Visualizzazione post con etichetta streghe e masche. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta streghe e masche. Mostra tutti i post

sabato 15 giugno 2024

MASCHE E MASCONI: 6) Ancora masche che sono gatti e altri animali.

>>> Vedi l'indice dei post dedicati alle storie di MASCHE E MASCONI!

IL GATTONE NERO DELLA VAL SUSA. In un villaggio di pastori in Val Susa viveva un grosso e paffuto gatto nero come la notte senza luna. Era amato da tutti e veniva ospitato e accarezzato per il suo bellissimo pelo e per la sua simpatia. In inverno entrava nelle case con il focolare acceso dove le gente si trovava per scaldarsi e per raccontarsi storie e si sedeva sulle gambe di  tutti benvenuto. Proprio durante una di queste sere gioviali nella stanza qualcuno disse: "Ruin l'est mort!" (Ruin è morto!) Nessuno capì subito cosa volesse dire quella frase pronunciata nel buio della sera ma il gatto si alzò di colpo, come fanno i gatti delle volte e, nella meraviglia di tutti parlò, pronunciando queste parole: "Ruin l'è mort, a toca mi!" (Ruin è morto, tocca a me!). Detto questo il gatto scomparve. Ruin era il nome di un Mascone di cui si parlava in valle e che essendo morto lui, il gattone avrebbe dovuto prendere il suo posto.

Questa storia è molto interessante perchè al contrario delle altre non vede una masca trasformarsi in gatto, ma, esattamente al contrario un gatto diventare mascone!

Il gattone Nerone che viveva con i miei genitori fino a qualche anno fa, mi viene sempre in mente quando penso al gattone masca della Val Susa.

LA VALANGA DI PIAMPRATO, I TRE DIAVOLI. esistono diverse versioni di questa leggenda con diavoli, animali magici, ecc... Ci troviamo in Val Soana, una delle valli franco-provenzali del Piemonte sul versante sud del Gran Paradiso. Del torrente che da il nome alla valle ne avevamo parlato anche nell'articolo sugli idronimi di origine celtica in Piemonte (LINK) ed è praticamente omonimo della Sanna e della Saona in Francia e deriverebbero dalla dea gallica Sequana. Il fatto in questione avvenne nel 1711, il 14 o il 17 maggio a seconda delle leggende. La storia più popolare dice che gli abitanti di Pianprato non fossero dei bravi cristiani, c'è chi dice che si affidassero ancora ai loro idoli alpini pagani, chi dice che in mancanza di preti che arrivassero lassù, si arrangiassero con rosari, preghiere mischiando con le pratiche superstiziose, sta di fatto che per questo vennero puniti. Sulle tre cime principali si posizionarono tre "diavoli" o masche: un gatto, un cane e un gallo che fecero nevicare giorno e notte per tre giorni. Quelli che erano scesi a valle non riuscirono a tornare a casa sia per la neve sia perchè erano stati fermati dai paesani più in basso che li avvertirono che stava succedendo qualcosa di strano e oscuro. Fu così che una grandissima valanga si staccò dalle cime dei diavoli e sommerse completamente il paese di Valprato (che sembra si trovasse dove oggi c'è la Grange Prariond) distruggendolo. I paesani sopravvissuti lo ricostruirono più in basso dove oggi si trova. Questo sembra sia vero, infatti tutte le case nel nuovo paese recano date posteriori al 1711. 

LA SECONDA VERSIONE, LA VENDETTA DEGLI ANIMALI. Un'altra versione della leggenda (che mi ricorda alcune leggende giapponesi o asiatiche) dice che nel paese di Piamprato abitasse gente cattiva che si comportava in modo crudele con le persone e con gli animali della valle. Fu così che in quella primavera del 1711 furono visti alcune bestie (anche in questo caso gatti, cani e un gallo) che portavano curiosamente con piccoli sacchi la neve in cima alla montagna. Questi animali, probabilmente masche stavano preparando la punizione per la gente del villaggio che infatti come nella storia precedente venne colpita dalla terribile valanga. Esiste anche una bizzarra terza leggenda che spiega la scomparsa del vecchio paese di Piamprato: quest'ultima narra di una cavaliere in armatura che, mandato dal Signore, si presentò per punire i paesani che non seguivano la religione nel modo giusto.

IL MASCONE CHIOCCIOLA DEL BELBO. Nelle zone paludose del torrente Belbo che si trovavano poco prima della confluenza con il Tanaro nelle vicinanze di Villa del Foro si dice si trovassero delle antiche pietre dove si trovavano tantissime lumache. Era questa proprio la zona in cui nell'alto medioevo vagava San Baudolino meditando e compiendo miracoli. I cristiani più fedeli evitavano quella radura con le pietre considerata luogo di ritrovo di masche e diavoli ma vista la fame che i popolani della zona nei secoli scorsi c'era sempre qualcuno che, senza farsi vedere, ci andava per lumache. Un giorno un uomo di nome Bianchin vi ci si recò dopo una grande piovuta mentre un grandissimo arcobaleno sembrava indicasse proprio il luogo con le grandi pietre che si ergevano da suolo. Le lumache erano così tante che non gli bastò la borsa che aveva portato, ma su una pietra piena di coppe piene dell'acqua piovana ne trovò una così grande e di un colore così bello che non aveva mai vista. Presa anche quella tornò a casa a mise le lumache a spurgare. Durante la notte si senti un gran baccano e la moglie alzandosi trovò uno stranissimo personaggio dalla pelle viscida e grigia che gli disse che se avrebbe voluto ritrovare il marito sarebbe dovuta andare a cercarlo alla radura delle pietre. La mattina seguente la donna si svegliò all'alba e seguendo la traccia bavosa delle lumache trovò il posto senza problemi. Qui sulla pietra centrale con i fori vide la grande Chiocciola che, con sua grande sorpresa iniziò a parlare: "Eccoti! Tuo marito è qui con noi ora, puoi cercarlo tra le mille lumache, ma non sarà difficile riconoscerlo"! Il personaggio che aveva visto la notte precedente era il Mascone delle chicciole, il re delle lumache e aveva trasformato il marito che voleva mangiarselo in uno di loro. Da quel giorno la donna non cucinò più nessuna lumaca e divenne protettrice della radura, considerata pazza dagli altri paesani. Esistono altre leggende riguardarti questo luogo in cui era possibile fare incontri poco piacevoli e che le persone più assennate si guardavano bene dal visitare. Si dice che un giorno le pietre siano state rimosse definitivamente ma sia ancora oggi possibile vederle utilizzate per la costruzione di vecchie case a Villa del Foro. Forse la famosa Pietra di Santa Varena veniva proprio di li ed è certo che poco distante dalla chiesa ancora oggi sia visibile, usata come paracarro un'altra pietra muschiosa sulla quale sono visibili diverse coppelle. vedi: pietra-coppellata-di-villa-del-foro


