Visualizzazione post con etichetta europa. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta europa. Mostra tutti i post

lunedì 18 novembre 2024

I Dolmen di Antequera: Menga e Viera

Questa volta siamo andati in Spagna. Per celebrare i giorni dei Morti e dei Santi, il Trinox Samoni, ci siamo diretti ad Antequera che si trova ad una cinquantina di chilometri da Malaga nel Sud della penisola Iberica. Proprio qui si trova un sito Unesco che comprende alcune delle più notevoli meraviglie megalitiche dell'Europa Antica: I dolmen di Menga e di Viera, il Tholos di Romeral, il Torcal e la Peña de los Enamorados. Noi abbiamo visitato i due Dolmen. 

Il primo in cui siamo entrati, il più grande, è quello di Menga: si tratta di una delle più grandi strutture megalitiche antiche conosciute in Europa, è lungo 27,5, largo 6,0 e alto 3,5 metri e venne costruito quasi 6000 anni fa con 32 enormi megaliti. Questa struttura è ancora coperta dal  tumulo, per buona parte conservato, come ad esempio Gavrinis in Francia o New Grange in Irlanda e serviva come sepoltura per l'elite dell'epoca. Quando venne scoperto nel XIX secolo al suo interno vennero trovati i resti di centinaia di corpi. 

Particolarià di questa struttura a tunnel è la sua larghezza e le colonne che vi si trovano all'interno. In oltre in fondo alla sala si trova un profondissimo pozzo di cui non è ancora chiara l'origine. Il corridoio è orientato verso la collina chiamata Peña de los Enamorados che doveva essere il punto cardine di tutta questa zona sacra per via della sua forma che richiama la testa di una gigantesca divinità dormiente. 

Su una delle pietre all'ingresso si trova una classica conca in cui può essere conservata l'acqua e sulla roccia a sinistra sono visibili delle croci e una probabile rappresentazione schematica di divinità femminile. 

Per quanto riguarda le croci non si sa se siano anch'esse rappresentazioni simboliche antiche o croci esorcizzanti cristiane.

A soli 70 metri dal dolmen di Menga si trova quello di Viera, leggermente più piccolo ma sempre imponente e realizzato in un periodo leggermente successivo tra i 5500 e i 5000 anni fa. Scoperto nei primi anni del secolo scorso dai fratelli Viera è anch'esso un tumulo formato da una struttura a dolmen che costituisce un corridoio di 21 metri di lunghezza al termine del quale si trova la camera funeraria.

La circonferenza del tumulo è di 50 metri e la casa più interessante è che la struttura è orientata precisamente al sorgere del sole nel giorno del solstizio d'estate. I raggi, infatti, in quella data così importante attraversano l'intero corridoio e illuminano la sala in fondo.

Da notare che il cimitero di Antequera si trova ancora oggi proprio a lato dell'area megalitica ed è visibile dall'interno dell'area megalitica, conservando un legame con i defunti che quest'area ha da almeno 6000 anni. Nella foto sotto, uno dei due gatti neri che ho incontrato il mattino della visita mentre guardava le visite al cimitero cittadino nella data del 1 novembre.

Scendendo poi si può visitare il bellissimo museo dentro al quale si conservano oggetti rinvenuti qui e si organizzano esposizioni temporanee e proiezioni di documentari inerenti alla storia di questo luogo.

Sopra: alcuni oggetti esposti nel museo.

Il sito è visitabile prendendo la linea ad alta velocità per Granada dalla stazione di Malaga e fermandosi alla prima stazione che è appunto Antequera. Il viaggio è di circa 30 minuti. La stazione poi si può raggiungere con una navetta bus, oppure a piedi in circa mezz'ora di cammino. Se invece viaggiate in automobile potete raggiungere direttamente il sito e visitare anche il Tholos che si trova a 4 chilometri sulla statale.


Cristalli e pietre rituali ritrovati nei Dolmen andalusi.

