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martedì 25 febbraio 2020

1) Cernunnos e gli altri "Buddha" occidentali. Rapporti e connessioni tra oriente e occidente.

Introduzione.
E' da tanto tempo che voglio scrivere un post su questo argomento, per andare a cercare i moltissimi collegamenti tra oriente ed occidente, gli opposti estremi delle culture indoeuropee e pre-indoeuropee, ma anche dei tanti miti e le tante credenze prive di fondamento che circolando da anni sono alla base di certe cose che diamo per scontate. Il termine "Buddha" del titolo è usato un po' ad effetto per dare l'idea di una certa figura archetipica che per noi è puramente orientale ma che altrimenti sarebbe impossibile da spiegare in una parola. 

Il Dio cornuto euroasiatico.
Iniziamo subito con l'immagine più imblematica: La raffigurazione classica di Cernunnos e quella di Pashupati, avatar di Shiva sul sigillo di Mohenjo-Daro. 


Queste due immagini appartengono a due civiltà molto distanti nel tempo e nello spazio: L'immagine di Pashupati (a destra) viene da Mohenjo-Daro città che sorgeva sulla riva destra dell'Indo nell'attuale Pakistan e che insieme ad Harappa è la città più importante della Civiltà della Valle dell'Indo  risalente all'età del bronzo. Il sigillo è databile al 2000 a.c. circa. L'immagine a sinistra invece si riferisce alla divinità conosciuta come Cernunnos (il cornuto) e si trova sul Calderone di Gundstrup, un manufatto rituale molto complesso e discusso per vari motivi di cui parlo qualche riga più in basso, ma che appartiene alla periodo celtico e che è databile ai secoli a cavallo dello nascita di cristo. Le similarità sono impressionanti ed è praticamente che si tratti di un caso: prima di tutto i due personaggi divini sono seduti nella posizione yoga detta del loto (Padmasana) e sono dotati di corna. Le corna (o dei copricapo a forma di corna) sono quelle di cervo per Cernunnos e di bufalo per Pashupati, probabilmente per la differenza di ambiente locale ma evidentemente sono simbolo divino e sacro. Altra cosa evidente ed importantissima è che le due figure sono contornati da molti animali selvatici che sembrano quasi in adorazione. Questo elemento ci dice che si tratta di due divinità della natura e degli animali e ci dice che si tratta di culture non ancora antropocentriche in cui l'uomo era ancora parte della natura che temeva e venerava. Ma andiamo nei particolari:


Come dicevamo sono molti gli elementi presenti in entrambe le figure, ed è impressionante notare che anche "l'impaginazione" delle due figure è uguale. 1) Le corna; 2) La posizione del loto; 3) L'animale cornuto corrispondente a fianco della divinità: Cervo per Cernunnos e Bufalo per Pashupati (notare la forma identica delle corna animale-dio); 4) L'animale predatore sull'altro fianco delle due divinità: una tigre o un grande felino da una parte e un lupo o forse un'orso dall'altra. Anche gli altri animali sono disposti allo stesso modo e le differenze di specie possono benissimo essere attribuite alla distanza geografica tra le due civiltà: la presenza dei grandi cervi nelle foreste europee e dei bufali nelle Indie ad esempio, tigri da una parte e orsi dall'altra. Altre differenze dovute probabilmente alla differenza temporale e all'evoluzione indipendente delle due figure sono per esempio la triplice faccia (trifronte, tricefalo) della divinità indiana che comunque ritroviamo in occidente ad esempio nel Mercurio gallo-romano (identificato come Lugh), nel Gerione etrusco, nella Dea Ecate in Grecia e poi in epoca cristiana in vari santi e in varie rappresentazioni del Diavolo. Ovviamente anche in Oriente si continua a trovare questa caratteristica in rappresentazioni più recenti di Shiva, di Vishnu ma poi anche nel buddismo nelle figure di Tara e di Avalokitesvara e molti altri. Un altro elemento è il fallo di Pashupati, che non è presente sul calderone di Gundstrup o in altre rappresentazioni recenti del dio Gallico. Esso potrebbe essere presente nella raffigurazione più antica di Cernunnos, ma, come si vede dal rilievo, è molto difficile esserne certi e le rappresentazioni del Dio Cervo moderne, legate alla Wicca, New Age e Fantasy, non hanno una base storica fondata e molte volte sono più legate al dio Pan. E' presente ad esempio nel gigante di Cerne Abbas, figura umana incisa sul terreno e dotata anche di clava (che richiama il fallo) ma che non può essere assolutamente datato: dall'età del bronzo, al periodo romano o addirittura al medioevo. Elementi fondamentali e particolari della rappresentazione gallica del Dio Cornuto sono il Torque, ovvero il collare di metallo ritorto che la divinità indossa al collo e tiene nella mano destra e che identificava nelle società europee antiche come quella celtica, ligure e manche sciite e precedenti i personaggi nobili e legati al culto e il Serpente tenuto nella mano sinistra.


Qui sopra vediamo la rappresentazione più antica di Cernunnos, quella della Val Camonica appunto in Lombardia in cui sono ben visibili gli elementi fndamentali: Il torque al braccio destro e il serpente tenuto alla sinistra (probabilmente con corna di Ariete): questo ci fa pensare ad una rappresentazione grafica o statuaria che oltre ad aver viaggiato dall'Asia all'Europa probabilmente accompagnava le popolazioni che si spostavano per l'Europa celtica. Qui sotto invece ci sono altre rappresentazioni dello stesso dio che provengono dalla Gallia transalpina:


La cosa interessate di questi tre rilievi è che provengono tutti dalla francia e appartengono al periodo romano, i primi tre secoli dopo Cristo.
1) Questo altare è conservato al museo di Reims, è databile al primo secolo dopo Cristo è in perfetto stile classico e infatti rappresenta Cernunnos tra Apollo e Mercurio (pienamente romani) e testimonia l'unione della religione romana con quella gallica dovuta all'effettiva somilianza tra le due, con buona pace di nazionalismi e campanilismi in epoca moderna. Da notare che la divinità continua a sedere in posizione "Yoga", indossa il torque ma invece del serpente sostiene una cornucopia. Particolare importantissimo e degno di osservazione i due animali cornuti ai suoi piedi: un toro e un cervo (entrambi cornuti che rimandano a Pashupati e Cernunnos, oriente e occidente) sotto alla sua seduta come nel caso del sigillo di Pashupati da Mohenjo-Daro.
2) Il Pilier des Nautes (Pilastro dei Nauti) esposto al museo medievale di Cluny a Parigi che in origine era una colonna eretta a Giove in epoca Romana dove ora sorge Notre Dame. Questo rilievo è molto importante perché è l'unico caso in cui compare il nome "(C)ernunnos" ed è quindi grazie a questa colonna che conosciamo il nome di questa divinità. Qui viene rappresentata solo la testa e i due torque sono tenuti sulle corna. Da notare che sul pilastro sono raffigurati e nominati molti dei, sia celti che romani: Ai lati della colonna ci sono scolpiti diversi Dei, sia galli sia romani: "Giove, Mercurio, Marte, Fortuna, Castore e Polluce, Vulcano ed Esus, Tarvos Trigaranos, Smertrios e Cernunnos".
3) La stele di Vandoeuvres al museo di Bourges. Anche in questo caso l'epoca è quella romana così come lo stile: la divinità è, come al solito seduta a gambe incrociate, indossa un mantello e un torque e con le man tiene un otre (o una cornucopia consumata?). Due personaggi giovani e nudi tengono con una mano le corna di cervo e sono in piedi su due serpenti (forse cornuti).


Altre due rappresentazioni di Cernunnos: la prima viene da Etang sur Arroux e ancora una volta il Dio ha un torque la collo, uno appoggiato sulla pancia ed è seduto nella posizione del loto. Cosa interessante è che la statua possiede due piccole facce dietro alla testa e quindi è tricefalo. In braccio porta anche due teste di ariete che forse sono serpenti con corna di ariete, come in altre rappresentazioni. Le corna sono sparite, ma i buchi ai lati indicano i punti dove esse andavano inserite. La seconda figura viene da Lione e si tratta del famoso Gobelet di Rue Sala su cui sono raffigurati Cernunnos (acefalo purtroppo) con torque in mano, cornucopia e con un cervo vicino. Mercurio invece è raffigurato con un cinghiale.

Bisogna fare alcune precisazioni riguardanti Cernunnos: una è che di lui, ancora una volta, sappiamo ben poco. Molte delle caratteristiche date per sicure sulla sua figura vengono dall'associazione che è stata fatta con altre divinità: Pashupati appunto, Shiva, Dioniso e Pan. Il suo nome è fortunosamente giunto a noi tramite il Pilastro dei Nauti di Parigi e sappiamo che si trattava di un Dio proprio perchè su quel pilastro è nominato vicino ad altre divinità. Alcuni pensano che in origine si trattasse della figura di uno sciamano, visto che simili rappresentazioni di sciamani vestiti con pelli e corna di cervo giungono a noi da epoche ben più remote e che potrebbero essere la basa arcaica del suo culto. Un'altra punto è che la maggior parte delle raffigurazioni di Cernunnos ci vengono dalla Gallia ormai romana. Questo è abbastanza spiegabile per il fatto che i galli prima del contatto con le civiltà classiche non usavano la scrittura, usavano materiali deperibile quali il legno per la maggior parte dei loro manufatti e che abbiano iniziato a rappresentare i loro dei come antropomorfi in gran parte nel periodo gallo-romano. Bisogna sempre ricordare infatti che per i celti il Cielo o il Sole erano dei in quanto cielo e sole, non c'era il Dio antropomorfo del cielo o del sole. Cernunnos quindi era forse un Dio a parte, particolare. Un'altra cosa è che le rappresentazioni più antiche non ci arrivano dalle solite aree tradizionalmente considerate celtiche per eccellenza e questo dovrebbe portarci a fare alcune considerazioni sull'idea che abbiamo delle popolazioni galliche anche a livello accademico. La rappresentazione più antica è quella della Val Camonica (vedi su) risalente a un periodo compreso tra il 7° e il 5° secolo avanti cristo e anche se su molte mappe quell'area continua a non essere compresa tra le aree celtiche originarie, oggi sappiamo benissimo che i Camuni dell'età del ferro erano culturalmente celti e forse furono tra le popolazioni originarie. La rappresentazione più famosa è quella del Calderone di Gundstrup: il fatto è che questo incredibile manufatto è stato scoperto in Danimarca in una zona che non aveva niente a che fare con i celti e infatti fu probabilmente portato qui dai Cimbri che sconfitti dai Romani tornarono nella loro terra d'Origine con il calderone come bottino di guerra. Ma anche la lavorazione non era gallica mentre i soggetti si. Oggi si pensa sia stato fabbricato in Tracia nell'attuale Bulgaria luogo in cui era presente anche una tribù culturalmente celtica: gli Scordisci. Quello che complica ancora le cose è che oggi si pensa che l'epoca di fabbricazione sia più recente e risalga al II-III secolo dopo cristo e quindi che sia tutto da rivedere. Rappresentazioni di questa Divinità o sue inscrizioni non sono mai state trovate in Britannia o nelle altre aree celtiche insulari anche se gran parte dei libri che ne parlano dicono il contrario.


Ma torniamo un momento al calderone di Gundestrup: si parla sempre del dio cornuto che però è rappresentato soltanto su uno dei pannelli, ma la produzione artistica di questo manufatto è ricchissima di simboli e personaggi e anche se viene generalmente usato come vera e propria fonte di illustrazioni di miti celtici non si limita a quella cultura. Su un altro pannello infatti troviamo una dea contornata da vari animali mitici ed esotici tra i quali due elefanti. Questa è un'altra evidenza delle forti connessioni tra le culture indoeuropee e in questa rappresentazioni in molti vedono una rappresentazione della dea indiana Lakshmi. Guardando le rappresentazioni antiche (immagine sotto) e moderne della dea indiana è abbastanza naturale vedere delle forti relazioni, la dea viene tradizionalmente rappresentata in mezzo a due elefanti che la inquadrano. Questo è ancora più impressionante se ripensiamo al pannello con Cernunnos e i punti di contatto con Shiva-Pashupati. In oltre bisogna ricordarsi della dea Slava Laima che oltre che al nome condivide molte caratteristiche con la divinità indiana.





Ma risaliamo ancora indietro alle epoche precedenti, torneremo ai celti dopo. Una dei ritrovamenti più antichi a cui possiamo risalire in Europa per quanto riguarda la posizione del loto detta volgarmente "Yoga" è quello di Lepenski Vir (LINK) un insediamento mesolitico nell'attuale Serbia, vicino al confine con la Romania, abitato a partire dal 7000 a.c. e che raggiunse il massimo sviluppo tra il 5300 e il 4800 a.c. ma già frequentato a partire dal 9300 a.c. il che ne fa uno dei centri più antichi dell'Europa antica. Qui sono state trovate diverse sepolture, tra le quali una in particolare è diventata celebre. la numero 69, nella quale è stato trovato un corpo nella posizione del loto appunto.

Qui sopra: il sito megalitico di Willong in India.

A questo punto bisogna per forza nominare un libro fondamentale sull'argomento: "Shiva e Dioniso" di Alain Daniélou. Nel libro lo storico francese e uno dei più grandi seguaci dello shivaismo del XX secolo in occidente trova tantissimi collegamenti tra India, mediterraneo ed Europa antica. Dal culto del fallo, alle corna o alla posizione yoga appunto. Per parlare di questo bisgnerebbe aprire un'altro post molto lungo e quindi ci limitiamo ad esempio a quello che l'autore dice sui megaliti, in particolare i menhir: se ne trovano di assolutamente identici dall'estremo oriente all'estremo occidente del continente euroasiatico e simbolizzano il fallo di questa divinità primordiale. Lo Shiva Lingam, il fallo di Shiva, ancora oggi eretto e adorato in India, e via con simbologie che sono arrivate fino al 1700 in Italia, Francia e Germania, con dolci pasquali di forma fallica portati in processione (Il santo membro di Trani), e via dicendo. Cosa veramente interessante è che se in Europa si conservano i più famosi e antichi megaliti del mondo, essi si sono probabilmente sviluppati nel mediterraneo orientale e da li sarebbero arrivati fino alla Scozia seguendo prima la costa mediterranea e poi quella atlantica, sia l'India per raggiungere il Giappone. Il punto è che mentre se sui megaliti europei non sappiamo nulla se non tramite le ricostruzioni degli studiosi, su quelli indiani abbiamo addirittura dei testi che spiegano il rituale della loro sistemazione, dell'orientamento e così Danielou dice che ogni studio sui megaliti dovrebbe partire dagli antichi testi indiani.

Uno Shiva Lingam, oggi, Gangotri national park, India.

Danielou nota che queste divinità erano un tutt'uno con la natura. Questo carattere è stato tramandato in Gopala-Krishna, in Pan e Orfeo in Grecia, nel mondo celtico il protettore degli animali è un dio Cornuto, lo stesso Gesù, il buon pastore e molti santi. Nel Linga Purana si dice che tutte le divinità si chiamano Pasupata (fratelli degli animali) perché fanno parte del gregge di Pasupati: "tutti coloro che considerano il signore degli animali la loro divinità, sono fratelli degli animali".


"La concezione moderna dell'ecologia può apparire un tentativo di ritorno ad una vera morale, anche se il più delle volte resta antropocentrica. Si tratta non solo di preservare la natura al servizio dell'uomo ma di ritrovare il ruolo dell'uomo all'interno della natura, come cooperante all'opera degli dei. UNA RELIGIONE CHE NON RISPETTI LA NATURA NEL SUO INSIEME INDISSOLUBILE, CHE NON SIA FONDAMENTALMENTE ECOLOGICA NON E' CHE UN INGANNO, UNA SCUSA PER I SACCHEGGI UMANI, E NON PUO' IN ALCUN CASO PROCLAMARE LA SUA ORIGINE DIVINA. L'uomo non è che un elemento in un insieme ed è  l'insieme che è l'opera di Dio.