Bibliografia:
Leggende delle Alpi - Maria Savi Lopez
Tanto tempo fa... - leggende, canzoni e strane storie in Piemonte - Marta Salvi Villa
Foglio della conferenza su Masche e Masconi - Castelnuovo Belbo 1973

Links:



venerdì 14 giugno 2024

MASCHE E MASCONI: indice dei post:

Per cercare post riguardanti questo argomento si può cercare una delle seguenti tag nella casella di ricerca qui a destra: #masche o #MASCHE E MASCONI. Comunque abbiamo scritto una serie di past collegati che andranno ad arricchirsi sempre più negli anni e che potete scegliere semplicemente qui sotto:



1 MASCHE E MASCONI: 1) Chi è la masca?
2 MASCHE E MASCONI: 2) La masca Micilina
3 MASCHE E MASCONI: 3) "Le pietre delle masche"
4 MASCHE E MASCONI: 4) Frati, preti "masca" e preti maghi.
5 MASCHE E MASCONI: 5) Animali magici: gatti, pecore, capre... che sono masche.
6 MASCHE E MASCONI: 6) Ancora masche che sono gatti e altri animali.

in aggiornamento.


sabato 25 febbraio 2023

MASCHE E MASCONI: 5) Animali magici: gatti, pecore, capre... che sono masche.

>>> Vedi l'indice dei post dedicati alle storie di MASCHE E MASCONI!

oppure Leggi tutti gli altri post taggati come: MASCHE E MASCONI

Abbiamo già parlato di masche e gatti per quanto riguarda quella che è la masca forse più famosa, Micilina (LINK) qui sotto ho cercato di raccogliere alcune storie che testimoniano il rapporto tra queste figure e gli animali. Questa è una caratteristica che ricorre in molte storie di streghe in tutta Europa e non solo, ma come già detto, la figura della masca è particolare per questo suo legame più marcato con la natura, con un animismo che torna. Sia le masche che la natura (nelle storie di questo post gli animali) hanno sempre caratteristiche più o meno negativa, tutto quello che non è umano è stato adombrato da un Cristianesimo antropocentrico che vede in tutto quello che non è umano (e donna...) qualcosa di maligno, tuttavia in queste storie gli animali tornano ad essere dei soggetti importanti e vengono trattati, anche se con timore o disprezzo, quasi alla pari.

I GATTI DEL MASCONE: Per scendere a Cossano il signor Rovetta (classe 1918) prendeva una scorciatoia per fare prima, un giorno in piena estate passò davanti ad un bel fico pieno di grossi frutti e pensò che tornando a casa la sera, con il buoi, ne avrebbe presi due o tre. Più tardi, sulla via del ritorno, il signore trovò l'albero pieno di gatti, ce n'erano almeno venti ed egli si domandò come potessero esserci tutti quei gatti in quella frazione. Fu allora che si ricordò che il padrone di quella casa era conosciuto per essere un mascone, temuto perchè faceva la fisica e quindi scappò velocemente, perdendo il cappello. Alcuni giorni dopo sul sentiero, il signor Rovetta incontrò la moglie di quell'uomo che, misteriosamente lo riconobbe e gli restituì il cappello. (testimonianza diretta del 1989 dal libro MASCHE di Donato Bosca e Bruno Murialdo)

LA GATTA DI OVIGLIO: tra le storie che si raccontavano vicino alla stufa nelle fredde sere d'inverno c'era quella di quel paesano che tradiva la povera moglie Rosina con un'altra donna più giovane. La moglie era una donna che non si lamentava mai, lavorava l'orto e preparava zuppe al marito con erbe che lei stessa raccoglieva nei campi a volte anche la sera in particolare durante il plenilunio. Questa era l'unica libertà che si prendeva la donna. Il marito usciva e invece di andare in taverna incontrava l'altra ragazza tra i cespugli sul Belbo. Una sera di luna piena, mentre tornava a casa sul sentiero ebbe la sensazione di essere seguito e girandosi vide una gatta nera dietro di lui. Da allora l'incontro si ripeté più volte e a casa con la moglie andava sempre peggio, Rosina non parlava più. Una sera di primavera, illuminata dalla luna piena dopo l'incontro con la ragazza apparve di nuovo la gatta che fissava l'uomo dall'alto di un muro di mattoni, il quale innervosito dalla situazione prese una pietra e la colpì proprio sulla testa e poi corse a casa per la cena, ma la moglie non c'era. I'uomo, di cui non sappiamo il nome, pensò che, vista la sera di luna, la moglie fosse uscita per andare a raccogliere erbe ma al mattino la trovò con un occhio nero, disse che era scivolata nel bosco. La gatta era proprio la moglie masca che lo aveva seguito e che lui aveva colpito. L'uomo da quella sera non vide mai più altre donne.

*Oviglio fu uno degli otto insediamenti, chiamati statielli, che contribuirono alla fondazione della città di Alessandria nella seconda metà del XII secolo. Quando Alessandria fu fondata, si formò dall’unione di diverse località, tra cui Gamondium (Gamondio), Marenghum (Marengo) e Bergolium (Bergoglio). Questi luoghi si unirono per creare la nuova città. Oviglio, insieme ad altre località come Roboretum (Rovereto), Solerium (Solero), Forum (Villa del Foro), Vuilije (Oviglio) e Quargnentum (Quargnento), contribuì alla nascita di Alessandria.

IL MASCONE DEI BUOI: ci troviamo ancora a Cossano, il signor Chichinet era uno strano zoppo, in certi giorni aveva bisogno di un bastone in altri no. Il suo potere più impressionante però era quello di bloccare i buoi che passavano davanti a casa sua. I carri trainati da questi maestosi animali venivano bloccati da un'energia misteriosa e non c'era verso di farli ripartire. A quel punto l'unica cosa da fare era andare da lui, chiedergli per favore di torgliere l'incantesimo, allora lui usciva, toglieva il basto o il giogo ai buoi, li faceva camminare un po' e loro ripartivano. (testimonianza diretta del 1986 dal libro MASCHE di Donato Bosca e Bruno Murialdo)


LE TRE PECORE MASCA: una storia ricorrente è quella delle tre pecore masche. Apparivano di notte oppure a mezzo giorno lungo il sentiero e bloccavano il cammino dello sfortunato viandante. Nel paese di Frave le tre pecore comparivano con grande frequenza e il signor Pio (1904) racconta che delle volte non erano visibili a tutti. Il suo amico Filipin una volta le vide, mentre erano insieme ma a lui restavano invisibili, mentre l'amici non poteva più muoversi.


ANCORA UNA MASCA PECORA: nei dintorni di Dogliani, ancora pochi decenni fa si raccontava di questo anziano cercatore di tartufi, che mentre si trovava nel bosco con il suo cane e stava scavando per estrarne uno grosso, venne aggredito da una pecora con grandi corna spuntata dai cespugli. L'animale aveva preso a incornarlo, sembrava che non volesse che prendesse il tartufo e lui in difficoltà dovette picchiare forte sulle zampe con un bastone. L'anziano, colpito dallo strano comportamento, pensò che la pecora dovesse proprio essere una masca! Alcuni giorni dopo incontrò la moglie di un altro paesano, una donna che si diceva essere cattiva, che zoppicava e capì che lei doveva proprio essere la pecora che lo aveva aggredito.

LA MASCA DALLA CODA ROSSA: un'altra storia che si raccontava tra Langhe e Monferrato e che ha a che fare con pecore (agnellini) che bloccano il sentiero, masche che riportano le stesse ferite degli animali, è quella di una povera bambina di una numerosa e povera famiglia che venne " ammascata". Una volta mentre era con la mamma incontrarono una vecchina che tutti pensavano fosse una masca, la quale, salutandola la toccò. Da quel giorno la piccola iniziò ad avere dolori e a piangere, così venne chiamata una settimina che prescrisse numerosi rituali, pozioni e formule magiche. La bambina venne fatta passare per tre volte sotto la pancia di una capra, si fece una pomata con cui si facevano degli impacchi che dovevano essere accompagnati dalla formula Ciat-Fat detta tre volte. La bambina però non migliorava e la famiglia venne aiutata dai vicini benestanti che la portarono da un medico, il quale si rese conto che c'era un grave problema di denutrizione. Ma non è finita: lo zio Filippo, tornando dal mercato sul sentiero incontrò un agnellino che saltellando e belando gli bloccava il passaggio. Così per passare il viandante diede una bastonata all'agnello che belando disse: "dammene un'altra" e così fece. Il giorno dopo in paese la Masca Codarossa venne vista con una spalla rotta. 

giovedì 5 maggio 2022

MASCHE E MASCONI: 4) Frati, preti "masca" e preti maghi.

>>> Vedi l'indice dei post dedicati alle storie di MASCHE E MASCONI!

oppure Leggi tutti gli altri post taggati come: MASCHE E MASCONI

INTRODUZIONE: Vicino alla figura della Masca, c'è un altro personaggio, generalmente maschile, che ricorre molto spesso nel folklore piemontese: il "Prete Masca" o Frate Stregone... o comunque quella di un ecclesiastico che allo stesso tempo, più o meno segretamente, pratica la magia. Ci sono anche alcuni casi di suore o monache dello stesso tipo, meno frequenti e a cui in futuro dedicherò un post a parte per non complicare troppo le cose. Dopo anni di ricerca su questo tipo di argomenti voglio comunque fare una precisazione prima di iniziare: come per le masche o per la stregoneria, si parla di storie che hanno un grande valore antropologico anche se molte volte vengono relegate nel folklore e snobbate, ma allo stesso tempo bisogna trattarli considerando il contesto e considerando tutte le possibili implicazioni. C'erano probabilmente dei veri e proprio mistici, c'erano guaritori di campagna o persone sante legate agli antichi culti rurali che in qualche modo sopravvivevano nelle campagne, che per semplicità, ignoranza o per onestà non avevano problemi a trattare sia all'interno della chiesa che in ambito "popolare". Però c'erano anche moltissimi furbi, gente che come viene fuori da certe storie non aveva problemi ad approfittarsi della "creduloneria" popolare per i propri interessi. C'erano poi quelli che veramente facevano "il male": siamo abituati a pensare che questi personaggi che si muovevano tra le classi più basse e oppresse fossero sempre i buoni, un po' perché, politicamente, per anni sono stati presi ad esempio della lotta contro il potere della chiesa, un po' per le influenze new age che sia nel bene che nel male fanno parte della nostra cultura contemporanea. E poi c'è sempre il contesto, più o meno rurale ma generalmente di grande miseria.


LA COMPLICATA SITUAZIONE PIEMONTESE: come già visto nel post precedente dedicato (leggi: La difficile cristianizzazione del piemonte) l'avvento del cristianesimo non fu un processo semplice, veloce e nemmeno netto. In Piemonte, in particolare, avvenne in diversi momenti e se nelle città sorte in epoca romana sorsero mano a mano importanti chiese durante il medioevo e la nuova religione si sovrappose in modo più o meno totale, nelle campagne il processo fu molto più complesso (valli alpine, Monferrato, Lange, ecc...) con momenti di grande contrasto e l'arrivo di missionari da ogni parte d'Europa che portarono al sorgere di santuari, ma anche con momenti di maggiore confusione e sincretismo in cui però i culti pagani celtici, romani, barbarici e cristiani convivevano più o meno apertamente. E' per questo che è ancora oggi difficile decifrare personaggi e santi alto-medievali della zona come San Baudolino (LINK) la cui figura si perde più nel folklore che nella storia mancante di zone che fino all'anno 1000 e oltre erano completamente selvagge e che anche se sono ricordati come santi, erano strettamente legati alla natura e ai caratteri soprannaturali della religiosità popolare. Ed è anche difficile comprendere anche per noi contemporanei l'arte presente nelle chiese di campagna come quella di San Secondo a Cortazzone (LINK) o il motivo per cui il "cristianizzato" culto di pietre e sorgenti (per dirne due) sia sopravvissuto fino al secolo scorso. 

I PERSONAGGI: Se a livello locale all'inizio dell'era cristiana ricordiamo grandi martiri divenuti santi per la loro resistenza al paganesimo, durante l'alto medioevo appunto incontriamo ancora santi, molte volte con origini e vite che si perdono nella leggenda che come si è visto avevano una posizione non sempre chiarissima o altri santi e madonne che sembrano comparire appositamente per sostituire divinità e spiriti pagani locali legati a località o elementi naturali. Questo in realtà continuerà a lungo nelle campagne con le "Madonne della Neve" e le edicole varie. E' passato troppo tempo e la situazione nelle campagne era molte volte troppo primitiva per consegnarci le storie di personaggi più popolari come quelli di cui parleremo adesso, ma penso che questo lungo cappello introduttivo fosse d'obbligo per chi non ha ben chiaro quale fosse il contesto religioso popolare locale nel corso dei secoli.