IL VIDEO SUL NOSTRO CANALE YOUTUBE:


LINKS:








martedì 17 settembre 2024

L'Equinozio d'Autunno:

Come ben sappiamo gli equinozi sono i due momenti dell'anno in cui giorno e notte si equivalgono e che rappresentano quindi l'equilibrio ma anche il momento in cui si passa dalla luce al buio e viceversa. In oltre i due equinozi, fanno parte con i solstizi dei quattro punti che dividono la ruota dell'anno solare in quarti. In particolare l'equinozio di settembre, che si verifica di solito verso il giorno 21 segna l'arrivo segna l'arrivo dell'Autunno. Per molti è un periodo triste che segna la fine dell'Estate, per me, personalmente, è il periodo più bello dell'anno. La luce e il caldo finalmente diminuiscono, i colori diventano bellissimi e si può finalmente riposarsi.

L'equinozio d'autunno oltre a celebrare l'ingresso nella metà oscura dell'anno è sempre stato legato al raccolto: era infatti in questo momento che si raccoglievano i frutti di molti del lavoro nei campi, in particolare in Europa mediterranea e centrale era il momento della vendemmia. In moltissimi mosaici antichi e medievali settembre viene proprio raffigurato con la raccolta dell'uva e la sua spremitura.

OGGI E' MOLTO IMPORTANTE RICORDARSI E CELEBRARE SOLSTIZI ED EQUINOZI

Oggi è molto importante ricordarsi e celebrare solstizi ed equinozi anche se potrebbe sembrare invece inutile in questo mondo sempre più artificiale. Invece è proprio in questi momenti in cui possiamo renderci conto di come noi umani siamo parte della natura e dell'universo. Senza il Sole e la sua luce, senza il movimento circolare della terra attorno ad esso, senza l'atmosfera, senza infiniti altri elementi noi semplicemente non esisteremmo. Se un tempo questi momenti erano fondamentali per i nostri avi per fare i conti e organizzare semine e raccolti, oggi sono ugualmente fondamentali per non farci dimenticare che senza il fragile equilibrio naturale che permette alla terra di essere abitabile, che noi stiamo mettendo in serio pericolo, sarebbe la catastrofe. 

CELEBRARE ANCHE SE NON CREDIAMO IN NESSUNA RELIGIONE

Questi giorni vanno celebrati e onorati sia che noi nutriamo qualche sentimento religioso o spirituale sia che noi pensiamo che non ci sia nient'altro che quello che vediamo; in entrambi i casi si tratta di un buon momento per festeggiare e tenere a mente quello che abbiamo detto sopra. Se però siete interessati all'aspetto culturale di queste antiche festività continuate a leggere.

CI RIAVVICINIAMO A CARI ESTINTI

Il periodo che va dall'Equinozio d'Autunno al Solstizio d'Inverno è quello che più ci riavvicina al mondo dei mordi e ha il suo picco alla fine di Ottobre durante quelli che in molte culture sono considerati i giorni dei morti e degli spiriti. Il calare della luce e del calore mette, chi ha una certa sensibilità, in una atmosfera meditativa.

I MISTERI E IL MONDO CLASSICO

Nel mondo classico questo era il periodo dei Misteri: ad Eleusi si celebravano i misteri, rituali di tipo mistico che nessuno poteva comprendere in modo razionale ma che avevano come figura centrale Demetra (a Roma Cerere), dea della natura e dei raccolti la cui figlia Persefone (a Roma Proserpina) venne rapita dal dio degli Inferi Ade che la sposò. Questo fatto causò la disperazione di Demetra che andò in cerca della figlia lasciando il mondo nell'Inverno eterno. Grazie all'interesse di Zeus Persefone potè tornare sulla terra per sei mesi all'anno creando così il succedersi delle stagioni, luminose e oscure. I misteri associati al ciclo delle stagioni e a quello di morte e rinascita non potevano essere svelati ma sappiamo che oltre ad essere legati a Demetra e a Persefone avevano come oggetto la spiga di grano e la raccolta dell'uva e della sua trasformazione in vino e i loro cicli stagionali.

L'EQUINOZIO D'AUTUNNO NELL'EUROPA CELTICA E NEL NEODRUIDISMO

I moderni Druidi chiamano questa festività Alban Elfed che significa Sole che si riflette sulle acque e sappiamo che anche per loro questo è il tempo raccolto in cui si ringrazia la Terra per la sua abbondanza. Non sappiamo esattamente quali fossero le celebrazioni di questo periodo degli antichi popoli celtici anche se probabilmente seguivano delle ricorrenze basate su di un calendario luni-solare, anch'essi comunque consideravano questo tempo come un momento di gratitudine per il raccolto e per i doni della Terra, sapendo che le scorte avrebbero sostenuto sia le persone che gli animali nei mesi freddi. Si contempla il ciclo della vita, ricordando che, anche se la luce si ritira, tornerà alla fine delle giornate oscure. Al museo gallo-romano di Lione è conservato il calendario di Coligny l'unico calendario druidico esistente, purtroppo incompleto e non facilmente decifrabile; è compilato in caratteri latini e su di esso, ad esempio, compaiono le tre notti di Samoni (Samhain per i celti britannici), ovvero le notti dei santi e dei morti che ancora oggi celebriamo. In oltre molte tradizioni sono sopravvissute all'interno delle festività cristiane delle nostre zone soprattuttue nelle aree cattoliche, ma non è facile ricostruirle.

Pulizie d'Autunno: questo è il momento giusto per fare pulizia ed eliminare il superfluo prima di andare in letargo!

Vestiti: vestirsi di colori caldi e tenui e con materiali morbidi e comodi!

Riposarsi e meditare: questo è il periodo perfetto per riposarsi. Finalmente fa fresco e si dorme bene, le giornate si accorciano, prediligere attività contemplative.

LINKS

https://www.piemonteparchi.it/cms/index.php/territorio/miti-leggende-racconti/item/2084-alle-radici-dell-equinozio-d-autunno

lunedì 19 febbraio 2024

Il Santuario celto-ligure di Roquepertuse e l'oppida di Entremont.

ROQUEPERTUSE

Vista generale del santuario di Roquepertuse, aprile 2024.

Abbiamo già parlato del santuario di Roquepertuse in diversi post usciti negli anni, si tratta infatti di uno dei siti archeologici più importanti mai scoperti che abbiano a che fare con la cultura celtica e ligure e presenta dei caratteri davvero notevoli. E' infatti impossibile analizzarlo in poche righe su questo blog, ma come sempre questi post servono ad accendere la curiosità per luoghi e storie troppo poco conosciuti. Questo sito legato all'oppida di Entremont che vedremo più sotto e si trova a Nord di Marsiglia non lontano da Aix en Provence. Entrambi i luoghi vennero abitati dalla tribù del Salluvi.


L'area archeologica venne scoperta nel 1860 e durante gli scavi all'inizio del '900 effettuati da Henri de Gérin-Ricard vennero alla luce i resti di quello che doveva essere una zona sacra di grande importanza, una vera e propria acropoli che si sviluppava su di un altipiano di circa mezzo ettaro ma che, si capì subito, non aveva caratteri greco-romani; dalla terra emersero infatti i resti di alcune statue, due delle quali erano in posizione eretta con le gambe incrociate ed erano incredibilmente simili alle rappresentazioni scultoree del Buddha in estremo oriente. Gli scavi che durarono dal 1917 al 1927 permisero di riconoscere in questo luogo un importante centro di culto legato alla tribù ligure dei Salluvi. Il santuario era costituito da un'area pavimentata in pietra (50x22 metri), una scala costituita da grandi lastre e dei terrazzamenti ma probabilmente questa era soltanto una parte del complesso originario. 


Sulla piattaforma principale poi si trovava un portico o un portale, le cui colonne in pietra avevano delle nicchie in cui, con ogni probabilità, si trovavano delle teste umane. Questo sito infatti era indubbiamente legato al culto celtico della testa. Oltre alle due statue in posizione assisa vennero alla luce anche la statua di un uccello (probabilmente un rapace) e una scultura con due teste con la fronte opposta nel classico stile gallico.


L'importanza di questo sito quindi è dovuta sia al fatto che si tratti di una delle più grandi aree sacre scoperte legate alla cultura ligure e celtica, sia perché ci fornisce una prova del "culto delle teste" che le fonti greche e latine attribuiscono alle popolazioni galliche. In oltre le due statue, conosciute come "guerrieri" in posizione assisa o "del loto" sono un altro tassello nella comprensione delle caratteristiche della religione di questi popoli. Seduto in questo modo veniva infatti rappresentato Cernunnos (il dio dalle corna di cervo LINK), venivano sepolti i morti sempre in ambito gallico e ovviamente apre molte domande sui rapporti tra Europa antica e Oriente nell'antichità che abbiamo provato ad elencare in questo lunghissimo post (LINK).

Vista del santuario di Roquepertuse, aprile 2024.

Gli scavi e gli studi più recenti hanno hanno aggiornato e arricchito la storia di questo luogo sacro: la frequentazione risale almeno al V secolo avanti cristo, le decine di stele ritrovate dovrebbero risalire alla fine dell'età del bronzo e all'inizio di quella del ferro. Le statue assise risultano più antiche, i vestiti sono stati datati al 4-500 a.c. potrebbero non essere soltanto armature, infatti presentano decorazioni benauguranti (swastika) ed emanavano un senso di pace: esagerando potremmo fare un confronto con samurai del Giappone che erano allo stesso tempo guerrieri e monaci Zen. Il termine guerrieri con cui sono stati chiamati è probabilmente inesatto, ma non possiamo sapere se fossero personaggi religiosi, eroi o altro. 


Probabilmente il centro venne fortificato in seguito ad almeno un attacco durante il III secolo a.c. fino a diventare fortificato e forse a sviluppare un centro abitato intorno. Roquepertuse fu distrutto dai romani nel 124 a.C. e rimase nascosto fino alla metà del 1800. Oggi il sito è visitabile e le statue e parte del portale, sono visitabili al museo archeologico di Marsiglia.

Vista del santuario dal basso in mezzo ala pineta. Aprile 2024.

Il muretto del terrazzamento su cui sorgeva il portale dei "buddha" di Roquepertuse.

I resti della scalinata con la quale si saliva al portale.

Mappa con i nomi delle popolazioni celto-liguri conosciute: I santuari di Roquepertuse e l'oppida di Entremont appartenevano ai liguri Salluvii. Queste popolazioni di lingua e cultura celtica con forte influenza greca ed etrusca prima e romana dopo si estendevano dal nord della Toscana ad est, alla svizzera a nord fino ai confini con la penisola Iberica ad est. i confini non erano assolutamente netti, gli stessi romani facevano molta fatica a distinguere tra popolazioni celtiche vere e proprie e liguri. Recenti studi sul DNA sulle popolazioni dell'Europa centro-meridionale hanno evidenziato che probabilmente Iberi e Liguri erano strettamente collegati e di entrambe le popolazioni si potrebbe parlare di Celti Mediterranei. 


L'OPPIDA DI ENTREMONT
Dato lo sviluppo di questo post e della sua lunghezza abbiamo separato qui la parte riguardante Entremont e i reperti conservati a Aix: https://leradicideglialberi.blogspot.com/2024/05/loppidum-ligure-di-entremont-e-i.html

*Sono una importanza testimonianza di quello che negli ultmi anni gli studi ufficiali stanno dimostrando: i Liguri dell'età del ferro erano celti che occupavano le gallie meridionali e che a causa dei lori contatti con il mondo classico avevano caratteristiche che li differenziava in parte dalle popolazioni più a nord.

LINKS:



domenica 8 ottobre 2023

La pieve romanica di Rubbiano

 

Rubbiano è un paese che si trova nella valle del torrente Dolo, appennino Modenese e più precisamente nel territorio del comune di Montefiorino. La località viene nominata la prima volta nel 728 quando i Longobardi aprirono la Via Bibulca chiamata in questo modo perché permetteva il transito di due buoi appaiati e ancora oggi percorribile. Il nome Rubbiano deriva probabilmente da Fundus Rubbianus che a sua volta potrebbe derivare dal nome proprio Rubbiano o da un'erba il cui nome latino è Rubia (o grana rossa) usata per tingere lane e pellami. 

La Pieve è forse la più antica del modenese, fondata nel VII e dedicata a Maria Assunta sull'importantissima via longobarda che collegava la Valle Secchia con la Toscana attraversando la Selva Romanesca, che, come già detto veniva detta Bibulca. Alla pieve era connesso un'Ospizio per pellegrini e viandanti e i testi più antichi che la riguardano risalgono al 882 e al 902 firmate dai parroci per riparazioni della chiesa e per l'istruzione di ragazzi e si trovano all'Archivio Capitolare di Modena. La pieve era officiata da un capitolo di canonici che vivevano in comune con l'Arciprete ma il suo prestigio subì un duro colpo a causa della fondazione dell'Abbazia di Frassinoro, per questo nacquero diverse controversie tra le due istituzioni e si dovette ricorrere addirittura al Papa callisto II.


L'architettura attuale è in stile romanico e risale al periodo compreso tra i secoli X e XII seguendo il modello cluniacense, ha 3 navate con transetto e 3 absidi. Nel 1662 la chiesa venne accorciata (un'arcata) per motivi statici e quindi venne demolita la facciata originale. Per la nuova vennero utilizzate le stesse pietre ma purtroppo si persero lo zoccolo e numerose decorazioni. Nel corso del 1800 vennero restaurate le absidi. L'interno, con colonne e capitelli decorati con animali fantastici non ho potuto visitarlo in quanto purtroppo la chiesa era chiusa e il paese deserto in una uggiosa domenica di inizio autunno che comunque ha accentuato il fascino del luogo. In particolare è notevole un'acquasantiera decorata con sirene ed arpie romaniche e fu scolpito dalla stesso maestro delle metope che lavorò al Duomo di Modena attorno al 1300.

In ogni caso, oltre allo stile architettonico romanico che amo, la parte più affascinante delle pievi di campagne è la decorazione che nella maggior parte dei casi si discosta da quella delle cattedrali urbane dello stesso periodo per uno stile più primitivo e bizzarro. Queste decorazioni rappresentano motivi astratti e floreali che uniscono influenze bizantine, celtiche e longobarde, tipicamente medievali, ma anche personaggi in atteggiamenti a volte a dir poco equivoci, animali e esseri di fantasia: Sirene bicaudate (Melusine LINK) arpie, centauri, ecc... che riescono in un attimo a rimandarci alla mentalità e all'immaginario dell'Europa rurale di quel periodo che purtroppo in parte è andato perduto.


Quello che però mi ha colpito di più è il gatto scolpito sotto ad uno dei tipici archetti romanici di una delle absidi e che si vede nella foto qui sopra a sinistra e sul quale ho scritto un post a parte di cui metto il LINK: "Uno stregatto rubbiano?"

Qui sotto aggiungo qualche foto della meravigliosa chiesa:



lunedì 11 marzo 2019

Le Dee Madri dell'Europa antica. 40 mila anni di rappresentazioni al femminile.

Il titolo è un pò ruffiano. Non tutte le dee antiche erano anche madri, ma di solito si chiamano così. Questo post parte dalla visita alla meravigliosa visita alla mostra "Donne, Madri, Dee" ai musei civici di Udine di inizio 2018. "Una mostra rilevante dal punto di vista scientifico, perché per la prima volta si raccolgono esempi rari e unici della produzione figurativa antica del Centro Europa e dei Balcani, e in qualche modo attinente e prossima anche per tematica: lo stesso Neumann nel 1981 considerava queste produzioni figurative “rappresentazioni della dea della fertilità…simbolo archetipico della fertilità e del carattere elementare, soccorrevole, protettivo, nutriente”.



Statuetta femminile - Ljubljansko barje, Solvenia - 2500 a.c. - Terracotta

40 MILA ANNI DI RAPPRESENTAZIONI AL FEMMINILE

Oggi come nella preistoria l'uomo esprime attraverso simboli la sua visione del mondo e della sua realtà interiore. Le analogie formali tra arte paleolitica e contemporanea nascono da identici procedimenti concettuali di astrazione. Da 40 mila anni iconografia e metafore appaiono immutabili. Donna, madre o dea, generatrice del figlio di Dio o corpo che si offre nella sua tragica nudità, la presenza della donna è costante attraverso i millenni.

La mostra si apre con uno degli oggetti più rappresentativi del Paleolitico italiano, la cosiddetta Venere di Savignano, scoperta a Savignano sul Panaro (Modena) e risalente a ben 25.000 anni fa e oggi conservata presso il Museo Nazionale Preistorico Etnografico “Luigi Pigorini” di Roma. