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sabato 25 novembre 2023

Alla ricerca di Belanu, Bellino in Val Varaita. Belenus.

Il video sul nostro canale Youtube per i più pigri:


Tanti anni fa scrivemmo un articoletto su Belanu (o Belenus, Belino, ecc...) divinità proto celtica della luce e del sole, considerato l'equivalente dell'Apollo greco e romano e che potete leggere a questo LINK. Quindi non ci dilungheremo troppo, sappiate comunque che il suo nome voleva probabilmente dire "Il Luminoso", "Lo Splendente" dalla radice indoeuropea Bel che ritroviamo ancora oggi in Italiano, per esempio in bello o in baleno. La divinità era sicuramente adorata dalle popolazioni Celtiche in generale, continentali, liguri e iberiche e anche da quelle insulari. In pochi sanno che era molto popolare in quella che oggi è l'Italia del Nord. Ad Aquileia in Friuli sono state trovate diverse epigrafe e si trovava un area sacra a lui dedicata nel periodo gallo romano. Sono poi molti i luoghi che conservano la sua memoria nel suo nome, tra di esse sicuramente il comune di Bellino in Val Varaita (Piemonte) dove ci siamo recati questa volta.


Bellino è un comune che si trova in alta Val Varaita (1390 m.s.l.m.) nelle valli occitane del Piemonte. Il nome è quanto mai interessante per la nostra ricerca: Belins in dialetto, nei secoli scorsi veniva registrato come Bellin, Belin o Bellins in francese. Il paese infatti è sempre stato a cavallo tra Piemonte e Delfinato ma la lingua è quella occitana. Il nome ci interessa perchè potrebbe derivare da Bego o Becco o da Belanu appunto, che in molti casi era conosciuto come Belin, Belino appunto. Il nome quindi sarebbe già interessante quindi, ma il motivo per cui siamo venuti fin qui, oltre alla bellezza della Val Varaita è che sul pittoresco campanile medievale di Borgata Chiesa (Bellino è suddiviso in 10 borgate lungo il torrente Varaita) si troverebbe probabilmente l'unica rappresentazione reale della divinità celtica solare che stiamo inseguendo. Per la verità se ne trova anche una a Levo, vicino a Stresa, ma è molto meno caratterizzata, l'articolo è leggibile qui: LINK.


La Borgata Chiesa è riconoscibile salendo in alta valle, già dal suo campanile, nel tipico stile medievale alpino di fattezze grezze in pietra locale, con un bellissimo tetto spiovente: se siete dei bevitore di tisane lo avrete sicuramente già visto infatti compare sulle confezioni delle infusioni biologiche Valverbe prodotte a pochi chilometri di distanza. Ed è proprio sotto questo campanile, al centro di questo piccolo e meraviglioso borgo che si trova la faccia raggiata scolpita sulla roccia che rappresenta la nostra divinità. Per trovarlo potete parcheggiare nell'unico spiazzo vicino al bar e addentrarvi negli stretti vicoli tenendo come riferimento la cima del campanile appunto.


Arrivati di fronte alla piccola chiesetta dedicata a San Giacomo, interessanta dai recenti scavi (2018) in cui sono venite alla luce alcune sepolture medievali si entra aprendo un cancello sulla destra della facciata e si entra nel piccolo prato. La più antica fonte scritta riguardante questa chiesa risale al 1308 ma la sua esistenza in epoca romanica è comprovata da diversi elementi architettonici sia all'interno che sul campanile. Sulla piccola cappella di Sant'Antonio, proprio sotto il campanile compare, usato ad angolo, un elemento di riutilizzo più antico: una testa raggiata in stile tipicamente celtico identificato appunto come l'Apollo Beleno gallo romano: Belenus!