IL PARROCO DI OGGEBBIO: Una delle storie più antiche ci giunge dal 1472 dal novarese ed è veramente emblematica della mentalità religiosa dei nostri avi di quel periodo finendo per smascherare la natura stregonesca del curato. Era un anno di terribile siccità e per propiziare la pioggia gli abitanti del villaggio sul Lago Maggiore decisero di organizzare una processione da Oggebbio alla cappella sul Monte Zeda. Per rendere più potente il "pellegrinaggio" tutti i paesani avrebbero dovuto partecipare camminando scalzi e a digiuno. Il parroco, che sembra non fosse molto ben visto dalla popolazione perché non abbastanza forte, arrivati alla cappella celebrò la messa, ma usò si dice, parole di stregoneria. Fatto sta che tornati al paese la pioggia arrivò davvero, ma con un temporale così forte che prese a grandinare rovinando quello che era rimasto del raccolto. Bisognava trovare il colpevole che ovviamente era il curato. Fu così che la popolazione si mise d'accordo per sacrificare la vittima: venne organizzato un gioco alla festa del paese: bisognava prendere con la bocca delle monete d'oro sul fondo di una botte piena d'acqua avendo le mani legate dietro la schiena. Quando fu il turno del prete venne spinto dentro e poi buttato con tutta la botte nel lago. Fatto sta che la vittima riuscì a liberarsi e ad attaccarsi ad una barca con le mani, ma il proprietario di quest'ultima colpì il prete con un remo mozzandogli le dita e facendolo annegare. La leggenda narra però che il Prete-stregone riuscì comunque a vendicarsi e tutti i discendenti del pescatore nacquero senza le falangi delle dita.

Una vista di Oggebbio oggi.

I PRETI "SCIAMANI" DELLA VALLE D'AOSTA: anche le storie che ci vengono dalla Valle su questo argomento sono particolarmente interessanti perché narrano storie straordinarie ma nello stesso tempo ordinarie per i valligiani dell'epoca di Preti maghi che però ricordano da vicino i poteri dei santi sciamani che ancora oggi si trovano nelle valli himalaiane e nelle zone rurali di alcuni paesi asiatici. La prima storia di cui non sono riuscito a trovare molti particolari è quella del prete fantasma di Pracharbon nelle vicinanze di Brusson, il quale riusciva a celebrare messa ai suoi paesani anche quando non era più dotato di un corpo! La storia seguente parla del prete di  Ayas il quale aveva un libro segreto, analogo al famoso libro del comando che molte masche possedevano ma che lui usava solo per opere sovrannaturali benefiche. Bisogna sottolineare come questo sia uno dei pochissimi casi in cui, come successe ad esempio con l'arrivo del buddismo nelle valli tibetane nei confronti dei demoni locali, il cristiano non distrugge le credenze demoniache precedenti ma le piega e converte alla sua volontà. La leggenda poi ci dice che una volta dimenticò per distrazione il libro incustodito in chiesa che venne trovato e aperto da alcuni ragazzi uno dei quali fece in tempo a leggere una delle formule per evocare alcuni spiriti che prontamente si materializzarono facendo un gran baccano. Fortunatamente il prete arrivò e riuscì a mettere a posto la situazione grazie alla sua conoscenza della magia e ad uno stratagemma particolare. Butto a terra dei semi di segale e dei semi frumento e chiese ai diavoli di dividerli secondo il tipo. Mentre gli spiritacci erano impegnati a fare questo lavoro il nostro "mago" trovò le parole giuste per convincerli ad andare a spaccare le montagne armati solo di uno spillo. I più agitati vennero mandati a Sarèza ed è per quello che ancora oggi ogni tando si sente un masso rotolare giù di li. Il terzo racconto è quello del prete mago di Pontey, il quale era noto per le sue capacità di "fare la fisica" qualità ben accettata dai suoi parrocchiani che però nel periodo di fienagione disertavano numerosi la messa. Fu così che decise di trasformarsi in un grosso e feroce lupo e corse tra i campi terrorizzando i contadini che facevano il fieno. Uno di essi però facendosi forza riuscì a colpirlo con forza mozzandogli quasi una zampa e mettendolo in fuga. Il prete comunque era molto ben visto anche dalle autorità e dopo alcuni giorni venne trasferito ad Aosta dove mentre diceva messa, nello sbigottimento generale, perse una mano. Di questa storia ne esiste una versione quasi identica ambientata però ad Oyace. Ci sarebbero tantissime cose da dire su questa storia, ad esempio che sia la capacità di "fare la fisica" che quella di trasformarsi in animali a piacimento erano caratteristiche tipiche delle masche. Un'altra e più notevole è quella che come ci dice Roberto Gremmo nel suo meraviglioso libro Streghe e Magia: "nell'immaginario valdostano la trasgressione magica non viene vista come colpa (e aggiungo io, nemmeno come una cosa negativa), ma come parte integrante, quasi necessaria ed indispensabile, dell'esperienza religiosa".


