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giovedì 5 maggio 2022

MASCHE E MASCONI: 4) Frati, preti "masca" e preti maghi.

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INTRODUZIONE: Vicino alla figura della Masca, c'è un altro personaggio, generalmente maschile, che ricorre molto spesso nel folklore piemontese: il "Prete Masca" o Frate Stregone... o comunque quella di un ecclesiastico che allo stesso tempo, più o meno segretamente, pratica la magia. Ci sono anche alcuni casi di suore o monache dello stesso tipo, meno frequenti e a cui in futuro dedicherò un post a parte per non complicare troppo le cose. Dopo anni di ricerca su questo tipo di argomenti voglio comunque fare una precisazione prima di iniziare: come per le masche o per la stregoneria, si parla di storie che hanno un grande valore antropologico anche se molte volte vengono relegate nel folklore e snobbate, ma allo stesso tempo bisogna trattarli considerando il contesto e considerando tutte le possibili implicazioni. C'erano probabilmente dei veri e proprio mistici, c'erano guaritori di campagna o persone sante legate agli antichi culti rurali che in qualche modo sopravvivevano nelle campagne, che per semplicità, ignoranza o per onestà non avevano problemi a trattare sia all'interno della chiesa che in ambito "popolare". Però c'erano anche moltissimi furbi, gente che come viene fuori da certe storie non aveva problemi ad approfittarsi della "creduloneria" popolare per i propri interessi. C'erano poi quelli che veramente facevano "il male": siamo abituati a pensare che questi personaggi che si muovevano tra le classi più basse e oppresse fossero sempre i buoni, un po' perché, politicamente, per anni sono stati presi ad esempio della lotta contro il potere della chiesa, un po' per le influenze new age che sia nel bene che nel male fanno parte della nostra cultura contemporanea. E poi c'è sempre il contesto, più o meno rurale ma generalmente di grande miseria.


LA COMPLICATA SITUAZIONE PIEMONTESE: come già visto nel post precedente dedicato (leggi: La difficile cristianizzazione del piemonte) l'avvento del cristianesimo non fu un processo semplice, veloce e nemmeno netto. In Piemonte, in particolare, avvenne in diversi momenti e se nelle città sorte in epoca romana sorsero mano a mano importanti chiese durante il medioevo e la nuova religione si sovrappose in modo più o meno totale, nelle campagne il processo fu molto più complesso (valli alpine, Monferrato, Lange, ecc...) con momenti di grande contrasto e l'arrivo di missionari da ogni parte d'Europa che portarono al sorgere di santuari, ma anche con momenti di maggiore confusione e sincretismo in cui però i culti pagani celtici, romani, barbarici e cristiani convivevano più o meno apertamente. E' per questo che è ancora oggi difficile decifrare personaggi e santi alto-medievali della zona come San Baudolino (LINK) la cui figura si perde più nel folklore che nella storia mancante di zone che fino all'anno 1000 e oltre erano completamente selvagge e che anche se sono ricordati come santi, erano strettamente legati alla natura e ai caratteri soprannaturali della religiosità popolare. Ed è anche difficile comprendere anche per noi contemporanei l'arte presente nelle chiese di campagna come quella di San Secondo a Cortazzone (LINK) o il motivo per cui il "cristianizzato" culto di pietre e sorgenti (per dirne due) sia sopravvissuto fino al secolo scorso. 

I PERSONAGGI: Se a livello locale all'inizio dell'era cristiana ricordiamo grandi martiri divenuti santi per la loro resistenza al paganesimo, durante l'alto medioevo appunto incontriamo ancora santi, molte volte con origini e vite che si perdono nella leggenda che come si è visto avevano una posizione non sempre chiarissima o altri santi e madonne che sembrano comparire appositamente per sostituire divinità e spiriti pagani locali legati a località o elementi naturali. Questo in realtà continuerà a lungo nelle campagne con le "Madonne della Neve" e le edicole varie. E' passato troppo tempo e la situazione nelle campagne era molte volte troppo primitiva per consegnarci le storie di personaggi più popolari come quelli di cui parleremo adesso, ma penso che questo lungo cappello introduttivo fosse d'obbligo per chi non ha ben chiaro quale fosse il contesto religioso popolare locale nel corso dei secoli.

IL PARROCO DI OGGEBBIO: Una delle storie più antiche ci giunge dal 1472 dal novarese ed è veramente emblematica della mentalità religiosa dei nostri avi di quel periodo finendo per smascherare la natura stregonesca del curato. Era un anno di terribile siccità e per propiziare la pioggia gli abitanti del villaggio sul Lago Maggiore decisero di organizzare una processione da Oggebbio alla cappella sul Monte Zeda. Per rendere più potente il "pellegrinaggio" tutti i paesani avrebbero dovuto partecipare camminando scalzi e a digiuno. Il parroco, che sembra non fosse molto ben visto dalla popolazione perché non abbastanza forte, arrivati alla cappella celebrò la messa, ma usò si dice, parole di stregoneria. Fatto sta che tornati al paese la pioggia arrivò davvero, ma con un temporale così forte che prese a grandinare rovinando quello che era rimasto del raccolto. Bisognava trovare il colpevole che ovviamente era il curato. Fu così che la popolazione si mise d'accordo per sacrificare la vittima: venne organizzato un gioco alla festa del paese: bisognava prendere con la bocca delle monete d'oro sul fondo di una botte piena d'acqua avendo le mani legate dietro la schiena. Quando fu il turno del prete venne spinto dentro e poi buttato con tutta la botte nel lago. Fatto sta che la vittima riuscì a liberarsi e ad attaccarsi ad una barca con le mani, ma il proprietario di quest'ultima colpì il prete con un remo mozzandogli le dita e facendolo annegare. La leggenda narra però che il Prete-stregone riuscì comunque a vendicarsi e tutti i discendenti del pescatore nacquero senza le falangi delle dita.

Una vista di Oggebbio oggi.

I PRETI "SCIAMANI" DELLA VALLE D'AOSTA: anche le storie che ci vengono dalla Valle su questo argomento sono particolarmente interessanti perché narrano storie straordinarie ma nello stesso tempo ordinarie per i valligiani dell'epoca di Preti maghi che però ricordano da vicino i poteri dei santi sciamani che ancora oggi si trovano nelle valli himalaiane e nelle zone rurali di alcuni paesi asiatici. La prima storia di cui non sono riuscito a trovare molti particolari è quella del prete fantasma di Pracharbon nelle vicinanze di Brusson, il quale riusciva a celebrare messa ai suoi paesani anche quando non era più dotato di un corpo! La storia seguente parla del prete di  Ayas il quale aveva un libro segreto, analogo al famoso libro del comando che molte masche possedevano ma che lui usava solo per opere sovrannaturali benefiche. Bisogna sottolineare come questo sia uno dei pochissimi casi in cui, come successe ad esempio con l'arrivo del buddismo nelle valli tibetane nei confronti dei demoni locali, il cristiano non distrugge le credenze demoniache precedenti ma le piega e converte alla sua volontà. La leggenda poi ci dice che una volta dimenticò per distrazione il libro incustodito in chiesa che venne trovato e aperto da alcuni ragazzi uno dei quali fece in tempo a leggere una delle formule per evocare alcuni spiriti che prontamente si materializzarono facendo un gran baccano. Fortunatamente il prete arrivò e riuscì a mettere a posto la situazione grazie alla sua conoscenza della magia e ad uno stratagemma particolare. Butto a terra dei semi di segale e dei semi frumento e chiese ai diavoli di dividerli secondo il tipo. Mentre gli spiritacci erano impegnati a fare questo lavoro il nostro "mago" trovò le parole giuste per convincerli ad andare a spaccare le montagne armati solo di uno spillo. I più agitati vennero mandati a Sarèza ed è per quello che ancora oggi ogni tando si sente un masso rotolare giù di li. Il terzo racconto è quello del prete mago di Pontey, il quale era noto per le sue capacità di "fare la fisica" qualità ben accettata dai suoi parrocchiani che però nel periodo di fienagione disertavano numerosi la messa. Fu così che decise di trasformarsi in un grosso e feroce lupo e corse tra i campi terrorizzando i contadini che facevano il fieno. Uno di essi però facendosi forza riuscì a colpirlo con forza mozzandogli quasi una zampa e mettendolo in fuga. Il prete comunque era molto ben visto anche dalle autorità e dopo alcuni giorni venne trasferito ad Aosta dove mentre diceva messa, nello sbigottimento generale, perse una mano. Di questa storia ne esiste una versione quasi identica ambientata però ad Oyace. Ci sarebbero tantissime cose da dire su questa storia, ad esempio che sia la capacità di "fare la fisica" che quella di trasformarsi in animali a piacimento erano caratteristiche tipiche delle masche. Un'altra e più notevole è quella che come ci dice Roberto Gremmo nel suo meraviglioso libro Streghe e Magia: "nell'immaginario valdostano la trasgressione magica non viene vista come colpa (e aggiungo io, nemmeno come una cosa negativa), ma come parte integrante, quasi necessaria ed indispensabile, dell'esperienza religiosa".