La parità con gli animali è un valore fondamentale, magico e sacro come la nudità. Shiva è nudo. Tra i Jainisti (che sono vegetariani strettissimi e rispettano anche le forme di vita più microscopiche) esigono che i propri fedeli siano nudi. Nel racconto mitologico irlandese "The destruction of  Da Derga's Hostel..." si legge: "Un uomo nudo, che in piena notte camminerà per le strade di Tara con una pietra e una fionda, ecco chi sarà Re". Anche dioniso è rappresentato nudo on i capelli lunghi quando non indossa la veste color zafferano.

 Il Jainismo si sviluppa in India dal pensiero di Jina o Mahavira contemporaneo di Buddha.

Come abbiamo visto la posizione Yoga (del loto) era usata sia nell'antica Europa che nell'antico oriente. Pashupati, Shiva, Jaina e Buddha sono rappresentati in quel modo. Tra il VII-VI secolo a.c. e la fine dell'età ellenistica nei territori d'influenza greca si sviluppo' l'orfismo. Conosciuto attraverso documenti frammentari e in gran parte dell’ultimo periodo, si basa su pratiche ascetiche e misteriche , su rituali di liberazione dell’anima dal corpo (inteso come carcere), anche attraverso un processo di reincarnazioni sino a un’immortalità che diventa parte della divinità. Sono in effetti incredibili le affinità con il Buddhismo che in quei secoli si sviluppò in India, tanto da far pensare a dei contatti, a delle influenze tra una corrente e l'altra o ad una comune radice che è andata persa. Essi infatti credevano nella trasmigrazione delle anime, nella visione del corpo come una gabbia, non mangiavano esseri senzienti (specificatamente, il divieto di mangiare carne degli orfici, ma anche di uova e fave*, è specificato dal racconto di Euripide in cui sprezzante definisce la dieta di Orfeo "apsychos" - senza anima e quindi non ha a che fare con una dieta ma con il divieto di ucccidere esseri senzienti) e nemmeno li sacrificavano. Sappiamo infatti che gli orfici praticavano "piacevoli giochi e sacrifici" senza lo spargimento di sangue: le libagioni erano a base di focacce e miele.


Erodoto ci dice che la dottrina della metensomatosi (la reincarnazione) fosse nata in Egitto per approdare in Grecia e questo ci farebbe pensare ad un influenza da ovest a est: furono i buddisti influenzati dagli Orfici? Non lo possiamo sapere, ma c'è un altro punto d'incontro con similitudini a dir poco notevoli: Gran parte di quello che conosciamo direttamente dei culti orfici ci viene da piccole lamine d'oro trovate nelle sepolture sparse nei vari territori del mediterraneo greco. I testi che si trovano incisi su di esse danno indicazione al morto sulla strada nell'oltretomba e come nel Libro Tibetano dei Morti, esse sono molto dettagliate. (laminette orfiche). In oltre nelle rappresentazioni di orfeo torniamo alla figura della divinità circondata dagli animali nella natura (generalmente orfeo suona la lira).


Dioniso era molto caro ai seguaci dell'orfismo che è la divinità mutevole per eccellenza e bisogna dirlo, non erano ben visti in città e vengono derisi in molti testi dell'epoca per le loro abitudini alimentari e le loro credenze. Tuttavia sappiamo che anche ai seguaci di Dioniso (o almeno a parte di essi) era vietato cibarsi di esseri viventi ma si cibavano di carne cruda durante il sacrificio di iniziazione. Questo ci rimanda ai Bramini dell'india tra le altre cose. Gli inni orfici alle divinità e alle forze della natura sono qualcosa di meraviglioso, di animistico e poetico. I Pitagorici furono poi influenzati dagli orfici, ovviamente, e a loro volta sembra che i Druidi studiassero assiduamente Pitagora. Ce lo dice Ippolito, nel Refutatio Omnium Hæresium:

"I druidi dei Celti hanno studiato assiduamente la filosofia pitagorica, a ciò spinti da Zalmoxis, lo schiavo di origine tracia appartenente a Pitagora, il quale Zalmoxis venne in quelle contrade dopo la morte di Pitagora e fornì loro l’occasione di studiarne il sistema filosofico". 

Anche Ammiano Marcellino ci dice che: "I Drisidi infine, superiori per ingegno ai precedenti, unitisi, secondo l’insegnamento di Pitagora, in fraterni sodalizi, si volsero alla speculazione di problemi occulti ed elevati e, con disprezzo delle cose terrene, proclamarono l’immortalità dell’anima.” Sappiamo da molte fonti che i Druidi dei Celti credevano nella trasmigrazione delle anime infatti, erano anche vegetariani? Sappiamo che presiedevano i sacrifici, anche cruenti, ma era una cosa che riguardava tutti i druidi? O come i bramini dell'india si astenevano dal mangiare carne ma praticavano i sacrifici? Certo è che i druidi moderni non praticano sacrifici e in molti non mangiano carne.


I "Buddha celtici".
A questo punto torniamo in Europa occidentale nell'antica Liguria e più precisamente al santuario di Roquepertuse un centro abitato dai liguri Salluvi che si trova a nord di Marsiglia. Qui all'inizio del secolo durante gli scavi effettuati da Henri de Gérin-Ricard vennero alla luce i resti di quello che doveva essere una zona sacra di grande importanza: un portale con evidenti rimandi al culto celtico della testa (LINK) ma soprattutto a due statue raffiguranti due figure nella posizione del loto. Le sculture, incomplete a causa dei danni del tempo sono incredibilmente simili alle statue dei Buddha dell'estremo oriente. Purtroppo dei culti di queste popolazioni, che potremmo considerare nostri avi, non sappiamo molto: la datazione di questo sito va dal VI secolo al periodo precedente all'occupazione romana a seconda delle differenti teorie.


Si possono fare comunque dei collegamenti con il culto delle teste celtico appunto, di cui ci raccontano gli autori classici, in oltre lo stile scultoreo rimanda al vicino oppida di Entremont. Mancano le teste e gran parte delle braccia ma il materiale ci ha permesso di scoprire moltissimo di popolazioni che altrimenti utilizzavano il legno per la stragrande maggioranza dei manufatti e delle costruzioni e di cui quindi abbiamo pochissimi esempi. Una considerazione da fare è anche quella della suddivisione tra celti e liguri dell'età del ferro, davvero inconsistente.

Un Buddha tailandese esposto al MAO di Torino.

Tra gli altri reperti sparsi per l'Europa e tragicamente sconosciuti ce n'è un altro che proviene dal santuario di La Beauve (Meaux) appartenente alla popolazione dei Meldes dove sono stati scoperti molti oggetti celtici risalenti al III secolo avanti cristo. La fattura minimalista è notevole e in questo caso la posizione "del loto" è ancora più particolare. Entrambe le mani sono appoggiate sulle ginocchia e la forma ha un'eleganza e un'armonia molto esotica e moderna.

Il guerriero di "La Beauve" (Meaux)

I "Celti buddisti".
Ma esistevano anche dei Celti buddisti? Vediamo sempre le cose dal nostro punto di vista, quello occidentale, ma esisteva qualcosa dal punto di vista opposto? Sicuramente la cultura ellenistica influenzò pesantemente le valli dell'attuale Pakistan e dell'Afganista nel regno del Gandahara in cui il buddismo prosperava a quei tempi, questo incontro diede vita ad una cultura greco-buddista. Nel sito di Hadda





La Swastika.
A questo punto, senza allontanarci troppo, andiamo a vedere un altro simbolo che collega oriente e occidente. la Svastica. Sono due parole per dire che l'immagine negativa che noi abbiamo di questa croce deriva esclusivamente dall'uso che ne fecero i nazisti. Questo simbolo solare è sempre stato parte dell'occidente e non solo dell'oriente, il suono in sanscrito Swastika significa "ben essere" (Su = buon, Asti = essere) ed è sempre stato associato alla buona salute, alla fortuna. Non c' una direzione buona e una cattiva (卐 o 卍) e la troviamo ovunque, dal Giappone a Roma, dalle Americhe alla Siberia. Qui però a noi interessa quando è associata con certe figure: chiunque sia stato in Giappone sa che sulle mappe la svastica indica un tempio buddista, sono molti i Buddha che la portano addosso e compare sui Piedi del beato come segno di buon auspicio.


