso si è ispirato Umberto Eco per il suo romanzo BAUDOLINO.

SAN BAUDOLINO è il santo patrono di Alessandria anche se il santo morì verso il 740 d.c. più di quattro secoli prima della fondazione della città. Questo è interessante per vari motivi: era un'epoca in cui non esistevano processi di canonizzazione, in cui si parlava di personaggi con poteri prodigiosi più che di purezza spirituale. Alessandria venne poi fondata nel 1168, ma riunendo borghi pre-esisteti molto antichi (Gamondio, oggi Castellazzo Bormida, Marengum oggi il villaggio di Marengo, Bergolium che venne demolito nel '700 per costrure la Cittadella, Rovereto che sorgeva proprio sotto al centro storica di Alessandria, quartiere popolare che ancora oggi porta il nome di Borgo Rovereto, Solero, Oviglio, Quargnento e Villa del Foro, Forum, appunto). Stiamo parlando di un periodo, quello in cui visse il santo, che si perde in epoche nebbiose e ignorate della storia e che è caratterizzato dalla persistenza di usi e costumi "primitivi" anche precedenti al periodo romano. Non si può pensare ad esso come un periodo omogeneo, c'erano grandi differenze anche in zone non troppo estese e, per esempio, il Monferrato, come gran part del Piemonte, era via di passaggio tra Francia e Italia con pochi centri urbani e ancora coperta di foreste selvagge. Vi erano alcuni centri, ma gran parte delle persone vivevano in villaggi in cui poco era cambiato in un millennio, muoversi a piedi era una cosa lenta e pericolosa a causa dei briganti.
I romani dopo aver conquistato Derthona, la prima colonia in questo territorio, costruirono la Via Fulvia nel 125 a.c. che passava proprio dall'emporio celto-ligure (già abitato dal paleolitico come dimostrano le selci conservata al Museo di Antichità di Torino) e dopo averlo occupato e urbanizzato in un periodo tra la fine del II e l'inizio del I secolo a.c. lo avevano chiamato Forum Fulvii in onore del console Marco Fulvio Flacco. Questo centro, oggi conosciuto come Villa del Foro (luogo natale del santo) cadde in decadenza ben prima della caduta dell'impero romano d'occidente, forse per le frequenti alluvioni, forse perchè non era facile mantenere l'ordine in una zona selvaggia come questa, per poi scomparire del tutto per diversi secoli nel medioevo. La grande maggioranza della popolazione continuava a vivere nelle campagne, composte principalmente da foreste, a parlare lingue "barbare" (pensiamo che ancora ai suoi tempi Dante nel de vulgari eloquentia" parla di Torino, Trento e Alessandria come luoghi in cui si parlano "lingue volgari bruttissime") e la cristianizzazione era alquanto relativa (leggi del santuario celtico tortonese nel 600 dc.). In oltre dopo i Romani arrivarono varie popolazioni germaniche tra cui i Goti prima e, quelle che ci interessa più da vicino, i Longobardi.

 Liutprando re d'Italia, Pavia 690-744

In Italia e anche da queste parti, curiosamente, si parla sempre molto poco dei Longobardi, popolo germanico proveniente dalla Scandinavia meridionale che regnò per ben due secoli gran parte della penisola fondendosi con le popolazioni italiche e dando il nome alla Lombradia che fino alla fine del medioevo comprendeva anche il Piemonte e gran parte del nord, ossia quella che prima era conosciuta come Gallia Cisalpina. L'Italia, salvo Roma e poche altre regioni fu per secoli il Regno Longobardo la cui capitale fu Pavia che si trovava a poche decine di chilometri e Re e Regine come Teodolinda avevano le loro riserve di caccia proprio nella zona di Alessandria (la zona della "Fraschetta" - a Marengo esiste ancora oggi la Torre Teodolinda). Molti cognomi locali, specialmente quelli nobiliari (Guasco, Gastaldi o Brunoldi ad esempio) o dei nomi propri (Aldo, Guido, Alberto, ecc...) sono di origini Longobarde.

Come si è detto quindi, il processo di urbanizzazione e di civilizzazione romano non fu molto profondo e prevalentemente relegato a pochi centri. Per questo motivo, purtroppo, non ci restano molti doumenti e testimonianze locali scritte del primo millennio dopo Cristo e le testimonianze che riguardano San Baudolino sono più che altro leggende popolari e storie frammentarie scritte dai monaci.