A comprovare questa ipotesi, oltre ai raggi che circondano la testa, lo stile scultoreo e il nome del paese stesso, c'è il fatto che l'elemento sia stato riutilizzato capovolto probabilmente come atto esorcizzante per un culto che in una vallata così remota (ma come in altri luoghi) non doveva essere del tutto scomparso con l'arrivo del cristianesimo. Devo ammettere che trovarmi di fronte ad un manufatto del genere è stato emozionante e non ho potuto pensare a quanto poco sia conosciuto. In rete cercando Belenus si possono trovare illustrazioni di fantasia, divinità galliche e romane che però non lo sono e molti articoli che parlano di questo Dio in Inghilterra dove però non è mai stato trovato. Ma forse è meglio così: per trovarlo bisogna cercarlo! Nella foto qui sotto abbiamo capovolto l'immagine per vedere meglio il volto ancestrale scolpito in questa pietra:


Oltre a questo comunque è interessante notare che sia il campanile che la chiesa sono arricchiti con altri elementi più antichi reimpiegati come una testa barbuta e un animale difficile da identificare.



Il comune di Bellino è poi noto, per restare in tema, per le “têtes coupées” (teste mozzate) che compaiono sui portali in pietra direttamente derivati dall'uso delle popolazioni celtiche, ma anche per l'altissima concentrazione di Meridiane. Esiste un piccolo Museo del Tempo in borgata Celle che raccoglie e testimonia la loro presenza anch'essa legata al culto solare. Notevoli anche i portali "megalitici" e le fontane con vasche scavate da un unico blocco di roccia.


A questo link https://leradicideglialberi.blogspot.com/2023/09/visita-alla-parrocchiale-di-santa.html qualche post or sono abbiamo anche visitato la parrocchiale di Castel Delfino in cui in epoca tardo gotica e addirittura nel '500 era ancora vivo in valle, sia il culto delle "teste tagliate" che lo stile celtico sultoreo. 

BIBLIOGRAFIA:
Per avere un testo sulla testa dell'Apollo Beleno e sugli scavi più recenti molto più scientifico ed accademico del nostro vi rimando al quaderno N.3 di archeologia del piemonte, scaricabile in PDF qui:

domenica 15 ottobre 2023

L'enigmatica pieve romanica di San Marziano a Viarigi (AT)

Un'altra pieve romanica, piccolissima ma notevole è quella di San Marziano che si trova a 3 km da Viarigi. Giace purtroppo in stato di semi abbandono e per raggiungerla bisogna percorrere un pezzo di strada sterrata, ma ne vale la pena.


STORIA: La notizia scritta più antica relativa al 1041 quando l’Imperatore Enrico III, nel confermare al Vescovo d’Asti il patrimonio della sua chiesa, include nell’elenco la corte di Viarigi con il castello e la cappella. Viene poi nominata ancora nel 1200 e Nel registro diocesano del 1345 San Marziano appare insieme con San Pietro e un’ altra chiesa che è nei boschi di Viarigi (qui est in boscis de Viarixio) non meglio specificata. Una quarta, infine, San Severio (oggi San Silverio), appartiene al monastero benedettino di Azzano. Fra tutte, San Marziano appare la meno dotata.



DESCRIZIONE: Il piccolo edificio dell’antica pieve è realizzato in blocchi di pietra da cantini locale, molto morbida, ma presenta una facciata in muratura rifatta purtroppo nel XVIII secolo e oggi in stato precario. L’abside è divisa in tre parti da due semicolonne con capitello scolpito. Gli archetti in pietra tioici del romanico locale, sono scolpiti e sono presenti tre monofore sormontate da altre decorazioni


LE DECORAZIONI: sono presenti numerose decorazioni, principalmente zoomorfe e alcune facce umane in stile romanico. Il numero di queste decorazioni è elevato per una chiesetta di queste dimensioni ed è uno dei motivi che la rendono unica. Tra le figure scolpite tra gli archetti ci sono un cane, una scimmia, un bue, un pesce, ci sono poi motivi floreali, astratti e alcune facce. 








LE INCISIONI: oltre alle sopracitate decorazioni scultoree sono presenti anche numerose incisioni superficiali alcune delle quali ricorrenti, ad esempio quello che potrebbe essere un ascia o un aratro:



Uno motivo che io non sono riuscito a decifrare o a riconoscere e del quale non ho trovato informazioni



Una triplice cinta (generalmente collegata addirittura ai druidi) e altri segni difficilmente comprensibili:


Sono presenti anche alcune iscrizioni:


Le incisioni e le decorazioni in queste foto sono solo alcune in quanto la chiesetta risulta davvero piena, se poteste aiutarci nei commenti qui sotto a comprenderle sarebbe vi saremmo riconoscenti!


CHIESE ISOLATE IN CAMPAGNA: il territorio del monferrato tra astigiano e alessandrino è pieno di chiesette romaniche isolate, cosa che si nota subito dopo averne visitate alcune (vedi SAN SECONDO in CORTAZZONE LINK) il motivo principale come si è già detto in altri post è il fatto che verso la fine del primo millennio queste zone erano ancora scarsissimamente abitate e coperte da selve veramente selvagge (silvae, sterminate foreste naturali) e da boschi (boscha) già soggetti a ceduazione per produrre legname. Con il finire delle incursioni ungare, saracene e normanne un po' in tutta Europa ci fu un miglioramento delle condizioni sociali, un incremento demografico che portò ad un allargarsi delle coltivazioni cerealicole e al pascolo con il formarsi di nuovi villaggi contadini e con l'allargarsi di alcuni di essi in veri e propri paesi. Fu allora che proliferò il sistema delle pievi e dei sentieri sacri che portavano i pellegrini a roma da tutta Europa. Gran parte degli edifici romanici che oggi costellano le colline, i bordi dei campi o si nascondono tra i pochi boschi rimasti nacquero come chiese di villaggio. edifici battesimali, tituli (chiese minori) molti dei quali sono tra l'altro andati perduti. Verso la fine del medioevo con una nuova instabilità politica, ci fu un nuovo calo demografico, una regressione agraria e una nuova espansione delle selve, la famosa crisi del 1300. I contadini abbandonarono villaggi e paesi che, fino a quell'epoca, erano costruiti in legno e malta di fango, materiali facilmete degradabili, di cui non ci è rimasto praticamente niente se non le chiese ed i cimiteri isolati che invece erano costruiti in solida pietra locale e mattoni, e che oggi quindi restano isolate e solitarie.


CHIESE IN CIMA ALLE COLLINE: Un altro caso molto interessante e che probabilmente interessa anche San Marziano è che le piccole chiese sorsero in luoghi dominanti in cima a colli e colline o che in passato avevano accolto le aediculae pagane (nota 1), mucchi di pietre rituali, gli ometti che vediamo sui sentierei di montagna e che ancora oggi in Piemonte vengono chiamati mongioie, da Mons Jovis o Monte di Giove, in quanto generalmente dedicate al dio romano delle alture Giove, con cui i romani avevano identificato molte divinita celtiche preromane come Pen ad esempio, dio delle vette. In questo caso San Marziano potrebbe riferirsi direttamente a un precedente culto dedicato a Marte come accade spesso, ma di questo non ci sono prove reali.

ORIENTAMENTO: La facciata (asse abside - facciata) della chiesa è precisamente orientata verso il tramonto del sole al 10 marzo. Considerando le imperfezioni di questo tipo di architettura e dei mille anni che probabilmente ha questo edificio è facile fare il collegamento con il 6 marzo giorno in cui si celebra San Marziano martire. Le misurazioni sono state effettuate il giorno 18/06/2006 dagli studiosi del Centro Ricerche Archeoastronomia Ligustica (LINK)

NOTE:
1) AEDICULAE: Cumuli di pietre con significato rituale religioso innalzate ai bordi dei sentieri prima dai galli che lo dedicavano a Bel o a Penn e poi dai romani che li dedicavano a Giove (Giove Pennino per l'appunto in area gallo romana) da qui Mont Iovis. Questi mucchi di pietre sopravvivono ancora oggi in maniera un po' superstiziosa e per indicare il sentiero sorgono sui bivi in montagna o in punti in cui è facile perdere di vista la strada. Essi sono molto simili ai muri mani tibetani o agli ovoo mongoli vedi LINK) e come si diceva ancora oggi vengono chiamati mongioie in Piemonte e ometti in Italiano.

LINKS:

domenica 8 ottobre 2023

La pieve romanica di Rubbiano

 

Rubbiano è un paese che si trova nella valle del torrente Dolo, appennino Modenese e più precisamente nel territorio del comune di Montefiorino. La località viene nominata la prima volta nel 728 quando i Longobardi aprirono la Via Bibulca chiamata in questo modo perché permetteva il transito di due buoi appaiati e ancora oggi percorribile. Il nome Rubbiano deriva probabilmente da Fundus Rubbianus che a sua volta potrebbe derivare dal nome proprio Rubbiano o da un'erba il cui nome latino è Rubia (o grana rossa) usata per tingere lane e pellami. 

La Pieve è forse la più antica del modenese, fondata nel VII e dedicata a Maria Assunta sull'importantissima via longobarda che collegava la Valle Secchia con la Toscana attraversando la Selva Romanesca, che, come già detto veniva detta Bibulca. Alla pieve era connesso un'Ospizio per pellegrini e viandanti e i testi più antichi che la riguardano risalgono al 882 e al 902 firmate dai parroci per riparazioni della chiesa e per l'istruzione di ragazzi e si trovano all'Archivio Capitolare di Modena. La pieve era officiata da un capitolo di canonici che vivevano in comune con l'Arciprete ma il suo prestigio subì un duro colpo a causa della fondazione dell'Abbazia di Frassinoro, per questo nacquero diverse controversie tra le due istituzioni e si dovette ricorrere addirittura al Papa callisto II.


L'architettura attuale è in stile romanico e risale al periodo compreso tra i secoli X e XII seguendo il modello cluniacense, ha 3 navate con transetto e 3 absidi. Nel 1662 la chiesa venne accorciata (un'arcata) per motivi statici e quindi venne demolita la facciata originale. Per la nuova vennero utilizzate le stesse pietre ma purtroppo si persero lo zoccolo e numerose decorazioni. Nel corso del 1800 vennero restaurate le absidi. L'interno, con colonne e capitelli decorati con animali fantastici non ho potuto visitarlo in quanto purtroppo la chiesa era chiusa e il paese deserto in una uggiosa domenica di inizio autunno che comunque ha accentuato il fascino del luogo. In particolare è notevole un'acquasantiera decorata con sirene ed arpie romaniche e fu scolpito dalla stesso maestro delle metope che lavorò al Duomo di Modena attorno al 1300.

In ogni caso, oltre allo stile architettonico romanico che amo, la parte più affascinante delle pievi di campagne è la decorazione che nella maggior parte dei casi si discosta da quella delle cattedrali urbane dello stesso periodo per uno stile più primitivo e bizzarro. Queste decorazioni rappresentano motivi astratti e floreali che uniscono influenze bizantine, celtiche e longobarde, tipicamente medievali, ma anche personaggi in atteggiamenti a volte a dir poco equivoci, animali e esseri di fantasia: Sirene bicaudate (Melusine LINK) arpie, centauri, ecc... che riescono in un attimo a rimandarci alla mentalità e all'immaginario dell'Europa rurale di quel periodo che purtroppo in parte è andato perduto.


Quello che però mi ha colpito di più è il gatto scolpito sotto ad uno dei tipici archetti romanici di una delle absidi e che si vede nella foto qui sopra a sinistra e sul quale ho scritto un post a parte di cui metto il LINK: "Uno stregatto rubbiano?"

Qui sotto aggiungo qualche foto della meravigliosa chiesa:



sabato 2 settembre 2023

Visita alla Parrocchiale di Santa Margherita, Casteldelfino (CN)

 

Casteldelfino è un paese in Valle Varaita e fa parte dell'area di cultura occitana del Piemonte. Se ne hanno notizie dal X secolo in cui si chiamava Villa Sant'Eusebio. Nel 1343 il territorio di Villa Sant'Eusebio entrò a far parte della Repubblica degli Escartons, in quello che viene appunto definito Escartoun di Casteldelfino. Nel 1349 il Delfinato venne ceduto alla Francia, e Villa Sant'Eusebio diventò francese. Del primo nucleo oggi resta pochissimo (la chiesa di Sant'Eusebio) perchè venne distrutto da una frana nel 1391. La zona fu teatro di sanguinose guerre di religione tra protestantesimo e cattolicesimo e da periodi di dominio incerto tra Francesi e Savoia. 

La parrocchiale di Santa Margherita venne costruita nel 1400 in stile romanico gotico e, come nel resto della valle, presenta alcuni caratteri comuni alle epoche precedenti. Il campanile, ben visibile dalla statale, domina il paese e venne completato nel 1690. I doccioni agli angoli sono probabilmente più antichi. Sulla facciata della chiesa (dal lato opposto del campanile) sono presenti alcune pitture nel classico stile alpino e diverse sculture interessanti e bizzarre.

L'affresco più visibile sulla sinistra rappresenta un gigantesco San Cristoforo con il bastone (foto in alto)  e sulla destra si vedono Santa Lucia e Santa Chiara. L'autore sarebbe Tommaso Biazaci di cui sono presenti alcune opere anche all'interno.

Al centro è presente il bellissimo portale in stile romanico con decorazioni particolari. Come si diceva all'inizio, lo stile rimanda ai secoli precedenti, con teste e personaggi di tipo celtico e testimonia come in queste vallate certi caratteri culturali siano sopravvissuti ai secoli.


 Tra i rilievi in pietra visibili sul portale, sicuramente quello che per primo salta all'occhio è il pentacolo (o pentagramma) generalmente accostato a paganesimo, stregoneria, massoneria e, quando capovolto, al satanismo. In realtà è un simbolo inusuale ma è presente su in varie chiese (vedi questo LINK)

Il resto delle decorazioni, tipicamente romaniche, rischiama figure vegetali, animali e umane e rimanda ad altre raffigurazioni con influenza celtica comuni sia in Piemonte che nel resto dell'Italia settentrionale ma anche nell'europa centrale e settentrionale.








LINKS

pentacolo in chiesa: https://monica-casalini.blogspot.com/p/monumenti.html

domenica 31 dicembre 2017

La chiesa di San Secondo a Cortazzone, il romanico barbarico in Piemonte e l'altra cristianizzazione del Piemonte.

Prima o poi dovevamo farlo, un post dedicato a questa incredibile e misteriosa chiesa persa tra i colli astigiani. San Secondo è un monumento unico, per vari motivi e per questo è stato dichiarato Monumento Nazionale. Questa zona del Piemonte è disseminata da piccole chiese solitarie che un tempo erano le chiese degli innumerevoli villaggi che sorgevano tra i boschi e le paludi che coprivano il territorio piemontese. Le popolazioni di origine celtica (o celto ligure se ci tenete) che abitavano fuori dai centri più importanti che si erano costituiti in epoca romana continuavano a vivere in modo molto primitivo, la fede cristiana era praticata superficialmente, insieme ai culti pagani di pietre, alberi, fiumi, ecc... che continuavano a svolgersi nelle campagne nonostante le missioni di evangelizzazione di Sant'Eusebio. Fu per questo che intorno all'anno mille il vescovo di Piacenza inviò dei monaci per insegnare l'agricoltura e per evangelizzare queste popolazioni ancora che vivevano "nell'ignoranza e nella superstizione". Ed è per questo che in questi luoghi lo stile romanico ricco di peculiarità, a volte detto barbarico. E' questo il periodo in cui poco distante da qui è anche nato e cresciuto San Baudolino di cui abbiamo parlato (LINK) per capire il contesto. Anche se si cerca di dimenticarlo e soprattutto si cercava fino a qualche decennio fa, il paganesimo era difficile da estirpare completamente. Si è trattato più che altro di nasconderlo. Così mano a mano che Giove e Taranis diventavano Dio, il Sole diventava suo fglio il Cristo e le sue caratteristiche più terrene venivano trasferite a San Giovanni, le matrone e le dee femminili dopo tanti tentativi restavano impossibili da eliminare e si trasformavano nelle varie madonne, molti altri dei e spiriti locali si trasformavano a loro volta in santi, altri culti come quello delle pietre erano veramente impossibili da cristianizzare, anche per il loro carattere rurale ancora più ai limiti. Fu così che ci si limitò a incidere croci sulla roccia o ad associare un santo o una madonna a questi luoghi. Sui monti si costruirono santuari e così via.