La pagina wikipedia in inglese è molto ben fatta e può essere utile per farsi un'idea più completa di questo simbolo: LINK Qui sopra ho messo alcune figure classiche del Buddha nella posizione del loto con la svastica sul petto e quindi bisogna andare ad alcune figure trovate sulle navi vichinghe tra cui la più famosa decorava un secchio sulla nave di Oseberg, risalente all'800 dopo cristo e quindi al medioevo. Lo stile rimanda alle figure celtiche di cui abbiamo parlato sopra, qualcuno ipotizza anche che la parte superiore del capo mancante potesse essere dotata di corna. Non si può però ignorare la somiglianza con le figure buddiste orientali e questo apre molti possibili collegamenti Tra l'Europa antica e medievale e l'estremo oriente.


I Buddha Vichinghi.
Potrebbe sembrare un collegamento troppo fantasioso e forzato quello tra vichinghi e buddismo, basato su simili posizioni e simboligie indoeuropee. Ma in effetti non è così: nel 2015 le poste svedesi pubblicarono un francobollo, parte di una serie per la commemorazione dell'era vichinga raffigurante un Buddha seduto nella posizione del loto. Si trattava di una statuetta di bronzo ritrovata nel 1954 durante gli scavi di Helgo, un piccolo non lontano da Stoccolma il cui nome tra l'altro, significa "isola sacra". Gli archeologi hanno stabilito che la rappresentazione alta circa 8 centimetri sia stata fusa nel V-VI secolo d.c. nella zona del Kashmir tra India e Pakistan. La figura presenta il terzo occhio simbolico sulla fronte, simbolo dell'illuminazione, i lobi delle orecchie allungati che rappresentano la discendenza reale ed è seduto su un doppio loto che ne testimonia la purezza. La statuetta inoltre è stata ritrovata con dei lacci di cuoio che indicano che fosse portata durante i viaggi forse come talismano. Gli storici ipotizzano quindi che questo Buddha di bronzo abbia viaggiato per qualche secolo attraverso le steppe, i fiumi e le foreste euroasiatiche dalle montagne dell'Himalaya alle terre scandinave, facendoci pensare quanto poi certi collegamenti tra est ed ovest siano poi molto più reali di quello che si possa immaginare.



E' doveroso tornare un attimo all'Europa neolitica di circa 7000 anni fa, nella zona tra Romania e Serbia in cui venne scoperta la sepoltura di Lepenski Vir di più sopra. Appartenenti alla cultura di Vinca, di poco successiva, sono state scoperte tantissime statuette, molte raffiguranti dee femminili (di cui si è occupata molto Marija Gimbutas) e altri particolari "personaggi", molti dei quali adornati con svastiche.


Bisogna dire che tutto quello che ho scritto qui sopra ha a che fare con i simboli e con la mitologia, non sto dicendo che ci fossero persone o missionari che facevano avanti e indietro come facciamo noi oggi con gli aerei. Alessandro il grande giunse in India e con lui la cultura greca venne a contatto con gli scivaiti e i primi buddisti, questa è storia. Da questo incontro nacque l'arte buddista del Gandhara (zona compresa ta Pakistan e Afganistan) in cui la storia del Buddha è rappresentata con uno stile greco: in Italia sono molte le collezioni pubbliche che conservano reperti di questo tipo tra le quali quelle del MAO di Torino e il Museo Nazionale d'Arte Orientale "Giuseppe Tucci" di Roma. Ci sono poi alcune testimonianze antiche che vedono l'arrivo di un'ambasciata indiana che venne inviata a Roma tra il 22 a.c. e il 13 d.c. di cui faceva parte un monaco buddista che si sarebbe dato fuoco ad Atene  per dimostrare la sua fede. L'evento venne raccontato da Nicola di Damasco che incontrò l'ambasciata ad Antiochia, la tomba di costui era ancora visibile ai tempi di Plutarco (LINK).


L'imperatore Ashoka, che si convertì al buddismo e promosse la dottrina nell'India antica, inviò dei missionari in Sri Lanka ma anche in Siria, Egitto e Grecia e c'è chi dice che questi insegnamenti ispirarono anche Gesù, ma siamo nella pura speculazione. I romani iniziarono a commerciare direttamente con l'India nel secondo secolo dopo cristo (continuando poi anche in Cina dove inviarono delle ambasciate) e non è un mistero questo. I ricchi romani amavano le merci che giungevano dall'estremo oriente la seta e per esempio a Pompei è stata trovata una statuetta in avorio raffigurante la dea Lakshmi, conservata sotto le ceneri dell'eruzione fino al 1900. Alcuni scavi abbastanza recenti sulle coste meridionali dell'india (Arikamedu e Muziris) hanno portato alla luce Anfore, vasellame (tra cui una coppa col marchio di una fabbrica di Arezzo), vetri dipinti, monete d’oro: tutto materiale di scavo di origine Romana, e testimoniano circa 200 anni di commerci. (*)  Il professor Raoul McLaughlin dell’Università di Belfast, studioso delle rotte commerciali tra Roma, l’India e la Cina, identifica un busto che si trova alla Galleria Borghese con un romano convertito al buddismo. Ha la corazza da generale ma porta i capelli alla moda dei buddisti del Gandhara, «forse proprio uno di quei Yavanas di cui tanto parlano gli antichi testi Tamil» e non è l'unico.

Statuetta della dea Lakshmi da Pompei.

Lo Zen viene da occidente?
Nella visione occidentale e banalizzata lo Zen rappresenta quasi l'oriente stesso. L'estremo oriente, il Giappone. Bisogna dire che generalmente quando si dice Zen si pensa ad uno stile minimalista, magari per il bagno o per un profumo, siamo in un epoca e in una società in cui tutto, per arrivare alle masse, diventa "Pop", semplificato e filtrato da tutto quello che non è pura immagine utilizzabile per vendere qualcosa, il cibo di un ristorante, un sapone, una compilation musicale. Con Zen si intende un'insieme di scuole buddiste giapponesi che derivano dal buddismo Chán cinese ed è, semplificando al massimo, una forma di buddismo che enfatizza la pratica della meditazione evitando le speculazioni intellettuali. Il buddismo Chán si sviluppò in Cina tra tra il VI e il VII secolo d.C. e da esso derivano appunto la tradizione Zen in Giappone, Quella Sòn o Seon coreana e la Thiền vietnamita e fanno tutte parti del più grande insieme delle scuole buddiste Mahayana. Il termine Chan (da cui deformati derivano i termini Zen, Sòn e Thiền) deriva a sua volta dal termine sanscrito Dhyāna che significa letteralmente "visione" e che viene usato per rendere il concetto di "meditazione". In cina per rendere il suono di questo dermine venne usato l'ideogramma  禅 che viene letto in cinese Chàn e in giapponese Zen. Il punto è che le origini leggendarie di queste scuole buddiste non sono facilissime da ricostruire ma vengono fatte risalire alla figura di Bodhidharma.

Bodhidharma in una stampa giapponese ottocentesca di Yoshitoshi

Bodhidharma fu un leggendario monaco buddista giunto in Cina per insegnare una forma di buddismo mahayana incentrata, appunto, sulla meditazione ma sulle cui origine, come per l'origine del buddismo Chàn, resta un alone di mistero, anche per le incongruenze dei vari testi. Il punto è che il maestro viene sempre raffigurato con tratti occidentali, capelli rossi e occhi azzurri, chiaro segno che in oriente è sempre stato visto in questo modo In oltre l'unica testimonianza contemporanea sulla sua figura si trova negli "Annali dei Monasteri di Loyang" in cui Bodhidharma viene descritto "un persiano dagli occhi blu sui 150 anni di età" che praticava la recitazione del nome del Buddha". Le altre fonti più tarde lo descrivono come originario ancora una volta della Persia (Iran) o dell'Impero Kusana (un'impero multiculturale che oltre all'India del Nord, andava dall'Afganistan alla Cina). In ogni caso viene generalmente descritto come un uomo di etnia caucasica europoide.

Rappresentazione di un monaco dai tratti occidentali che insegna ad un monaco orientale in un affresco delle Grotte dei mille Buddha di Bezeklik

Il Buddismo celtico moderno.

Epoca contemporanea: il buddismo si espande in occidente.


"Le cose esistono ma non sono reali" - Mu Soeng

Critiche all'espansione del buddismo in occidente: perchè in molti criticano il buddismo in occidente? Si tratta principalmente di posizioni con una basa identitaria e nazionalistica: si vede il Buddismo come una delle tante influenze culturali aliene e quindi viene criticato. La ragione è sempre la stessa, la paura di quello che viene da fuori, di quello che non si comprende e quella di perdere le proprie tradizioni a cui, per vivere, ci si attacca. Eppure il buddismo è quasi universalmente conosciuta come una religione pacifica con posizioni generalmente meno radicali di, per esempio, quelle delle religioni monoteistiche. I detrattori quindi reagiscono in vari modi: negli ultimi anni alcuni hanno cercato di screditare questo aspetto pacifico del buddismo, prendendo casi estremi o addirittura inventando "fake news", il governo cinese lo ha fatto per anni, ad esempio descrivendo alcuni rituali tantrici riservati a pochi iniziati come pure perversioni a chi non ne sapeva niente. In occidente la posizione contraria più comune credo sia quella di vedere il buddismo come una moda new age per hippies malati di orientalisimo o anche come una cosa lontanissima e incompatibile con la filosofia occidentale. E' anche per questo che ho scritto questo post.


>>> Da continuare <<<



Bibliografia:
- Alain Danielou, "Shiva e Dioniso".
- Miranda Green, "Symbol and Image in Celtic Religious Art".
- Miranda Green, "Dizionrio di Mitologia celtica"
- Miranda Green, "
- P . Wuilleumuier, "GOBELET EN ARGENT DE LYON", 1936
- Religion et Société en Gaule (Rhone)
- Geoff Bailey, Penny Spikins, "Mesolithic Europe", 2008
- "I primi Europei", Jaca Book


Articolo:
(*) - Nell'antica Roma c'erano anche i buddhisti? - alcuni scavi dimostrano gli scambi tra Roma e l'India -
di Emilio Laguardia - Il Messaggero 07/07/2008

lunedì 11 marzo 2019

Le Dee Madri dell'Europa antica. 40 mila anni di rappresentazioni al femminile.

Il titolo è un pò ruffiano. Non tutte le dee antiche erano anche madri, ma di solito si chiamano così. Questo post parte dalla visita alla meravigliosa visita alla mostra "Donne, Madri, Dee" ai musei civici di Udine di inizio 2018. "Una mostra rilevante dal punto di vista scientifico, perché per la prima volta si raccolgono esempi rari e unici della produzione figurativa antica del Centro Europa e dei Balcani, e in qualche modo attinente e prossima anche per tematica: lo stesso Neumann nel 1981 considerava queste produzioni figurative “rappresentazioni della dea della fertilità…simbolo archetipico della fertilità e del carattere elementare, soccorrevole, protettivo, nutriente”.



Statuetta femminile - Ljubljansko barje, Solvenia - 2500 a.c. - Terracotta

40 MILA ANNI DI RAPPRESENTAZIONI AL FEMMINILE

Oggi come nella preistoria l'uomo esprime attraverso simboli la sua visione del mondo e della sua realtà interiore. Le analogie formali tra arte paleolitica e contemporanea nascono da identici procedimenti concettuali di astrazione. Da 40 mila anni iconografia e metafore appaiono immutabili. Donna, madre o dea, generatrice del figlio di Dio o corpo che si offre nella sua tragica nudità, la presenza della donna è costante attraverso i millenni.

La mostra si apre con uno degli oggetti più rappresentativi del Paleolitico italiano, la cosiddetta Venere di Savignano, scoperta a Savignano sul Panaro (Modena) e risalente a ben 25.000 anni fa e oggi conservata presso il Museo Nazionale Preistorico Etnografico “Luigi Pigorini” di Roma. Il materiale è il Serpentino.

Venere di Savignano - Savignano sul Panaro (Modena) 25.000 a.c.
La mia preferita, anche se più giovane di 20.000 anni è la statua femminile bicefala di Vho, trovata a Vho di Piadena (Cremona) e risalente ad un periodo compreso tra il 5500 e il 5200 a.c. Il materiale è la terra cotta ed è conservata al museo archeologico di Piadena (Cr).

Statuetta femminile bicefala di Vho - Vho di Piadena (Cremona) - 5500-5200 a.c.
Molte e incredibili sono le rappresentazioni in terracotta provenienti dai Balcani, come la serie appartenente alla Cultura di Vinca (LINK) che grosso modo vengono dall'attuale Serbia e che risalgono al 5500-4500 a.c.

Cultura di Vinca - 5500-4500 a.c.

Cultura di Vinca - 5500 - 4500 a.c.
Bellissime le due statuette provenienti da Bilcze Zlote, Ucraina facenti parte della cultura di Cucuteni-Tripolye e risalenti al periodo che va dal 4800 al 3000 a.c. conservate al museo di Archelogico di Cracovia in Polonia. Anch'esse in Terracotta. Ne ha parlato Marija Gimbutas e in effetti ricordano la "famosa" Dea Civetta. 

Statuette femminili di Bilcze Zlote, Ucraina - 4800 - 3000 a.c. - Terracotta.
Apartenente alla Cultura di Starcevo, ma proveniente sempre dalla zona serbo-croata è questa statuetta in terracotta più imponente del 5500 a.c.

Cultura di Starcevo - 5500 a.c. - Terracotta.
Mentre molto più astratte e più recenti sono queste tre rappresentazioni provenienti dalla Slovenia e dalla Croazia che risalgono a seconda, da un periodo che va dal 4300 al 2500 a.c.

Rappresentazioni provenienti da Slovenia e Croazia. 4300-2500 a.c. - Terracotta.

domenica 19 dicembre 2010

Santa lucia e il Solstizio d'inverno.

Santa Lucia, il giorno più corto che ci sia” dice un vecchio detto. Questo detto è ovviamente sbagliato perchè il solstizio d'inverno, ovvero il giorno più corto dell'anno è il 21 dicembre con possibili errori che magari astronomicamente lo possano fare cadere il 22 per esempio. L'errore risale a rpima del 1582 (quando tagliando 10 giorni il papa "tagliò" l'errore accumulato nei secoli); fino a quell'anno la differenza tra calendrio civile e calendario solare era diventata sempre più grande accumulandosi negli anni fino a che il giorno più corto dell’anno diventavo proprio il 13 dicembre. Del resto anche il natale è festeggiato il 25 come rinascita del sole che in realtà inizia crescere dal 22 dicembre, proprio perchè venne stabilito dai romani sulla data del Sol Invictus.


Ho scelto questa foto per raffigurare Santa Lucia, in cui si vede associata ad una sorgente. Insolito, ma ancora una volta collegata a culti naturali precristiani

Detto questo perchè questo collegamento tra Santa Lucia, il solstizio d'inverno, il nome Lucia = luce (latino Lùcia: radice è lux, lucis, luce) e i vari simbolismi degli occhi? Molto strano che si tratti di una santa realmente esistita in quel di Siracusa intorno al 300, anni di cui non si sa niente di certo e che sia morta proprio in quello che si credeva il giorno più corto dell'anno! Mia nonna raccontava che ai sui tempi i regali non li portava Babbo Natale e nemmeno Gesù bambino, ma Santa Lucia!

Divinità solare quindi? Per gli antichi nel giorno più corto dell'anno moriva il sole per poi risorgere in quello dopo. Non bisogna essere tratti in inganno dal nome maschile del sole, Belisama ad esempio era una divinità solare, consorte di Belus. Per i giapponesi la dea più importatante (nello Shintoismo) è Amaterasu, dea del sole, dai cui si pensava derivasse per discendenza diretta l'imperatore! Il collegamente come succede quasi sempre con le feste cristiane europee è molto facile. Una Dea del sole che moriva durante il giorno in cui il sole arrivava quasi a sparire, e che ogni anno veniva festeggiata proprio quel giorno. Andando a cercare un pò più a fondo si finisce in Sicilia, dove si dice che sia vissuta questa santa. Simboli di questa "santa" sono le spighe di grano, la luce, gli occhi, che ci rimandano direttamente a Demetra e ad altri culti di origine greca profondamente radicati nella Magna grecia e che sopravvivono in molti casi ancora oggi.