Iniziamo con il dire che già il nome Baudolino (o Baldovino), deriva dal dio norreno Baldr (in cui compare la solita radice pre indoeuropea Bal, Bel, lo splendente, il bellissimo ma anche amico dei coraggiosi) probabilmente legato al Sole e alla natura. Del personaggio storico sappiamo pochissimo, viveva da eremita tra i fitti boschi sulle rive del Tanaro e si occupava dei difficili rapporti delle popolazioni con la natura e con gli animali che faceva ancora paura. La prima e più importante testimonianza ci viene da Paolo Diacono (Paul Warnefried) coevo non solo di Baudolino ma anche di Carlo Magno. Ci racconta che il santo aveva più che altro doti soprannaturali, riusciva a prevedere il futuro e a fare prodigi e ce ne racconta uno, non troppo clamoroso: Durante una battuta di caccia nella Silva Urba (la piana di Marengo a pochi chilometri) il nipote di Liutprando Anfuso fu erroneamente colpito, e il Re mandò un messo a chiamare Baudolino affinché gli prestasse le cure necessarie. Nel frattempo Anfuso morì e quando il messo giunse dall'eremita questi affermò di sapere già tutto, ma che non poteva fare più niente perché il giovane era già spirato. Da questo miracolo Umberto Eco prese spunto per un articolo sul carattere degli alessandrini "non particolarmente caloroso" e in seguito per il suo libro "Baudolino".

 Paolo Diacono

BAUDOLINO E LE OCHE
La storia più famosa è quella delle oche: dai boschi un giorno uscirono queste oche selvatiche, grosse e particolarmente aggressive, che devastavano i campi della zona contro le quali i contadini non potevano niente. Così si decise di interpellare Baudolino che arrivò e ordinò ai volatili di presentarsi al suo cospetto, cosa che tra lo stupore dei cittadini avvenne. Il santo fece rinchiudere tutte le oche per la notte e l'indomani le liberò raccomandandosi di allontanarsi e di smetterla di fare danni. Le oche però restarono li facendo un gran baccano. Un'oca infatti era stata rubata da qualcuno nella notte, così Baudolino se ne fece portare un'altra, riconoscibile nell'iconografia del santo perché è l'unica bianca in mezzo alle altre grige. Di questo episodio resta il ricordo nella cultura popolare ma anche nel testo cinquecentesco del teologo domenicano Arcangelo Caraccia da Rivalta.


IL MIRACOLO DELLA CERVA
Un'altro "miracolo" riguarda ancora una volta gli animali, in questo caso una cerva e anche questo ricorda più un prodigio pagano che un miracolo divino ed è arrivato a noi nella sua versione rimaneggiata durante il medioevo: Il santo eremita infatti doveva recarsi da uno dei due unici vescovi che esistevano in questa zona all'epoca, ossia ad Acqui (l'altro era a Tortona) e venne accompagnato da un giovane al quale però durante il cammino venne una sete veramente insopportabile. Allora Baudolino si mise a chiamare una cerva che miracolosamente uscì dal folto del bosco e lo ristorò con il suo latte freschissimo.

IL SUO MAGICO MANTELLO
Ancora un'altra volta il nostro eremita dovette recarsi dal vescovo, questa volta a Tortona che avendone sentite le prodigiose storie dal popolo lo mandò a chiamare. Il santo si mise in cammino ma ad ostacolarne il percorso si trovò il fiume: fu così che per attraversare il fiume Bormida il nostro futuro patrono non fece altro che stendere il suo magico mantello sulle acque e camminarci sopra come se niente fosse, arrivando miracolosamente dalla parte opposta.


San Baudolino di solito è rappresentato con sembianze episcopali storicamente impossibili, circondato da oche e cervi.

Baudolino quindi non è un santo che fa miracoli clamorosi, combatte il demonio o salva i peccatori, ma si occupa di cose molto più concrete come quelli che affliggevano i contadini dell'alto medioevo in una zona difficile come questa. L'unica volta che il Santo è chiamato a salvare il nipote di Liutprando non ci prova nemmeno e quello che è forse il prodigio più soprannaturale, quello del mantello, non ha nulla a che fare con la religione ma sembra una semplice dimostrazione di magia.