IL PRETE STREGONE DI MUZZANO: era circa il 1621 quando l'inquisitore Don Velotti, durante le indagini che avevano come oggetto alcune masche di Graglia si imbatté in qualcosa di ancora di più incredibile: un sacerdote che non solo le voci popolari davano come collaboratore delle donne indagate ma che praticava normalmente fatture e diavolerie varie. Si trattava di Don Simone Rondoletto (o del Chioso) cappellano della confraternita del S.Rosario e S.Croce a Muzzano di anni 48. Don Giuseppe Ferraris che si occupò della sua storia in "Magia e superstizione nel biellese del seicento" (1937) lo descrive come un sempliciotto di campagna che praticava la magia popolare non per malvagità ma per via delle sue origini campagnole umili e per ignoranza del canone ecclesiastico. Questa osservazione secondo me da una immagine abbastanza chiara di cosa dovesse essere ancora la religiosità popolare rurale nel 1600! Tuttavia il Gremmo nota come questa descrizione sia troppo semplicistica e probabilmente in effetti bisogna tenere presente che venga da un altro prete che forse voleva minimizzare questo tipo di fenomeni non così inusuali nella chiesa di quei tempi. Comunque interrogato Don Rondoletto da l'idea di essere più vittima di accuse (anonime) dovute al suo essere diverso e legato a un mondo ormai passato. La testimonianza è davvero interessante: egli dice di avere imparato le sue pratiche e le sue formule da un misterioso "padre heremita" che aveva incontrato sul ponte della Dora durante un viaggio a Torino. La descrizione è molto dettagliata: l'eremita, identificato anche come druido nel folklore era un uomo di circa 50 anni, con una lunga barba bianca, i capelli castani che si stavano imbiancati, scalzo, vestito con una tunica di panno grigio con il cappuccio cinto con una corda.
La storia è molto complicata, con testimonianze dirette del prete, accuse del popolino anche anonime, una cosa molto interessante è che tra le sue capacità sovrannaturali c'erano le classiche delle masche, ma sempre dirette al bene, a guarire le malattie, fare medicamenti, fermare le tempeste, ma soprattutto la capacità di portare la pace tra i contendenti di un duello, di disarmare gli aggressori. Considerando la nomea di druido attribuita all'eremita la storia ha ancora più senso visto che ai druidi era attribuita da Cesare proprio la capacità di portare sempre la pace nei duelli e nei campi di battaglia. E' uno di quei casi in cui la testimonianza non manca di dettagli anzi sappiamo anche come il prete fosse in grado con la magia di fermare la febbre nei malati, che anch'egli avesse un libro del comando (in particolare la formula per fermare le tempeste era: "in principio erat verbum" scritto in cerchio), sappiamo anche le ricette di alcuni unguenti medicamentosi fatti di erbe e bava di lumaca, ad un certo punto come sempre iniziano le testimonianze classiche e banali, ma resta il fatto che la quasi totalità delle accuse riguardi sortilegi a fin di bene. Sembra anche che dietro al prete in realtà ci fosse un sarto di Graglia, molto meno onesto di nome Enrico Borrione che era il vero proprietario del libro del comando e che praticava sortilegi e rituali che oggi definiremmo di "magia nera". La storia si complica ulteriormente, si ricollega con altri processi a Masche del luogo ma se volete saperne di più vi consiglio di guardare la bibliografia a fondo pagina. Nelle cronache si vede che pochi anni dopo Don Rondoletto non era più in carica, ma non esistono testimonianze di come sia finito il processo. Probabilmente fu allontanato per non andare a scavare ulteriormente in quello che succedeva nel clero di posti ancora così lontani e vicini alla tradizione popolare. 