Anche Lucia quindi.

martedì 5 gennaio 2010

EPIFANIA, Befana, festa cristiana? O pagana?

Oggi non ho molto tempo, ma non ce la faccio proprio a non scrivere 2 righe sull'Epifania. Cercando notizie si internet, vengono fuori solo cenni riguardanti alla nascita di Gesù e dei Magi. Pensate pure che io sia un paranoico (in effetti lo sono) , eppure... come mai questa cosa non viene in mente a nessuno?
Fina dai tempi dell'asilo con suore e gente varia, quando era tempo dell'eifania io penso alla BEFANA! A TUTTI VIENE IN MENTE LA BEFANA! Cosa significa? Che è solo un'altra delle tante feste pagane trasformate in cristiane quando era impossibile debellarla. Il periodo che va dal "Natale" al giorno dell'"Epifania" era infatti un periodo molto importante per quanto riguarda il culto dei morti per i nostri avi della vecchia Europa. Ci sono numerose leggende al riguardo. La maggior parte di esse parlano di schiere di spiriti, demoni e presenze varie che vagano nelle notti di questo periodo. La Befana è comunque il personaggio che tutti conosciamo meglio. Una ricerca al riguardo della befana è molto interessante dal punto di vista antropologico.
Questa figura è ancora molto popolare in Europa (principalmente in area alpina e germanica) e risale alla figura della BERCHTA, figura mitica femminile, conosciuta con molti altri nomi (Perchta, Bercht, Percht... e appunto anche Befana) che vaga nella notte dell'Epifania. Questo è ciò che è giunto a noi di un'antica divinità del Pieno Inverno (Holle... ecc...) legata appunto al culto dei morti e della morte nel ciclo solare dell'anno. La cosa interessante di questa figura è che non venne mai cristianizzata. Mano a mano assunse connotati sempre più negativi, diventando bruttissima, vecchia e sempre più malvagia. Divenne capo di schiere demoniache, punitrice di bambini cattivi e giovani ragazze con poca voglia di lavorare, in breve come tutte le divinità femminili pagane e della natura divenne una strega. Ma alla fine, per tutti i bambini ancora oggi la Befana è una figura positiva da cui aspettarsi dei dolciumi.
La Befana non è un prodotto importato dagli USA o inventato dalla TV. Sta sera non anche se la maggior parte della gente non lo sa, festeggerà una vera festa europea, una divinità femminile dell'Inverno!
W LA BEFANA.


venerdì 14 novembre 2008

Enciclopedia delle entità fatate...

Enciclopedia delle entità fatate... nell'area alpina, Italia del nord e zone limitrofe.

Anche questa nuova (grande) parte è stata "taggata" come sopravvivenza urbana, oltre che come folklore. Il motivo è che sono una testimonianza di un epoca passata in cui credenze religiose, vecchie credenze servivano ancora a confortare l'uomo, non a terrorizzarlo o a sottomettere i suoi simili con i dogmi. A volte leggere libri e scritti al riguardo riesce a consolarmi un pò nella vita di tutti i giorni, a farmi evadere dalla città almeno con la mente e dalla cultura materialista in cui viviamo. Folletti, fate, spiritelli (usualmente questo insieme è chiamato "piccolo popolo") esistono in tutte le culture euro-asiatiche dalla Sardegna al Giappone e sono una testimonianza dell'animismo, primordiale forma di spiritualità che dava un'anima a tutti gli esseri viventi e non. In questo caso, esistendo migliaia di questi strani personaggi.

Possiedo alcuni libri sull'argomento e dividerò la lunga lista per ordine alfabetico, con rimandi e note. Inizio quindi con la alettere A e spero di proseguire presto con le altre. Ogni voce non è definitiva ma sarà arricchita con il tempo di altri particolari. Ogni aiuto sarà ben gradito, quindi commentate o contattatemi pure per segnalare folletti e spiriti non presenti nella lista o per eventuali correzioni.

> A

Alberi - vedi:

Aguane (nord-est Italia). Varianti: Anguane, Agane, Aganis, Guane, Pagane, Oane.
Simili alle Ondine alle Sirene sono una specie di fate/streghe che vive nei pressi di sorgenti, laghi e corsi d'aqua. Dall'aspetto molto seducente a volte, danzanti nude prima di tuffarsi oppure vecchie e spaventose altre volte. Si dice avessero i piedi rivolti al contrario, palmati o caprini, quelle della "Spelonca delle Anguane (VR) erano per metà serpente. Sono rintracciabili in molte leggende e racconti del triveneto e si dice fossero visibili solo di Venerdì.

Alp (ALPI: Germania, Svizzera, Austria, alcune zone del nord Italia). Varianti: Alb, Cianciut, Trude, Drud, Druckerle, Toggeli, Doggi, Mara, Schratt, Walrider, e molti altri.
L'Alp è uno spirito oppressivo notturno, forse benigno in origine, il suo nome deriverebbe dal sassone Alf/Elf e quindi di origine nordica. Questo spirito notturno causa incubi e soffocamento al dormiente mettendosi sul petto. Nel caso di sogni di carattere erotico è identificato come spirito femminile/strega (la Trude). Il suo aspetto non è chiaro: può manifestarsi sotto forma di una piuma, di un gatto o di una bella fanciulla. Può anche trattarsi un essere umano costretto dal fatto a tramutarsi e ad aver bisogno di opprimere qualcuno o di uno spirito di un defunto. In questo ultimo caso bisogna identificare il cadavere che lo ha generato e mettergli un limone in bocca per neutralizzarlo. Si può anche tappare i buchi delle serrature oppure dormire con la luce accesa, visto che l'Alp odia la luce. Sembra che quando questo spirito non si dedichi ad opprimere i dormienti, si fermi a chiedere informazioni ai passanti.

Angeli. In molti casi di avvistamenti di angeli o di madonne nei boschi, nelle grotte, nei pressi di una fonte, si tratta della trasformazione di fate o altri spiriti antichi e nella loro sopravvivenza nell'era cristiana.

Animali - vedi:

Aspio (Trentino). Si tratta di uno strano animale per metà pipistrello e per metà salamandra, velenossissimo bastano le sue esalazioni per provocare la morte. Si trovava nell miniere di pirite di Roncegno Terme (TR).

Aufhocker - vedi: Coboldo, Folletto.

> B

Bambola dei malgari (Alpi occidentali).
I malgari che dovevano stare soli per tutta l'estate sugli alpeggi reagivano alla mancanza di una presenza femminile creando una bambola alla quale davano un nome e del cibo. La bambola allora prendeva vita e svolgeva tutti i lavori femminili oltre che essere ospitata alternativamente nei letti degli alpigiani. In autunno gli uomini gli uomini dovevano tornare a valle ma non volevano portare anche la "creatura". Essa allora pretendeva che uno dei malgari restasse con lei: mentre i compagni lasciavano la malga vedevano che la bambola uccideva il loro compagno, lo scuoiava e stendeva la pelle sul tetto.

Bargniff (Nord Italia).
Strana creatura che viveva lungo i corsi d'acqua, specialmente lungo il Po, rifugiandosi sotto i ponti.

Basadonne (Trentino). Vedi: Uomo Selvatico. Si tratta di uno dei numerosi uomini selvatici, particolarmente mostruoso, figlio di una gallo e di una scimmia. E' ricoperto di peli, ha ali di pipistrello e mani lunghissime. La sua attività principale è quella di importunare le donne sole nei boschi o addirittura di rapirle. Il suo nome credo significhi bacia-donne ed è da notare la somiglianza di nome con l'uomo selvatico dell'area basca Basa Iaun.

Befana (Nord Italia). vedi: Berchta.