Ma torniamo a cercare di capire perché questo territorio sia pieno di chiesette romaniche isolate: come si diceva poco più in alto verso la fine del primo millennio queste zone erano ancora coperte da selve realmente selvagge (silvae, sterminate foreste naturali) e da boschi (boscha) già soggetti a ceduazione per produrre legname. Con il finire delle incursioni ungare, saracene e normanne un po' in tutta Europa ci fu un miglioramento delle condizioni sociali, un incremento demografico che portò ad un allargarsi delle coltivazioni cerealicole e al pascolo con il formarsi di nuovi villaggi contadini e con l'allargarsi dei ancuni di essi in veri e propri paesi. Fu allora che proliferò il sistema delle pievi e dei sentieri sacri che portavano i pellegrini a roma da tutta Europa. Gran parte degli edifici romanici che oggi costellano le colline, i bordi dei campi o si nascondono tra i pochi boschi rimasti nacquero come chiese di villaggio. Edifici battesimali, tituli (chiese minori) molti dei quali sono tra l'altro andati perduti. Verso la fine del medioevo con una nuova instabilità politica, ci fu un nuovo calo demografico, una regressione agraria e una nuova espansione delle selve, la famosa crisi del 1300. I contadini abbandonarono villaggi e paesi che erano costruiti in legno e malta di fango e di cui non ci è rimasto praticamente niente se non le chiese ed i cimiteri isolati che infatti erano costruiti in solida pietra locale e mattoni, oggi isolate e solitarie.
Un altro caso molto interessante e che probabilmente interessa San Secondo è che le piccole chiese sorsero in luoghi dominanti in cima a colli e colline o che in passato avevano accolto le aediculae pagane (nota 1), mucchi di pietre rituali, gli ometti che ancora oggi in Piemonte vengono chiamati mongioie e guarda caso il colle su cui sorge si chiama proprio Mongiglietto dal latino Mons Iovis, Monte di giove. Il Giove in questione generalmente poteva essere una divinità associata in epoca romana, come ad esempio il Giove Pennino, romanizzazione di Penn, divinità celtica e ligure delle alture da cui appunto deriva il nome delle Alpi Pennine, dei tanti monti Penna e Pennino e appunto degli Appennini.


L'edificio: la pianta principale è suddivisa in tre navate orientate verso il sorgere del sole che terminano in altrettante absidi circolari. La chiesa è prevalentemente costruita in pietra arenaria locale con inserimenti in mattoni e misura 19,50 metri di lunghezza per 8,60 di larghezza, mentre il colmo del tetto arriva a 8,25 metri. La facciata anch'essa principalmente in pietra è sovrastata da un campaniletto di mattoni aggiunto nel 1600 per richiamare i fedeli. Sopra al doppio arco di pietra si vede una cornice di conchiglie che indicherebbe il luogo di sosta sulla via dei grandi pellegrinaggi e sotto gli archetti si vedono le prime sculture zoomorfe molto consumate. Il lato nord è piuttosto disadorno mentre le absidi sono riccamente decorate con semicolonne e capitelli floreali. Nodi e altri motivi floreali decorano le mensole su cui appoggiano gli archetti. Sotto uno di essi c'è una figura umana che si aggrappa (abside centrale) vicino ad un nodo di Salomone e sotto ad un'altro (abside sud) vengono raffigurati due seni, forse simboli di fertilità che ritroviamo anche del lato sud. Potrebbero anche essere simbolo della vergine che allatta (Iside) cara a Bernardo di Chiaravalle e, si dice, ai Templari.




Ma è la facciata sud quella che merita più attenzione. Le decorazioni a "scacchiera continuano sulla fascia bassa e nella parte alta della navata centrale vediamo nodi, intrecci, fogliami, copitelli scolpiti, gli stili cambiano di continuo anche nella stessa monofora indicando probabilmente diversi autori o forse diversi tempi di realizzazione. Le teste umane semplificate sono in tipico stile celtico primitivo, tanto da rimandare alla scultura preistorica e al culto celtico della testa. Sotto uno degli archetti ritroviamo i due seni ma la scultura più enigmatica è rappresentata dai due corpi, ancora una volta in stile più primitivo, rispetto agli altri rilievi romanici, che si accoppiano. Il soggetto sicuramente non comune in una chiesa, ma non così raro in epoca medievale al contrario di quanto si pensi. E' comunque probabilmente sopravvissuto alla sessuofobia e alla censure dei secoli successivi grazie all'intonaco che lo ha coperto per molto tempo ed è reso ancora più particolare dalla chiara rappresentazione dei genitali maschili e femminili.