IL PRETE MASCA DI BUSANO: questa volta ci troviamo nel canavese del 1603 dove il prete Giuseppe di Busano era conosciuto anche come mascone perché, si diceva, praticava la stregoneria, la fisica e le arti negromantiche. In una lettera, il curato, scrisse al signorotto locale, tale conte Ludovici di Rivara, discolpandosi e lamentandosi di essere calunniato dai popolani e che non era stata sua la colpa della grandine che quell'anno aveva distrutto i raccolti, ma "dell'iniquità degli uomini" per cui erano stati castigati dal Cielo. 


IL PRETE MASCA DI MONDOVI' E LA SUA DRUIDA: di questo abbiamo già sbrigativamente parlato per quanto riguarda la "Druida" nel post sulle druidesse (LINK). Si tratta di una strana vicenda avvenuta nella prima metà del 1600 che aveva come protagonisti principali tre personaggi: il governatore di Mondovì Carlo Operti, la famosa Druida che viveva con lui e che lo serviva eliminando chiunque gli si mettesse contro usando le arti diaboliche più terrificanti e il prete masca Giovanni Gandolfo che viveva nel monastero di Vicoforte e con la Druida aveva uno strano rapporto. Anche in questo caso per quanto riguarda la donna detta la "Druida" si parla di veleni ottenuti dal sangue di giovani chiusi in sacchi pieni di vipere, bambole di cera per malefici, neonati e gatti neri squartati, tutte le classiche imputazioni usate per condannare le streghe e che se volete conoscere nei particolari troverete nel bellissimo libro del Gremmo (Streghe e magia). Quello che è veramente interessante di questa storia è che il termine druida venisse popolarmente usato nel Piemonte di inizio '600 e che quindi, probabilmente trasformata in qualcosa di simile ad una strega, la figura dei druidi e delle druidesse (interessante anche il fatto che in molti casi si tratti di figure femminili) fosse ancora vivo nell'immaginario popolare di quell'epoca anche da queste parti, prima del revival in terra britannica. Comunque, per tornare in tema, l'altra figura interessante di questa storia è il prete Giovanni Gandolfo. Sappiamo che non si faceva troppi problemi a praticare i suoi studi di astronomia e astrologia, la divinazione e, si dice, la stregoneria. In molti infatti lo consideravano un mascone ed è interessante vedere come figure di questo genere fossero abbastanza "normali" anche all'interno del clero. Il prete era così a suo agio che addirittura nel 1648 pubblicò un almanacco astrologico con le sue predizioni in cui incautamente vedeva unfuturo infausto Carlo Emanuele II e per la Madama Reale. Il '600 non era di certo il periodo giusto per una cosa del genere anche se il Piemonte era una zona particolarmente tollerante rispetto ad altre zone d'Italia e d'Europa, infatti tali predizioni vennero interpretate come una possibile congiura e poi, in seguito alla scoperta della sua amicizia con la Druida, anche come un attacco occulto dalla Duchessa e alla famiglia reale. Il prete tentò la fuga, ma venne preso e rinchiuso a Torino dove venne probabilmente strangolato prima di essere giustiziato in seguito ad un processo che resta avvolto nel mistero. 