L'ICONOGRAFIA DEL SANTO
Il santo di solito è rappresentato come un vescovo con vestiti episcopali recenti, storicamente impossibili, immagine che quindi ci dà un'idea sbagliata, costruita nel corso dei secoli successivi. Nel medioevo le testimonianze realistiche si mischiarono con altre assurde come quelle in cui si dice che fosse stato anche vescovo di Alessandria anche se la sua morte risale a più di quattro secoli prima della fondazione della città! Oppure quella in cui si dice che intorno al 1200 fosse stato visto girare  sui bastioni per difendere il capoluogo durante un assedio. Per dare un'idea migliore del periodo in cui visse l'eremita è interessante visitare qualcuna delle chiese più antiche della zona che, anche se successive a Baudolino di qualche secolo, conservano i caratteri barbarici e oscuri di quei secoli come ad esempio le pievi di San Secondo a Cortazzone (di cui parliamo dettagliatamente qui: LINK) o di Santissima Trinità da Longi a Castellazzo. Queste chiese romaniche che probabilmente risalgono al  1000-1100 (non esistono nemmeno i documenti di fondazione) sono ancora legate profondamente ad un estetica che mischia caratteri celtici, longobardi e addirittura preistorici (vedere l'accoppiamento in stile particolarmente primitivo) e ci ricorda quanto dovessero essere remote e selvagge queste zone prima dell'anno 1000.

Pieve di San Secondo a Cortazzone (AT): Nodi e decorazioni "barbariche" più o meno ordinate, accoppiamenti rituali, animali mitici, simboli sessuali e altri incomprensibili. Il cristianesimo cerca di imporsi in modo ancora incerto tra le popolazioni locali attorno all'anno 1000 e quando non ci riesce si mescola, si sovrappone alle leggende locali di origine celtica e con credenze germaniche arrivate con i longobardi. Di questa chiesa parliamo dettagliatamente qui: LINK

L'immagine del santo quindi è stata "aggiornata" nel corso dei secoli, con vestiti episcopali, bastoni vescovili

APPENDICE: La chiesa di San Baudolino a Villa del Foro è dedicata anche a Santa Varena, altra santa le cui origini si perdono nel tempo e profondamente legata a prodigi soprannaturali. A lei è dedicata la pietra guaritrice con poteri taumaturgici di antiche origini pagane sulla quale è costruita la chiesa [LINK]

Bibliografia:
- Paulus Diaconus, Historia Langobardorum. Liber VI
- Giuseppe Amato: Vita di San Baudolino
- Umberto Eco: Baudolino

Links:
https://it.wikipedia.org/wiki/San_Baudolino

venerdì 31 ottobre 2014

Halloween, Samhain, Ognissanti, i Morti e i Santi.

Oggi, anzi questa notte si celebra in tutto il mondo occidentale la festa di Halloween.
E' da tanti anni che vorrei scrivere due righe su questa festa, ma poi aspetto sempre per fare una ricerca più approfondita, ma direi che è giunto il momento, riservandomi poi di aggiornare questo post.


Molti hanno preso in antipatia questa festa: qualche anno fa un assessore locale fece cancellare tutto quello che riguardava Halloween dagli eventi pubblici, anche se si trattava di feste dell'asilo. Le motivazioni erano religiose (la festa ha caratteristiche pagane o addirittura sataniche ma sicuramente poco cattoliche) e nazionaliste: Halloween è una festa importata dagli Stati Uniti! Questa cosa preoccupante, ricordava certi periodi nefasti che oggi stanno tornando sempre più attuali. Altri ancora detestano questa festa ancora perché viene dagli Stati Uniti, ma per motivazioni opposte: si tratta di imperialismo culturale. Per una volta vorremmo demolire queste teorie, visto che anche se presa superficialmente si tratta di un'allegra festa, un'occasione in cui divertirsi con gli amici e se questo non è abbastanza, basta documentarsi 5 minuti per capire che è molto più "nostra" di quanto non possa sembrare subito.


NOME: Certamente il nome ci è arrivato dai paesi anglosassoni, ma cosa significa? Semplicemente "notte di tutti gli spiriti santi", All-Hallows-Eve, nonostante la provenienza non è di origini germaniche ma celtiche, quindi niente di incredibile. E' esattamente la traduzione letterale di “Notte di Ognissanti” e In tutte le tradizioni europee (e non solo) in questi giorni (fine ottobre, primi di novembre) si pensava che i portali tra i mondi si riaprissero e che i morti tornassero tra i vivi. Questa idea è ovviamente sopravvissuta anche tra le feste cristiane, con i giorni dei santi e i giorni dei morti appunto. Questo periodo “magico” di apertura ha in questi giorni il suo picco massimo e dura fino all'epifania quando la Befana (o uno degli spiriti equivalenti della tradizione alpina) arriva e si riprende tutti gi spiriti erranti. Ma di questo parleremo un'altra volta.



FOLCLORE POPOLARE LOCALE: Ricordo molte storie personalmente: entrambe le mie nonne raccontavano (entrambe di origini contadine, una di Conegliano Veneto e una di un paesino dei colli Tortonesi) che quando erano piccole in queste notti fosse usanza lasciare piccoli doni e candele per i morti fuori dalla porta e anche fare piccole lanterne con zucche e rape. Un'altra cosa che ricordo, anche se un pò nebulosamente era quella di preparare un letto vuoto nel caso qualche defunto volesse tornare in casa. Diciamo che era la notte in cui "le porte" si aprivano e i cari estinti potevano ritrovarsi con i vivi. Ovviamente questa festa è stata cristianizzata, come molte altre ed è arrivata fino a noi. Bisogna dire che più che essere cristianizzata è stata inglobata nella religiosità popolare che in qualche modo riesce a conservarsi da millenni.

SAMHAIN e TRINOX SAMONI: Di solito si ricollega questa festa alla tradizione celtica. Come sappiamo non si può parlare di un popolo celtico, ma di una cultura celtica molto varia che si allargava in gran parte dell'Europa. Questo insieme di simili usanze e credenze fu, tra l'età del ferro e fino alla conquista romana, la cultura principale in Europa e si estendeva dalla Spagna alla Turchia, dalla Scozia all'Italia. Bisogna ricordare comunque i punti in comune tra i popoli detti celtici e gran parte delle popolazioni italiche le cui lingue erano molto simili così come usi e divinità. Tradizionalemnte si fa spesso l'errore di considerare i Celti un popolo del Nord simile ai Vichinghi, purtroppo. E' una credenza sbagliatissima, basti solo pensare che i Celti ebbero il loro massimo splendore tra il 700 e il 50 a.c. Mentre i Vichinghi si svilupparono in pieno medioevo grosso modo tra l'800 e 1050 d.c quindi c'è circa un migliaio di anni di differenza. In oltre anche se parliamo sempre di popoli indoeuropei, a livello di origine e cultura Celti e Romani erano molto più vicini che Romani e Greci o Celti e popoli nordici come si è soliti pensare. Basti pensare alla lingua: ci sono più somilianze tra il gaelico e il latino che non tra latino e greco. Nel numero 4 de “La Voce Degli Alberi” ad esmpio abbiamo parlato delle origini celtiche dei nomi dei principali fiumi della nostra provincia (il testo è leggibile sul nostro sito). Tutta questa introduzione serve a dire che anche se quando parliamo di questa festa, a parte il nome “cristiano” di Halloween o localmente Ognissanti, usiamo uno dei termini gaelici “Samhain” di origini inglesi, vedremo ora che è un termine molto più famigliare di quanto si possa pensare. L'unica vera testimonianza delle festività celtiche e del calendario che questi popoli seguivano, ci è arrivata direttamente tramite il Calendario di Coligny e sappiamo che la festa di Trinuxtion Samoni, o Trinox Samoni. il Samonions ed era una delle feste principali, forse la principale, il capodanno celtico, indicava comunque la vera fine dell'estate. Questo Calendario è inciso su una lastra metallica utilizzando l'alfabeto latino e rappresenta una delle pochissime testimonianze scritte dei Druidi. E' stato trovato nella località omonima ed è conservato nel museo Gallo-Romanio di Lione (a poco più di 3 ore di macchina da qui).

Ma l'origine Celtica non è la sola, infatti ad inizio secolo erano ancora vive simili tradizioni (e in parte lo sono ancora oggi) anche in parti d'Italia in cui l'influenza non è mai stata provata (Puglia) o addirittura inesistente (Sardegna, Calabria).

*** La zucca è arrivata da noi dopo la scoperta delle Americhe e quindi come facevano a fare le lanterne prima? Con le rape! Qui un video che insegna a fare una rapa di Halloween!