IL PRETE STREGONE DI MUZZANO: era circa il 1621 quando l'inquisitore Don Velotti, durante le indagini che avevano come oggetto alcune masche di Graglia si imbatté in qualcosa di ancora di più incredibile: un sacerdote che non solo le voci popolari davano come collaboratore delle donne indagate ma che praticava normalmente fatture e diavolerie varie. Si trattava di Don Simone Rondoletto (o del Chioso) cappellano della confraternita del S.Rosario e S.Croce a Muzzano di anni 48. Don Giuseppe Ferraris che si occupò della sua storia in "Magia e superstizione nel biellese del seicento" (1937) lo descrive come un sempliciotto di campagna che praticava la magia popolare non per malvagità ma per via delle sue origini campagnole umili e per ignoranza del canone ecclesiastico. Questa osservazione secondo me da una immagine abbastanza chiara di cosa dovesse essere ancora la religiosità popolare rurale nel 1600! Tuttavia il Gremmo nota come questa descrizione sia troppo semplicistica e probabilmente in effetti bisogna tenere presente che venga da un altro prete che forse voleva minimizzare questo tipo di fenomeni non così inusuali nella chiesa di quei tempi. Comunque interrogato Don Rondoletto da l'idea di essere più vittima di accuse (anonime) dovute al suo essere diverso e legato a un mondo ormai passato. La testimonianza è davvero interessante: egli dice di avere imparato le sue pratiche e le sue formule da un misterioso "padre heremita" che aveva incontrato sul ponte della Dora durante un viaggio a Torino. La descrizione è molto dettagliata: l'eremita, identificato anche come druido nel folklore era un uomo di circa 50 anni, con una lunga barba bianca, i capelli castani che si stavano imbiancati, scalzo, vestito con una tunica di panno grigio con il cappuccio cinto con una corda.
La storia è molto complicata, con testimonianze dirette del prete, accuse del popolino anche anonime, una cosa molto interessante è che tra le sue capacità sovrannaturali c'erano le classiche delle masche, ma sempre dirette al bene, a guarire le malattie, fare medicamenti, fermare le tempeste, ma soprattutto la capacità di portare la pace tra i contendenti di un duello, di disarmare gli aggressori. Considerando la nomea di druido attribuita all'eremita la storia ha ancora più senso visto che ai druidi era attribuita da Cesare proprio la capacità di portare sempre la pace nei duelli e nei campi di battaglia. E' uno di quei casi in cui la testimonianza non manca di dettagli anzi sappiamo anche come il prete fosse in grado con la magia di fermare la febbre nei malati, che anch'egli avesse un libro del comando (in particolare la formula per fermare le tempeste era: "in principio erat verbum" scritto in cerchio), sappiamo anche le ricette di alcuni unguenti medicamentosi fatti di erbe e bava di lumaca, ad un certo punto come sempre iniziano le testimonianze classiche e banali, ma resta il fatto che la quasi totalità delle accuse riguardi sortilegi a fin di bene. Sembra anche che dietro al prete in realtà ci fosse un sarto di Graglia, molto meno onesto di nome Enrico Borrione che era il vero proprietario del libro del comando e che praticava sortilegi e rituali che oggi definiremmo di "magia nera". La storia si complica ulteriormente, si ricollega con altri processi a Masche del luogo ma se volete saperne di più vi consiglio di guardare la bibliografia a fondo pagina. Nelle cronache si vede che pochi anni dopo Don Rondoletto non era più in carica, ma non esistono testimonianze di come sia finito il processo. Probabilmente fu allontanato per non andare a scavare ulteriormente in quello che succedeva nel clero di posti ancora così lontani e vicini alla tradizione popolare. 

IL PRETE MASCA DI BUSANO: questa volta ci troviamo nel canavese del 1603 dove il prete Giuseppe di Busano era conosciuto anche come mascone perché, si diceva, praticava la stregoneria, la fisica e le arti negromantiche. In una lettera, il curato, scrisse al signorotto locale, tale conte Ludovici di Rivara, discolpandosi e lamentandosi di essere calunniato dai popolani e che non era stata sua la colpa della grandine che quell'anno aveva distrutto i raccolti, ma "dell'iniquità degli uomini" per cui erano stati castigati dal Cielo. 


IL PRETE MASCA DI MONDOVI' E LA SUA DRUIDA: di questo abbiamo già sbrigativamente parlato per quanto riguarda la "Druida" nel post sulle druidesse (LINK). Si tratta di una strana vicenda avvenuta nella prima metà del 1600 che aveva come protagonisti principali tre personaggi: il governatore di Mondovì Carlo Operti, la famosa Druida che viveva con lui e che lo serviva eliminando chiunque gli si mettesse contro usando le arti diaboliche più terrificanti e il prete masca Giovanni Gandolfo che viveva nel monastero di Vicoforte e con la Druida aveva uno strano rapporto. Anche in questo caso per quanto riguarda la donna detta la "Druida" si parla di veleni ottenuti dal sangue di giovani chiusi in sacchi pieni di vipere, bambole di cera per malefici, neonati e gatti neri squartati, tutte le classiche imputazioni usate per condannare le streghe e che se volete conoscere nei particolari troverete nel bellissimo libro del Gremmo (Streghe e magia). Quello che è veramente interessante di questa storia è che il termine druida venisse popolarmente usato nel Piemonte di inizio '600 e che quindi, probabilmente trasformata in qualcosa di simile ad una strega, la figura dei druidi e delle druidesse (interessante anche il fatto che in molti casi si tratti di figure femminili) fosse ancora vivo nell'immaginario popolare di quell'epoca anche da queste parti, prima del revival in terra britannica. Comunque, per tornare in tema, l'altra figura interessante di questa storia è il prete Giovanni Gandolfo. Sappiamo che non si faceva troppi problemi a praticare i suoi studi di astronomia e astrologia, la divinazione e, si dice, la stregoneria. In molti infatti lo consideravano un mascone ed è interessante vedere come figure di questo genere fossero abbastanza "normali" anche all'interno del clero. Il prete era così a suo agio che addirittura nel 1648 pubblicò un almanacco astrologico con le sue predizioni in cui incautamente vedeva unfuturo infausto Carlo Emanuele II e per la Madama Reale. Il '600 non era di certo il periodo giusto per una cosa del genere anche se il Piemonte era una zona particolarmente tollerante rispetto ad altre zone d'Italia e d'Europa, infatti tali predizioni vennero interpretate come una possibile congiura e poi, in seguito alla scoperta della sua amicizia con la Druida, anche come un attacco occulto dalla Duchessa e alla famiglia reale. Il prete tentò la fuga, ma venne preso e rinchiuso a Torino dove venne probabilmente strangolato prima di essere giustiziato in seguito ad un processo che resta avvolto nel mistero. 


Bibliografia essenziale:

"Streghe e Magia" di Roberto Gremmo (edizioni ELF Biella)

"Sui sentieri della leggenda" di Massimo Centini (l'arciere)

Articolo di Roberto Gremmo in cui si parla anche del Prete di Muzzano: https://www.newsbiella.it/2017/08/06/leggi-notizia/argomenti/biellese-magico-e-misterioso/articolo/il-biellese-magico-e-misterioso-le-feste-paganeggianti-di-campra-le-streghe-di-muzzano-e-il-ro.html

venerdì 27 novembre 2020

MASCHE E MASCONI: 3: "Le pietre delle masche"

Di Andrea.

>>> Vedi l'indice dei post dedicati alle storie di MASCHE E MASCONI!

oppure Leggi tutti gli altri post taggati come: MASCHE E MASCONI


Tra i vari elementi che ricorrono nelle storie e nelle leggende di Masche ci sono sono sicuramente le pietre. Delle PIETRE DEL PIEMONTE (menhir, massi sacri, ecc...) abbiamo parlato più volte dal punto di vista storico, archelogico e in effetti anche della loro importanza nel folklore regionale. 

Pietra con coppelle a Monsagnasco

Sono moltissime in regione le "Pietre delle Masche" e generalmente si tratta di pietre a coppelle o di menhir e steli preromane. Esiste un libro chiamato proprio "La Pietra delle Masche" di Bruno Vallepiano e ne parlano Donato Bosca e Bruno Murialdo sul loro libro "Masche". Ne parlano davvero in tanti e tra i siti più conosciuti troviamo i famosi menhir, purtroppo quasi tutti demoliti, di Briaglia (LINK), oppure il menhir di Paroldo (LINK) e di altre pietre fitte nel cuneese, Il Roc delle Masche a Vonzo che però è una grossa formazione rocciosa naturale e le innumerevoli pietre coppllate legate alle masche come ad esempio quella di Sant'Antonino di Susa: La Pera delle Masche (LINK) che a volte è anche detta delle Faie, fate, per sottolineare il collegamento tra Masche e culti precedenti che si discosta un po' dalla classica figura della strega malefica.

La "Pera d'le Masche" a Sant'Antonino di Susa.

Ancora alcuni anni fa, nelle vicinanze di Mango, un agricoltore trovò una pietra, probabilmente naturale, con delle forme che ricordavano la forma umana femminile e da questo vennero fatti i più vari collegamenti: da quelli alle stele della lunigiana all'orogine delle masche "buone e cattive". Ci sono poi le pietre guaritrici, così comuni in Piemonte, come quella usata per rituali di fertilità ad Oropa (LINK) o quella che guarirebbe dal mal di schiena a Villa del Foro (LINK) che vista la loro funzione benefica sono giunte fino a noi con le loro proprietà quasi intatte e che non vengono di solito associate alle masche. Il collegamento invece è molto più stretto con altri tipi di pietre, quelle associate agli agenti atmosferici come le Pietre del Tuono (o del fulmine, o ancora "sfolgorine") piccole pietre cuneiformi comuni nel cuneese e nelle Langhe che i contadini trovavano nei campi e che si pensava conservassero il potere dei fulmini che colpivano il terreno e le Pietre del Temporale. Queste ultime più comuni nel Monferrato predicevano il tempo oppure venivano usate come strumento dalle Masche (cattive) per governare le tempeste e distruggere i raccolti. 

Incisione che raffigura delle streghe intente a creare una Tempesta

Di queste pietre la più famosa era la "Culiëta" di Camagna che è arrivata intatta fino all'inizio del secolo scorso ma poi è stata definitivamente murata e sigillata (ma non dimenticata!) con una madonna dalla forma un po' troppo "Pagana", ne parliamo meglio qui: (LINK). Un'altra pietra che invece è arrivata fino a noi è l'ultima superstite delle "Pietre del Temporale" di Valle San Bartolomeo (LINK), usata come pietra miliare, si può ancora incontrare sulla strada che sale verso Pecetto. Altra pietra simile si trova a Montechiaro d'Acqui (LINK) purtroppo nascosto in mezzo ai rottami.

La pietra del Temporale a Valle San Bartolomeo (AL)

LINK:
http://archeocarta.org/santantonino-susa-to-pera-dle-masche-roca-dle-faie/

venerdì 1 maggio 2020

MASCHE E MASCONI: 2) La masca Micilina

Di Guido

>>> Vedi l'indice dei post dedicati alle storie di MASCHE E MASCONI!

oppure Leggi tutti gli altri post taggati come: MASCHE E MASCONI

Tra tutte la Masche piemontesi, forse la più famosa è Micilina. Se cercate su google infatti vi compariranno decine di pagine dedicate a questa figura e compare persino in un racconto del grande Italo Calvino: "La barba del conte". Questa potrebbe essere la storia di una qualsiasi altra strega in giro per l'Europa del '600 se non fosse per la sua potenza e per alcuni particolari che vedremo qui sotto.

Micilina, che forse stava per Michelina, era nata all'inizio del '600 in un'umile famiglia di Barolo, ma giovanissima venne costretta a sposarsi con un contadino di Pocapaglia (CN) che da subito iniziò a farla lavorare duramente nei campi e picchiarla e umiliarla per ogni piccola cosa. Sembra che la ragazza avesse un carattere introverso che peggiorò con la nuova situazione famigliare e con il trasferimento nel nuovo paese, fino forse a farla impazzire. In oltre aveva i capelli rossi, caratteristica che subito l'aveva messa in cattiva luce di fronte ai nuovi compaesani. Da qui inizia la leggenda e forse è questo il bello di queste storie che si caricano di tutte quelle caratteristiche che ci interessano per ricostruire le credenze di questi luoghi in quelle epoche. C'è chi dice che fosse brutta e deforme, chi lo fosse diventata con l'età a causa delle botte e dei soprusi del marito ubriacone, chi invece dice che fosse bellissima da giovane, sta di fatto che sempre più spesso spesso la nostra signora iniziò a sparire all'improvviso e si dice che quando fosse davvero arrabbiata fosse in grado di chiamare la nebbia e i temporali. Tutti la evitavano per paura delle sue maledizioni, non bisognava incrociare il suo sguardo e non averci niente a che fare. Tuttavia sembra che Micilina non fosse davvero una Masca, la venne in contatto con le masche proprio nei boschi di Pocapaglia, le quali le offrirono la loro amicizia e le diedero il loro aiuto per vendicarsi del marito e di chi le voleva donandole il loro potere. Fu così che si dice che fosse in grado di trasformarsi in gatto nero, in corvo o addirittura in lumaca per sparire a comando o per andare la notte a incontrarsi con le altre masche. Si narra di gente colpita nei modi più strani. una ragazza che aveva toccato sulla spalla si ritrovo all'improvviso una gobba in quel punto, un altro ragazzo che era caduto alla sua vist, quando cercò di alzarsi si rese conto che aveva i piedi girati al contrario! Ma la svolta arrivò quando, si dice, con l'aiuto del maligno, fece cadere il marito dall'albero su cui stava lavorando che morì poco dopo. Da quel momento il suo potere diventa inarrestabile: storpiò dei bambini a Bra, fece colpire da un fulmine i fornaio di Pocapaglia, fece crescere la barba ad una giovane sposa di Pollenzo e i suoi poteri arrivarono fino ad Alessandria dove fece morire un Vetturale che l'aveva trattata in modo sgarbato (1). Si dice che Micilina vivesse ormai al di fuori del paese tra i rovi e le vecchie querce in una grotta scavata in una "Collina delle fate" (2) ancora oggi visibile, circondata solo da gatte nere, masche a loro volta e nessuno cercava ovviamente di avvicinarla.

La rocca di Pocapaglia vista da una delle grotte dove si dice vivesse la Masca.

Il punto di non ritorno venne raggiunto quando la terribile Masca venne accusata di aver fatto morire i bachi da seta della zona e fu così che un prete riuscì a fermarla con l'aiuto di preghiere benedette e soprattutto dell'acqua santa di una fonte benefica che si trovava in zona. Impossibilitata a scappare o trasformarsi, Micilina venne incatenata e trasportata in una cella nel castello di Pocapaglia. Qui, legata, torturata e soprattutto bagnata continuamente con l'acqua santa venne costretta a confessare tutto. Il rogo venne preparato su una rocca ancora oggi conosciuta come Bric de la Masca, oggi meta di turisti ed escursionisti. Grazie ad un libro conservato a Palazzo Traversa di Bra sappiamo che intervenne il tribunale di Savigliano che mandò un inquisitore e un giudice di Cherasco ad appurare i fatti: essi decisero che la terribile donna dovesse essere prima impiccata per impedire che l'anima lasciasse il corpo fisico e poi arsa sul rogo preparato sul bricco di qui sopra. Si dice che un lungo corteo di frati e monache incappucciati scortò la condannata e che quando il rogo venne accesso molti gatti neri uscirono dai boschi facendo miagolii striduli. Come promesso sembra che la nostra "strega" si sia reincarnata più volte in una gatta randagia che spunta dai boschi di notte e si aggira nei vicoli di Pocapaglia. In oltre si dice che con altre masche, tra le quali la ormai tre volte centenaria, Malamassa, partecipa ogni terzo plenilunio dell'anno al falò che si accende nelle radure tra i boschi o nei ritrovi della zona (presto un post) come la Zizzola o l'America dei boschi. 

Il "Bric della Masca"

(1) da MASCHE di Donato Bosca e Bruno Murialdo, pag. 68

(2) Colline delle fate: piccole colline franose che spuntano tra il verde visibili per la loro forma e per il loro colore grigio.

domenica 16 novembre 2014

Faie, Masche, Cercalune: le streghe in Piemonte, convegno con Donatella Taverna.

L'ASSOCIAZIONE AMICI DEL MUSEO DELLA GAMBARINA di Alessandria ha presentato in convegno dal titolo "MASCHE E STREGHE PIEMONTESI". Sabato 15 novembre dalle ore 17.00 presso il Museo etnografico della Gambarina in piazza della Gambarina 1 ad Alessandria la professoressa Donatella Taverna ha parlato delle parole “Masca”, “Stria” e di altri meno conosciuti come "Cercaluna" (sercalùna). Il pomeriggio ha anche visto la partecipazione di Chaco Marchelli che tra un discorso e l'altro ha intrattenuto i presenti con antichi canti della tradizione locale.
La ricercatrice torinese di origini alessandrine ha esposto il risultato dei suoi studi sull'argomento, e ha esposto le sue teorie secondo le quali la stregoneria in Piemonte, specialmente le Masche (come vengono chiamate in le streghe in questa regione) sia fortemente influenzata dalla cultura occitana e francese.



Guardando il video da Youtube (LINK) si può saltare direttamente da capitolo a capitolo, usando la descrizione.

giovedì 8 agosto 2013

Percorso sacro sul Monte Tobbio!

Per dare un'idea segnalo alcuni link a post in cui avevo già parlato in passato sia del Monte Tobbio 1092 m, sia del piccolo altare a Belenus. In oltre avevo già parlato delle divinità precristiane di Belenus e Cernunnos. Il Tobbio quindi è luogo magico e frequantato dagli escurisonisti locali e non solo.
La cima di questo monte si può raggiungere sia da Voltaggio con un lungo cammino, sia dal Valico degli Eremiti con un percorso più breve. Proprio lasciando qui l'auto si sale per la via "normale" e ci si può imbattere in vari luoghi particolari, disegni, altarini alle antiche divinità, nella chiesa critiana sulla cima e soprattutto si può arrivare all'incisione circolare che si trova poco lontano dalla cima. Ma andiamo con ordine:

Durante il solstizio del 2013 è stato restaurato l'altare a Belenus di qui sopra: purtroppo la scultura rossa era andata persa a causa delle intemperie e così è stata sostituita da una lastra metallica decorata, sicuramente meno bella ma più robusta. La "casetta" che lo accoglie è ancora quella, il legno sta reistendo. Questo altare si trova al passo della Dagliola e guarda a Sud!



Proseguendo il cammino sulla via "normale" quasi in cima al monte a un piccolo bivio invece incontriamo un altro piccolo altare dedicato al Dio Cornuto, Cernunnos. Dio degli animali e della natura (LINK) questa rappresentazione è stata protezione di tutti gli animali non umani della zona.


Queste comunque sono divinità classiche, non tipiche del luogo e rappresentate in modo antropomorfa. La forza di questo luogo è visibile anche nei vari ometti che i passanti continuano a erigere lungo il percorso ogni settimana, dai disegni fatti con le pietre dedicati agli spiriti del luogo, dalle bandierine ribetane che talvolta vengono legate qua e la. Quello che però da più forza a questo luogo e lo lega al sole già dall'antichità (oltre alla sua naturale posizione: dalla cima nei giorni in cui l'aria è pulita si può vedere anche il mare!) è la pietra incisa.


Per raggiungerla bisogna arrivare alla cima e prendere un piccolo sentiero che si stacca e scende verso sud. Non è facile da trovare, qui ci sono delle indicazioni precise:

Alcuni anni fa alle pendici di questa montagna erano anche visibili delle spirali che formavano dei percorsi:


Come raggiungere il Tobbio?
Il tobbio si trova nel Parco Capanne di Marcarolo, nella parte sud della provincia di Alessandria in Piemonte. E' raggiungibile in auto o se siete davvero allenati  in bicicletta. Uscendo a Serravalle, si prosegue verso Gavi, prima di entrare in paese si svolta a sinistra e si segue per Voltaggio. Da qui si sale e si raggiunge il Valico Eremiti dove si lascia l'auto. L'escursione non è molto impegnativa con un dislivello di 550 metri circa e uno sviluppo di 4 km, richiede circa 1h o 1:30 di cammino.


martedì 5 gennaio 2010

EPIFANIA, Befana, festa cristiana? O pagana?

Oggi non ho molto tempo, ma non ce la faccio proprio a non scrivere 2 righe sull'Epifania. Cercando notizie si internet, vengono fuori solo cenni riguardanti alla nascita di Gesù e dei Magi. Pensate pure che io sia un paranoico (in effetti lo sono) , eppure... come mai questa cosa non viene in mente a nessuno?
Fina dai tempi dell'asilo con suore e gente varia, quando era tempo dell'eifania io penso alla BEFANA! A TUTTI VIENE IN MENTE LA BEFANA! Cosa significa? Che è solo un'altra delle tante feste pagane trasformate in cristiane quando era impossibile debellarla. Il periodo che va dal "Natale" al giorno dell'"Epifania" era infatti un periodo molto importante per quanto riguarda il culto dei morti per i nostri avi della vecchia Europa. Ci sono numerose leggende al riguardo. La maggior parte di esse parlano di schiere di spiriti, demoni e presenze varie che vagano nelle notti di questo periodo. La Befana è comunque il personaggio che tutti conosciamo meglio. Una ricerca al riguardo della befana è molto interessante dal punto di vista antropologico.
Questa figura è ancora molto popolare in Europa (principalmente in area alpina e germanica) e risale alla figura della BERCHTA, figura mitica femminile, conosciuta con molti altri nomi (Perchta, Bercht, Percht... e appunto anche Befana) che vaga nella notte dell'Epifania. Questo è ciò che è giunto a noi di un'antica divinità del Pieno Inverno (Holle... ecc...) legata appunto al culto dei morti e della morte nel ciclo solare dell'anno. La cosa interessante di questa figura è che non venne mai cristianizzata. Mano a mano assunse connotati sempre più negativi, diventando bruttissima, vecchia e sempre più malvagia. Divenne capo di schiere demoniache, punitrice di bambini cattivi e giovani ragazze con poca voglia di lavorare, in breve come tutte le divinità femminili pagane e della natura divenne una strega. Ma alla fine, per tutti i bambini ancora oggi la Befana è una figura positiva da cui aspettarsi dei dolciumi.
La Befana non è un prodotto importato dagli USA o inventato dalla TV. Sta sera non anche se la maggior parte della gente non lo sa, festeggerà una vera festa europea, una divinità femminile dell'Inverno!
W LA BEFANA.


sabato 28 giugno 2008

IL NOCE DI SAN GIOVANNI, Trisobbio (AL)

IL NOCE DI SAN GIOVANNI, Trisobbio (AL)

E' meno conosciuto di quello di Benevento, ma è ancora li. Anche quest'anno a San Giovanni il noce è tornato a fiorire. Un'altra leggenda in cui è facile rintracciare la persistenza di culti legati agli Alberi. Si trova nei pressi di Trisobbio, in provincia di Alessandria, in mezzo ad una vigna dove si incontrano le strade provenienti da Ovada e Cremolino. Il noce centenario sembra secco, senza nemmeno una foglia, come si vede in foto, ma ogni anno nei giorni a cavallo del Solstizio d'Estate torna "miracolosamente" a fiorire, coprirsi di foglie e poi dare eccellenti frutti. E' parte della leggenda popolare della zona. Si dice che la Notte di San Giovanni appunto, (da ricordare i fuochi di San Giovanni che sostituirono i fuochi di Belenus)  tutte le Masche, le Feighe e le Strié della zona si dessero appuntamento sotto questo noce per celebrare il sabba più importante di tutto l'anno in compagnia del loro Signore Cornuto.


Anche quest'anno il noce ha ripreso a fiorire!

IL SABBA: Recentemente gli studiosi dell'Accademia Urbense hanno scoperto un manoscritto trovato tra le pagine di un atto notarile di fine '700. In esso sono identificate tutte le streghe (in zona meglio conosciute come Masche!) che vi si recavano: quelle dei Bacchetti (località di silvano d'orba), la giovane di Varo di Tagliolo, almeno due di Bric Trionfo. Un'altra veniva sicuramente dal bosco di Bandita e una da Battagliosi. Una Feiga che partecipava al Sabba abitava precisamente vicino alla Cappella di Santa Caterina di Montaldello. Un'altra veniva dai Setteventi di Belforte e poi alcune arrivavano dalla Valle dell'Albara, dalla Valle Scura di Lerma (dal campanile), da Mascatagliata (il nome di questa località ovviamente mi ha sempre colpito) dai boschi della Colma e da quelli di Capanne di Marcarolo e quelle della Val Bormida che l'Inquisizione non era riuscita a debellare. Per ultimo arrivava il Diavolo! (o meglio il Cornuto Dio dei Boschi!). Tutti gli anni, anche se il tempo era bello, all'avvicinarsi di mezza notte il cielo si faceva scuro, le stelle sparivano e arrivava un vento "del diavul". Finita la riunione il Noce poteva finalmente riprendere a fiorire in tutto il suo splendore. Per preti e credenti il motivo era che finalmente dopo la "congrega" il Noce veniva liberato dalla oscura magia, per altri erano proprio le Masche che ogni anno tornavano per restituire la vita al sacro Noce!

Per andare a trovare il Noce qui c'è una mappa dettagliata:
www.funghiitaliani.it/index.php?act=Print&client=printer&f=21&t=48134

lunedì 12 maggio 2008

Menhir di Paroldo

Menhir di Paroldo

Ho trovato un altro esempio di menhir mal tenuto, ma visitabile in questa pagina: LINK. Si trova a Paroldo, sempre in provincia di Cuneo e anche qui spero di riuscire ad andarci al più presto... ecco la foto che c'è su questo sito.


Zona di Masche per eccellenza, le leggende parlano proprio di una masca in questo paese e la legano però a certe altre pietre erette che si troverebbero nei boschi a Deversi verso il confine con la Liguria.
Visitato poi nell'inverno 2009, la stele si trova vicino al cimitero del paese salendo alla chiesetta. La forma, veramente particolare ne spiega in parte il culto antico e le leggende che ancora la interessano. Per chi avesse dei dubbi sull'autenticità, una croce incisa sulla pietra ne testimonia la cristianizzazione forzata di un culto popolare precedente. Evidentemente doveva avere una certa importanza per gli abitanti del luogo.