Bibliografia essenziale:

"Streghe e Magia" di Roberto Gremmo (edizioni ELF Biella)

"Sui sentieri della leggenda" di Massimo Centini (l'arciere)

Articolo di Roberto Gremmo in cui si parla anche del Prete di Muzzano: https://www.newsbiella.it/2017/08/06/leggi-notizia/argomenti/biellese-magico-e-misterioso/articolo/il-biellese-magico-e-misterioso-le-feste-paganeggianti-di-campra-le-streghe-di-muzzano-e-il-ro.html

domenica 17 aprile 2022

La maledizione del Ru Mort, animismo nelle leggende della valle d'Aosta.

(di Andrea)
Siamo generalmente abituati a vedere le credenze animiste come qualcosa di molto lontano nel tempo o nello spazio. Certe storie che ci giungono dall'estremo oriente ad esempio, ci sembrano spesso un qualcosa di veramente esotico. Nello scintoismo (o Shinto, la religione tradizionale giapponese) hanno una posizione i Kami, carattere che generalmente viene tradotto come "Dei": è in parte giusto ma non è così facile in quanto, anche se lo scintoismo è tutt'ora seguito da gran parte dei giapponesi è un tipo di credenza molto più simile all'antico paganesimo Europeo, non solo a quello classico ufficiale. Con Kami quindi si intendono sia gli dei più importanti, come la dea del Sole Amaterasu, sia gli spiriti più piccoli o lacali come quelli degli alberi o addirittura di un fiore. Come nelle antiche credenze celtiche precristiane esistono anche i Kami dei corsi d'acqua e di altri aspetti naturali e abbiamo visto in passato come questi aspetti siano sopravvissuti nelle leggende delle masche in Piemonte, si tratta della personificazione dell'animismo che sta alla base di molti aspetti del sacro popolare ancora visibile nel cattolicesimo con le varie Madonne della Neve, culti montani e via dicendo. Ma perchè sto parlando di shintoismo? Perchè c'è una leggenda valdostana che potrebbe benissimo trovarsi su un libro di leggende popolari giapponesi se non fosse che viene dalla Valle del Gran San Bernardo in Val d'Aosta:

La maledizione del Ru Mort, Roisan.


"Nei secoli passati i ruscelli per l’irrigazione agricola, i cosiddetti “Ru“, avevano una funzione fondamentale per la sussistenza delle comunità; data la loro importanza ogni ruscello, durante i periodi di piena, era sorvegliato da una guardia.
Un giorno, presso il Ru Mort a Roisan, poco sopra Gignod, una guardia assegnata a questo canale andò a fare il giro giornaliero di controllo.
Non era però un giorno qualunque, e la guardia se ne accorse: senza nemmeno voltarsi, con la coda dell’occhio, il guardiano scorse una vipera nera. Prese quindi un grosso bastone e, colpi su colpi, riuscì ad allontanare la serpe; fatto ciò, più tranquillizzato, proseguì nel suo giro di perlustrazione lungo il Ru.
Ma poco dopo la calma svanì: vide nuovamente la vipera e, spaventato, si affrettò di corsa accanto al ruscello. Una volta giunto più lontano si fermò per riprendere fiato, si guardò in giro sperando di aver finalmente seminato la serpe ma…abbassando lo sguardo se la ritrovò proprio ai suoi piedi.
Preso dall’ira e dalla paura il guardiano afferrò un legno e, con cieca violenza, colpì a morte la vipera.
La brutta storia sembrava finita, ma…da quel giorno il ruscello iniziò a perdere le sue fresche acque, poichè le pareti del ru si sgretolavano, proprio a causa dell’erosione dell’acqua.
Il guardiano si rese conto del danno che aveva fatto solo tempo dopo: egli, convinto di aver ucciso una vipera, aveva in realtà assassinato la Fata che proteggeva il Ru.
E così, da quell’infausto giorno, il ruscello prese il nome di “Ru Mort”, perchè attorno ad esso morì ogni vegetazione, ogni albero e con esso svanì anche la vita. Le acque non scorrevano più ed il ruscello andò perduto."

La differenza sta nel fatto che qui il termine usato è "fata" in altre storie magari è "masca" ma se lo sostituissimo con "kami" la storia non cambierebbe in nessun modo.

venerdì 27 novembre 2020

MASCHE E MASCONI: 3: "Le pietre delle masche"

Di Andrea.

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Tra i vari elementi che ricorrono nelle storie e nelle leggende di Masche ci sono sono sicuramente le pietre. Delle PIETRE DEL PIEMONTE (menhir, massi sacri, ecc...) abbiamo parlato più volte dal punto di vista storico, archelogico e in effetti anche della loro importanza nel folklore regionale. 

Pietra con coppelle a Monsagnasco

Sono moltissime in regione le "Pietre delle Masche" e generalmente si tratta di pietre a coppelle o di menhir e steli preromane. Esiste un libro chiamato proprio "La Pietra delle Masche" di Bruno Vallepiano e ne parlano Donato Bosca e Bruno Murialdo sul loro libro "Masche". Ne parlano davvero in tanti e tra i siti più conosciuti troviamo i famosi menhir, purtroppo quasi tutti demoliti, di Briaglia (LINK), oppure il menhir di Paroldo (LINK) e di altre pietre fitte nel cuneese, Il Roc delle Masche a Vonzo che però è una grossa formazione rocciosa naturale e le innumerevoli pietre coppllate legate alle masche come ad esempio quella di Sant'Antonino di Susa: La Pera delle Masche (LINK) che a volte è anche detta delle Faie, fate, per sottolineare il collegamento tra Masche e culti precedenti che si discosta un po' dalla classica figura della strega malefica.

La "Pera d'le Masche" a Sant'Antonino di Susa.

Ancora alcuni anni fa, nelle vicinanze di Mango, un agricoltore trovò una pietra, probabilmente naturale, con delle forme che ricordavano la forma umana femminile e da questo vennero fatti i più vari collegamenti: da quelli alle stele della lunigiana all'orogine delle masche "buone e cattive". Ci sono poi le pietre guaritrici, così comuni in Piemonte, come quella usata per rituali di fertilità ad Oropa (LINK) o quella che guarirebbe dal mal di schiena a Villa del Foro (LINK) che vista la loro funzione benefica sono giunte fino a noi con le loro proprietà quasi intatte e che non vengono di solito associate alle masche. Il collegamento invece è molto più stretto con altri tipi di pietre, quelle associate agli agenti atmosferici come le Pietre del Tuono (o del fulmine, o ancora "sfolgorine") piccole pietre cuneiformi comuni nel cuneese e nelle Langhe che i contadini trovavano nei campi e che si pensava conservassero il potere dei fulmini che colpivano il terreno e le Pietre del Temporale. Queste ultime più comuni nel Monferrato predicevano il tempo oppure venivano usate come strumento dalle Masche (cattive) per governare le tempeste e distruggere i raccolti. 

Incisione che raffigura delle streghe intente a creare una Tempesta

Di queste pietre la più famosa era la "Culiëta" di Camagna che è arrivata intatta fino all'inizio del secolo scorso ma poi è stata definitivamente murata e sigillata (ma non dimenticata!) con una madonna dalla forma un po' troppo "Pagana", ne parliamo meglio qui: (LINK). Un'altra pietra che invece è arrivata fino a noi è l'ultima superstite delle "Pietre del Temporale" di Valle San Bartolomeo (LINK), usata come pietra miliare, si può ancora incontrare sulla strada che sale verso Pecetto. Altra pietra simile si trova a Montechiaro d'Acqui (LINK) purtroppo nascosto in mezzo ai rottami.

La pietra del Temporale a Valle San Bartolomeo (AL)

LINK:
http://archeocarta.org/santantonino-susa-to-pera-dle-masche-roca-dle-faie/