L'accoppiamento sulla chiesa di San Secondo di Cortazzone (1000 circa)

Questa scultura è un mistero. Sulla guida ufficiale di San Secondo edita dalla omonima Parrocchia, Giovanna Gandolfo Fex cerca una spiegazione nelle tradizioni preistoriche locali che in quel periodo dovevano essere ancora molto presenti e che insieme ai seni dovessero propiziare il concepimento e il parto dei figli in epoche in cui la mortalità era altissima. L'unica corrsipondenza diretta si trova su di un capitello sulla cattedrale di Notre Dame du Peyrou a Clermont-l'Hérault nel sud della Francia (ancora una volta a testimoniare lo stretto rapporto tra i due territori) anche se è datata tre secoli dopo ed è molto più dettagliata. Nonostante la differenza di dettaglio e di stile, una somiglianza del genere fa pensare a qualche modello comune che doveva circolare in qualche modo.

L'accoppiamento a Notre Dame du Peyrou a Clermont-l'Hérault (1300 circa)

Le interpretazioni più comuni rimandano ai culti celtici della fertilità, ancora molto vivi nelle campagne di epoca medievale, altri a cosmogonie telluriche preistoriche. Altre due particolarità di questa chiesa e del romanico astigiano sono le fasce a "dente di lupo" che ritroviamo anche nelle chiese di Montafia, di Montechiaro d'Asti, a Trinità da Lungi a Castellazzo Bormida, ecc... e che sono ottenute con triangoli in cotto e in pietra e i nodi e intrecci di cui abbiamo parlato sopra.


In questo caso le decorazioni che normalmente definiamo "celtiche" si discostano più marcatamente dall'influenza bizantina e gli intrecci floreali presenti su alcuni capitelli, tipici dell'arte romanica, diventano più astratti e primitivi diventando davvero unici. Possiamo trovare qualcosa di simile in altri edifici della zona e in generale in decorazioni di epoca longobarda come sui resti del vecchio duomo di Torino, ma qui sono meno geometrici e irrazionali. Da un punto di vista artistico sono incredibili, troviamo una stratificazione del gusto gallico, germanico e cristiano e in un certo modo ci fa notare come l'influenza classica fosse passata in Europa intorno all'anno 1000 e in particolare da queste parti.

Altri elementi notevoli che di solito passano più inosservati, presenti sullo stesso lato della chiesa, sono un "serpente sacro" intrecciato tra i classici nodi che però, come l'accoppiamento, è realizzato con uno stile più primitivo rispetto agli altri motivi geometrici, probabilmente, come dicevano sopra, da artisti diversi. 


All'interno (chiedo scusa per le foto, durante l'ultima visita la chiesa era chiusa e non trovo le foto fatte in precedenza) troviamo una volta ricostruita nel '700, probabilmente quella originale doveva essere a botte, classici motivi romanici, con sirene, melusine, animali fantastici e chimere varie che dovevano popolare l'immaginario medievale in Europa e che, come all'esterno, si differenziano molto come stile e finiture. In oltre si trovano anche i resti di un affresco.




Nelle sirene ritroviamo la figura di Melusina (di cui abbiamo parlato in precedenza LINK) della mitologia medievale e gli espliciti riferimenti sessuali femminili. Ci sono riferimenti astronomici e la navata è rivolta al sorgere del sole con i fedeli rivolti ad est.

NOTE:
1) AEDICULAUE: Cumuli di pietre con significato rituale religioso innalzate ai bordi dei sentieri prima dai galli che lo dedicavano a Bel o a Penn e poi dai romani che li dedicavano a Giove (Giove Pennino per l'appunto in area gallo romana) da qui Mont Iovis. Questi mucchi di pietre sopravvivono ancora oggi in maniera un po' superstiziosa e per indicare il sentiero sorgono sui bivi in montagna o in punti in cui è facile perdere di vista la strada. Essi sono molto simili ai muri mani tibetani o agli ovoo mongoli vedi LINK) e come si diceva ancora oggi vengono chiamati mongioie in Piemonte e ometti in Italiano. 

LINKS:
https://www.avvenire.it/agora/pagine/ometti-cuore-pietra
http://www.ruditoffetti.it/articoli/cortazzone.html

BIBLIOGRAFIA:
Alla scoperta del romanica astigiano - Franco Correggia, edizioni del Capriolo.
San Secondo in Cortazzone, Guida alla visita - edizione a cura della Parrocchia di San Secondo
Dalla pieve alla cattedrale nel territorio di Alessandria - Cassa di risparmio di Alessandria