lunedì 11 marzo 2019

Le Dee Madri dell'Europa antica. 40 mila anni di rappresentazioni al femminile.

Il titolo è un pò ruffiano. Non tutte le dee antiche erano anche madri, ma di solito si chiamano così. Questo post parte dalla visita alla meravigliosa visita alla mostra "Donne, Madri, Dee" ai musei civici di Udine di inizio 2018. "Una mostra rilevante dal punto di vista scientifico, perché per la prima volta si raccolgono esempi rari e unici della produzione figurativa antica del Centro Europa e dei Balcani, e in qualche modo attinente e prossima anche per tematica: lo stesso Neumann nel 1981 considerava queste produzioni figurative “rappresentazioni della dea della fertilità…simbolo archetipico della fertilità e del carattere elementare, soccorrevole, protettivo, nutriente”.



Statuetta femminile - Ljubljansko barje, Solvenia - 2500 a.c. - Terracotta

40 MILA ANNI DI RAPPRESENTAZIONI AL FEMMINILE

Oggi come nella preistoria l'uomo esprime attraverso simboli la sua visione del mondo e della sua realtà interiore. Le analogie formali tra arte paleolitica e contemporanea nascono da identici procedimenti concettuali di astrazione. Da 40 mila anni iconografia e metafore appaiono immutabili. Donna, madre o dea, generatrice del figlio di Dio o corpo che si offre nella sua tragica nudità, la presenza della donna è costante attraverso i millenni.

La mostra si apre con uno degli oggetti più rappresentativi del Paleolitico italiano, la cosiddetta Venere di Savignano, scoperta a Savignano sul Panaro (Modena) e risalente a ben 25.000 anni fa e oggi conservata presso il Museo Nazionale Preistorico Etnografico “Luigi Pigorini” di Roma. Il materiale è il Serpentino.

Venere di Savignano - Savignano sul Panaro (Modena) 25.000 a.c.
La mia preferita, anche se più giovane di 20.000 anni è la statua femminile bicefala di Vho, trovata a Vho di Piadena (Cremona) e risalente ad un periodo compreso tra il 5500 e il 5200 a.c. Il materiale è la terra cotta ed è conservata al museo archeologico di Piadena (Cr).

Statuetta femminile bicefala di Vho - Vho di Piadena (Cremona) - 5500-5200 a.c.
Molte e incredibili sono le rappresentazioni in terracotta provenienti dai Balcani, come la serie appartenente alla Cultura di Vinca (LINK) che grosso modo vengono dall'attuale Serbia e che risalgono al 5500-4500 a.c.

Cultura di Vinca - 5500-4500 a.c.

Cultura di Vinca - 5500 - 4500 a.c.
Bellissime le due statuette provenienti da Bilcze Zlote, Ucraina facenti parte della cultura di Cucuteni-Tripolye e risalenti al periodo che va dal 4800 al 3000 a.c. conservate al museo di Archelogico di Cracovia in Polonia. Anch'esse in Terracotta. Ne ha parlato Marija Gimbutas e in effetti ricordano la "famosa" Dea Civetta. 

Statuette femminili di Bilcze Zlote, Ucraina - 4800 - 3000 a.c. - Terracotta.
Apartenente alla Cultura di Starcevo, ma proveniente sempre dalla zona serbo-croata è questa statuetta in terracotta più imponente del 5500 a.c.

Cultura di Starcevo - 5500 a.c. - Terracotta.
Mentre molto più astratte e più recenti sono queste tre rappresentazioni provenienti dalla Slovenia e dalla Croazia che risalgono a seconda, da un periodo che va dal 4300 al 2500 a.c.

Rappresentazioni provenienti da Slovenia e Croazia. 4300-2500 a.c. - Terracotta.

venerdì 8 marzo 2019

L'Alesia della Gallia Cisalpina: il genocidio dei Boi e degli Statielli.

(vai qui per conoscere le popolazioni pre-romane del Piemonte LINK)

I Romani, come ben sappiamo, consideravano l'Italia settentrionale un luogo selvaggio, costituito da monti, selve e paludi, abitato da galli bellicosi. Per questo, il territorio era conosciuto come Gallia Cisalpina e questa suddivisione rimase tale per secoli. Ancora ai tempi di Cesare il fiume Rubicone, nei pressi di Rimini, separava l'Italia dalle Gallie. Soltanto nel 45 a.c. I Cisalpini ebbero la cittadinanza romana. Tuttavia, specialmente nei territori del Nord Ovest, la romanizzazione non fu mai completa, nelle campagne le popolazioni continuarono a conservare usi e costumi propri fino ed oltre all'arrivo dei Goti e dei Longobardi e i centri romani si deteriorarono in gran parte dei casi già ben prima della fine dell'impero d'occidente. I territori che oggi chiamiamo appunto Italia del nord, Francia del Sud, parte della Svizzera, erano durante il primo millennio a.c. abitati da popolazioni Liguri, che nell'età del ferro parlavano lingue celtiche, adoravano divinità celtiche e che in alcuni casi diedero origine a culture particolari come quella di Golasecca. Probabilmente queste società furono il frutto di una serie di stratificazioni di migrazioni che si sovrapposero e si mescolarono a popolazioni preesistenti e che oggi vengono considerate all'origine della civiltà celtica, alla pari di quella di Hallstatt anche se con caratteristiche particolari proprie. Di queste popolazioni sappiamo molto poco. Gli storici romani si soffermano in poche occasioni su di esse e, in gran parte dei casi, non li distinguono bene dalle altre tribù transalpine che scavalcarono le Alpi dal IV secolo in poi. Quello che sappiamo è legato più che altro a guerre e battaglie, ai toponimi e a pochi ritrovamenti archeologici in un area che essendo stata tra le più intensamente abitate, coltivate e industrializzate d'Europa, ha lasciato ben poco da scoprire. Quel poco che è rimasto in molti casi non è stato scoperto o giace in piccoli musei di provincia dimenticati in quanto non romani o non “italici”. Sembra una provocazione ma chiunque frequenti questi musei sa che non è così. Gran parte della Pianura Padana venne quindi occupata dai Galli Boi (da cui Bologna), dai Senoni (Senigallia), dagli Insubri (Milano) e da altre tribù transalpine. Nel nord ovest le popolazioni autoctone resisterono o si mescolarono con le nuove. Di queste in molti casi sappiamo anche i nomi: I Taurini da cui ci è giunto il nome di Torino, i Salassi, i Cozi che con il Re Cozio restarono indipendenti fino addirittura a verso il 63 d.c. I Marici che probabilmente fondarono Pavia e il cui territorio occupava anche parte delle attuali province di Piacenza, Alessandria (Petra Mariciorum l'attuale Pietra Marazzi alle porte di Alessandria) e Asti.

La Gallia Cisalpina con i nomi di alcuni popoli celtici pre romani.

Prima di Alesia: Il genocidio dei Boi e il massacro degli Statielli
: come dicevamo sopra, tra le poche cose che ci sono pervenute attraverso le testimonianze degli storici latini, ci sono le cronache di alcune campagne militari. Tra le più significative c'è quella condotta contro alla tribù degli Statielli, stanziati nell'odierno Piemonte meridionale in quella che oggi è la provincia di Alessandria. Più esattamente questa popolazione occupava la zona a sud del Tanaro compresa tra Acqui Terme (Aquae Statiellae, oggi identificata con la loro capitale Carystum) e Tortona. I romani dai tempi del Sacco di Roma di Brenno guardavano con preoccupazione ai galli che vivevano al di sopra dell'appennino e che continuarono ad allearsi con altre popolazioni italiche e non per cercare di sconfiggere la nuova potenza. La situazione divenne più critica con le guerre puniche e i romani sempre più potenti iniziarono una serie di azioni militari. Tra le più famose quelle in Emilia contro ai Boi che dopo anni di battaglie ebbero il colpo di grazia verso il 190 a.c. Da parte di Cornelio Scipione Nasica che Massacrò, secondo le fonti, 28.000 Galli. I sopravvissuti (vecchi e bambini) trasformati in mano d'opera e il bottino (armi, oro, 1471 torques, argento, 1230 cavalli, ecc... ) portato a Roma. Bononia (Bologna) la loro capitale, viene ridotta a colonia nel 189 a.c. Interessante ricordare Monte Bibele, sempre nei pressi di Bologna in cui prosperò una singolare società mista Etrusco-Celtica che venne probabilmente annientata nello stesso periodo.

Accampamento gallico.

Più difficili da estirpare erano appunto le popolazioni gallo-liguri a ovest, arroccate sulle montagne. Prima toccò agli apuani e poi via via ad altre popolazioni che non volevano “stare tranquille”. Le prime Colonie sono quelle di Luni e Lucca, ma tutto il territorio intorno ribolle di ribellione. I galli si riprendono anche Mutina (Modena) senato proclama lo stato di mobilitazione (tumulus gallicus et ligustinus). Nel 175 I Friniati con altre popolazioni galliche confederate (Garuli, Ergati, Lapicini e gli Apuani superstiti) Devastano Luni e Pisa. Purtroppo la ribelliione verrà placata dal console Publio Mucio Scevola e i Friniati annientati da Quinto Petilio Scurino. I sopravvissuti vengono resi schiavi o sono costretti a fuggire sulle montagne impervie. Più a Nord ci sono però le altre popolazioni che continuarono a regnare nelle loro fredde terre ancora estranee ai Romani. Tra di essi, appunto, gli Statielli, che grosso modo (e in modo molto meno definito di quanto possiamo pensare oggi) occupavano un area triangolare che andava da Alessandria e Castellazzo a nord all'appennino ligure a sud.


Vivevano di agricoltura e pastorizia ma anche di commercio tra il nord e Genova e questo li aveva convinti a restare tranquilli. Questo però non fermo Marco Popilio che inizio una vera e proprio campagna di sterminio e massacrò 10.000 nemici e ne fece prigionieri a centinaia, perdendo appena 3.000 uomini. Gli altri Liguri si arresero a Popilio, che comunque distrusse la loro città, vendendone le proprietà. Ma il fatto fu così grave che il Senato per la prima volta, offeso dal fatto che Lenate avesse attaccato un popolo senza essere stato provocato, gli impose di ridare ai Liguri le loro case e le loro proprietà. Popilio si rifiutò di obbedire e ne nacque un forte contrasto con la massima assise repubblicana. Alla fine Popilio tornò nella sua provincia senza l'appoggio del Senato. L'anno successivo continuò a combattere contro gli Statielli, uccidendo ancora più di 6.000 persone in battaglia. Ciò provocò la rivolta di tutti i Galli della Liguria interna, provocando la dura reazione del Senato. Nonostante tutto ciò, nel 159 a.C. Divenne censore, insieme a Publio Cornelio Scipione Nasica Corculo. I sopravvissuti liberati si trasferirono in altre aree della zona. Ancora oggi molti paesi della zona conservano la radice Car legata a Carystum come Cartosio, Caranzano, Carrosio e il quartiere Cristo di Alessandria ad esempio. La capitale invece venne ricostruita dai Romani come Aquae Statiellae (Acqui Terme) che divenne uno dei centri termali più rinomati dell'impero.