Berchta (Alpi) Varianti: Berta, Brechta, Perchta, Befana.
E' una delle figure più importanti e affascinanti del folklore alpino e con molti collegamenti antropologici. Si tratta anche in questo casa di una Fata/Strega (a seconda dei casi). Deriva dalle divinità/dee precristiane dei boschi e dell'inverno rintracciabili ovunque in Europa dalla grecia alla scandinavia, poi man mano diventata malefica con l'avvento del cristianesimo. E' principalmente legata alle origini pre-cristiane dell'epifania e della morte: nel periodo medievale ormai demonizzata si diceva fosse alla guida di una schiera demoniaca costituita dagli spiriti dei bambini morti senza battesimo che vagavano nei 12 giorni tra il natale e l'Epifania. Essa è infatti la nostra Befana ancora oggi così popolare dalle nostre parti. Un'altra delle sue trasformazioni in epoca medievale è quella di protettrice, in realtà spauracchio, delle filatrici che controlla dalla finestra ma che non esita a punire. A quelle pigre, infatti taglia la pancia e la riempie di spazzatura. Con questo nome vengono anche identificati vari personaggi storici/mitici tra il VII e il XII secolo, tra cui la madre di Carlo Magno e la regina Pedoca: Berta dal gran Piede (Vedi: Pedoca).

Bis (Val di Sole - Trentino).
Erano degli esseri unici i Bis: dei draghi minuscoli e alati che infestavano la Val di Sole. Essi volando mordevano i malcapitati iniettando un veleno mortale.

Bragola (Val Cavargna - Lombardia). Vadi: folletti, nani.
I bragola sono piccoli di statura, con lunghe braccia e con un corpo tozzo e ricoperto di pelo. A volte aiutano i contadini nel duro lavoro dei campi, ma loro indole è principalmente burlesca. Essi infatti non riescono a non tirare brutti scherzi ai viandanti solitari facendo urla spaventose, o inseguendoli soprattutto di notte. A volte si introducono nelle abitazioni e ribano cibo: prediligono noci e castagne.

Bregostane (Alpi). Vedi: Uomo Selvatico.
Donne Selvatiche, forse le compagne dei Selvan/Servant. Erano mostruose, ricoperte di peli e dotate di artigli che usavano per uccidere e squartare i malacapitati. Esse infatti amavono mangiare gli intestini umani, soprattutto quelli dei bambini. Esse però non possono esimersi dall'aiutare i boscaioli: per catturarle infatti bisognava fargli mettere le mani in un tronco tenuto aperto da un cuneo. Temono i cani.

Butac (

> C

Canett (Piemonte e nord Italia). I canett sono gli spiriti dei morti, disolito anime dannate, che si spostano per le campagne piemontesi di notte sotto forma di cani neri, grigi a volte bianchi, urlanodo e abbaiando. Imbattersi nella loro corsa notturna è segno di grande sventura e non bisogna assolutamente tagliare loro la strada o cercare di fermarli. Sono conosciuti anche in altre zone del nord Italia con nomi e caratteristiche di poco differenti: catha selvarega, cagnolitt.

Cherchet (Piemonte) o Kerket folletti piemontesi conosciuti nelle valli di Pinerolo

Cianciut (Friuli Venezia Giulia). Vedi: Alp.
Versione triestina dell'Alp che oltre a opprimere i dormienti ne succhia il sangue.

Coboldo (Germania, Alpi). Vedi: Folletto.
E' il nome tedesco per indicare i folletti o gli spiriti domestici. Si nasconde, si trasforma in oggetti, piante o animali o rimane invisibile. Non è socevole e in mancanza del padrone di casa controlla ogni cosa anche i famigliari o il personale di servizio, egli infatti può essere onnipresente. La sua statura è quella di un bambino di 3 anni. In generale sono esseri di indole tranquilla ma a volte, come tutti i folletti, possono essere inclini agli scherzi e nascondere gli oggetti. Bisogna tuttavia rispettare il Coboldo perchè è il protettore della casa e tiene lontane malattie e disgrazie.

Crusc (Alpi, Piemonte).
Sono dei tipici nani/gnomi alpini: più piccoli dei bambini ma molto forti escono solo al crepuscolo o nelle giornate nebbiose. Abitano le grotte e i ripari sotto le rocce strapiombanti. Come gli altri gnomi sono in grado di parlare con gli animali e conoscono i segreti delle piante. Hanno una strana particolarità, tengono le dita accavallate le une sulle altre ma soprattutto sono permalosissimi: è sconsigliabile rivolgergli la parola ma soprattut prenderli in giro.

> G

Guane - vedi Anguane

> K
Kerket vedi Cherchet

> O

Oane - vedi Anguane

> P

Pagane - vedi Anguane

Pedoca (Piemonte, Alpi). Varianti: Pedoque. Vedi Berta.

lunedì 23 giugno 2008

BELISMA, Belisama, dea del Fuoco!

BELISMA, Belisama, dea del Fuoco!

Belisama era la compagna di Belanu (qui sotto) e deriva dalla stessa radice proto-indoeuropea "Bel", Luce. Non so, onestamente, chi dei due fosse più importante, ma della divinità femminile ho trovato meno notizie forse a causa della nostra civiltà attuale che considera sempre "il maschio" più importante.
Come il suo compagno Belisama era adorata in Europa continentale dall'Illiria alle isole britanniche, da Iberi, Liguri e Celti ed era la Dea del Fuoco, quindi importantissima.
E' stata collegata a Brigid e poi in periodo Gallo-Romano con la dea Minerva.
Era connessa anche con la luce, con le arti e con i corsi d'acqua. Molte sono le iscrizioni trovate a lei dedicate. Famose quelle di  Vaison-la-Romaine in Provenza che indica la dedica di un Nemeton (bosco sacro) alla divinità, e quella di Saint-Lizier in Aquitania che la associa appunto a Minerva.
In epoca romana, il fiume Ribble in Inghilterra era conosciuto con il nome di Belisama. Anche lei veniva fessteggiata il 1° Maggio (Beltane).
Il Biancospino era la pianta sacra alla Dea, con la quale avrebbe segnalato a Belloveso il luogo in cui fondare Milano. Sempre legata alla fondazione di Milano e alla Dea era la Scrofa bianca, animale sacro e simbolo della città Lombarda che venne in seguito maschile transformandosi  nel Cinghiale Bianco, sacro al dio Lugh.
Molto interessante è notare che alla Dea, come abbiamo visto più su, erano dedicati Nemeton: questa usanza continua ed è arrivata fino a noi tramite le cappellette che ancora oggi si trovano in campagna di solito all'inizio o all'interno di un bosco o di quello che un tempo lo era. Al loro interno si trova sempre una Madonna a cui si offrono fiori freschi.

LINKS:
http://it.wikipedia.org/wiki/Belisma


BELANU - Divinita' solare della luce.

BELANU - Divinita' solare della luce.
(Conosciuto anche come: Belenos, Belinos, Belinu, Belinus, Belenus, Veran, Vaerano, Bellinus, Belus, Bel...)
 


Il mio amico Maba, l'altro ieri, per il solstizio mi ha mandato gli auguri con una dedica a Belanu. E' vergognoso che questa divinità così popolare nelle Gallie, in particolar modo nella Gallia Cisalpina, sia praticamente sconosciuta oggi. Conoscevo questa divinità solare principalmente perchè ne avevo letto come una delle poche divinità conosciute adorate dai Liguri (come Penn/Pennina di cui parleremo prima possibile!) e così ho voluto fare una ricerca riprendendo in mano qualche libro che avevo in casa in bilblioteca e su internet naturalmente. Belanu deriva dall'indoueropeo "Bel" che significa "luminoso", "Brillante" ed era una divinità legata ai culti solari. Belanu più tardi era conosciuto in area ed epoca Gallo-Romana come Apollo Belenus, una versione locale dell'Apollo mediterraneo perchè come la più famosa divinità era guaritore e dio del sole (sempre più chiare le connessioni tra dei celtici, greco-romani, nordici, ecc...). In realtà è una delle più antiche divinità protoceltiche conosciute ed era adorato nelle aree abitate da queste antiche popolazioni (Nord della penisola iberica, Gallia transalpina, Gallia cisalpina, Austria, Illiria e Britannia) e quindi inseguito da Iberi, Liguri e Celti. E' probabile che fosse lo stesso dio venerato nell'Inghilterra del nord come Belatu-Cadros e ha molti collegamenti con Lugh il cui nome significa infatti "splendente", adorato in Irlanda. Luoghi di culto dedicati a B. erano numerosissimi e si possono ricordare iscrizioni e santuari a lui dedicati scoperti a Marsiglia, Nimes, Aquileia, in Carnia, Kirkby Lonsdale, in Piemonte a Levo, dove una chiesetta romanica è stata costruita proprio su un piccolo tempio precedente dedicato a Belenus (di cui parliamo qui: LINK) e a Bellino (sotto)


Il nome delle città di Belluno e di Biella, così come probabilmente Belfast e molte altre, deriva probabilmente da questa divinità. Belanu era noto per la sua influenza sulla luce solare, sui cicli stagionali, sull'agricoltura, sulla temperatura, sull'allevamento e su ogni attivita' umana dell'epoca protostorica europea. Per questo è legato ai solstizi e ad altre ricorrenze stagionali (specialmente al 1° Maggio, festa della luce nota in area celtica con il nome di Beltane - "Bel" anche qui, fuoco-luminoso appunto ) ed'è indelebilmente rintracciabile nell'usanza ancora esistente nelle usanze contadine di tutta Europa di accendere fuochi e falò per queste feste.


Nella foto sopra una testa con raggi, (ribaltata) incorporata nella chiesa romanica di Bellino (il nome dice tutto), borgata Chiesa, nel vallone appaiono qua e là ,alcune delle celebri e strane teste mozze di stile Celtico , scolpite nella pietra e usate come materiali di rimpiego o di recuper durante il medioevo.

Era conosciuto anche come: Belenos, Belinos, Belen, Belinu, Belinus, Belenus, Bellinus, Belus, Bel, ma anche deformato in Velen-Veleno-Velino o Veran-Verano.

Belanu aveva una compagna chiamata Belisma o Belisama, dea a cui è dedicata la città di Milano (vedi fondazione di Milano) e di cui la "madonnina" è solo la versione cristianizzata.

Tempietto odierno dedicato al dio Belus. Si trova sulle pendici del Monte Tobbio (in provincia di Alessandria), e più precisamente al Passo della Dagliola.

Curiosità: Il settimo album "Belus" di Burzum uscito nel 2010 è dedicato proprio a questa divinità.

Libro:
Dizionario di Mitologia Celtica - Miranda J. Green
Culti Naturalistici della Liguria Antica - Italo Pucci - Luna Editore.

Links:
http://it.wikipedia.org/wiki/Belanu
http://en.wikipedia.org/wiki/Belenus (in inglese più completo)
http://jean.gallian.free.fr/bell2/breve/ip1.htm 
http://guide.supereva.it/druidismo/interventi/2005/08/220743.shtml

martedì 13 maggio 2008

Divinità: Cernunnos

Di Andrea

Divinità: Cernunnos.

Oggi inizio a parlare di alcune divinità a cui tengo particolarmente. In generale io sono quasi ateo, ma ho sempre sentito la forza di alcuni elemnti naturali. Di solito non parlo di queste cose, perchè le considero personali (e non è mia intenzione imporle a nessuno) se non quando bevo veramente tanto e magari mi trovo in luoghi particolari. Molti dei miei amici mi considerano pazzo. Mi risulta "strano" quindi parlare di divinità ma lo faccio per due motivi principalmente:

1) Sono appassionato di antropologia, mitologia, storie e quindi sono sempre stato affascinato da questi antichi miti, fina da quando da piccolo sentivo parlare di Ulisse e degli dei greci per esmpio, ma specialmente da quelli più sconosciuti e misteriosi...

2) Molti di questi miti non sono altro che una antropomorfizzazione delle forze naturali, ovvero un modo più semplice per rappresentarle che gli uomini, che fanno fatica a comprendere concetti più "astratti" hanno trovato nei secoli.

Divinità a cui tengo molto è sicuramente il dio CERNUNNOS. Il dio dalle corna di cervo, di cui come per la maggior parte delle divinità antiche europee non classiche, si sa molto poco.


La rappresentazione più antica è probabilmente quella trovata in Val Camonica che risale, sembra, al quarto secolo avanti cristo, mentre la più conosciuta si trova sul famoso calderone di Gundstrup della Danimarca pregermanica e risalente al primo secolo a.c. una zono mai interessata dalla presenza della cultura celtica quindi? Oggi sappiamo infatti che il calderone rituale venne costruito da artigiani in quella che oggi è la bulgaria per via dello stile e dei confronti con manufatti simili, non sappiamo se la manodopera fosse celtica o lo fosse solo la committenza e non sappiamo esattamente dove si trovasse quando venne preso come bottino di guerra dalle tribù germaniche che lo portarono appunto in Danimarca. 


Un'altra rappresentazione è quella del Pilier des nautes ("Pilastro dei barcaioli") a Parigi in cui si legge il nome Cernunnos, rilievo grazie al quale oggi sappiamo come venisse chiamato in ambito gallo-romano. 



Altre rappresentazioni praticamente certe sono invece giunte a noi molto rovinate, ad esempio quella della coppa di Lione, sempre di fattura gallo-romana a cui però manca completamente la testa.



Esistono molte alte rappresentazioni del Dio Cornuto, ma sono in poche quelle di cui siamo sicuri ad esempio quella che si presuppone venga da Cirencester in Inghilterra. Al riguardo bisogna dire che tutte le rappresentazioni di Cernunnos che provengono dal Regno Unito sono incerte.


Altre rappresentazioni vengono da altre parti d'Europa, interessante il fatto che la sua figura (vedi sotto) si confonda spesso non solo con quella di Pan e di Dioniso classici, ma anche con quella dello Shiva indiano (con cui probabilmente condivide un'origine pre-indoeuropea) e addirittura con quella del Buddha per vie più che mai complesse che infatti ritroviamo nel tempio celto-ligure di Roquepertuse vicino a Marsiglia e addiritture in epoche successive su di una nave vichinga.


In Italia oltre alla rappresentazione più antica del mondo trovata in Valcamonica (sopra) troviamo un mascherone celtico (forse del II sec. a.C.) di Vogogna nei pressi di Novara che a volte viene attribuito al Cornuto, ma probabilmente è riferibile a Verkos o Belenos o altra divinità celtica assimilabile ad Apollo (Gambari).


Sempre in Piemonte è documentata la presenza di un rilievo che chiaramente rappresenta Cernunnos (Corna, torques, posizione del braccio) ritrovato in località San Damiano a Villa del Foro (AL) ma di cui unica testimonianza sembra essere un rilievo apparso su una rivista del primo dopo guerra.


Cernunnos era la divinità naturale dei boschi, degli animali e degli istinti primordiali dell'uomo, rappresentato con le corna di cervo di solito con un torques al collo, uno in una mano ed un serpente nell'altra circondato da animali. Era sicuramente adorato dalle popolazioni celtiche delle gallie ma si pensa che il suo culto sia anteriore, il famoso "dio cornuto" indoeuropeo simile a Pan e sicuramente connesso con Dioniso in grecia e con Shiva in India. Da notare la fortissima somiglianza con la rappresentazione di Pashupati "proto-shiva" trovata a Mohenjo Daro in India, civiltà della valle dell'Indo, 2000 a.c. circa, che presenta tantissime similitudini con la cultura celtica e precristiana dell'Europa. (vedi: melusina-e-naga-kanya-e-sheela-na-gig)



Libro interessantissimo che consiglio a questo punto è "Shiva e Dioniso" di  A.Daniélou (Ubaldini Editore, Roma, 1980). Nel periodo Gallo-Romano questa divinità venne poi a volte identificata con il dio Pan (anch'esso legato a dioniso) e poi entrambi identificati durante la cristianizzazione dell'Europa con il Diavolo. Ancora adorato ai tempi della stregoneria durante i sabba in cui si conseravavano ancora elementi pagani e oggi da alcune correnti neo-pagane.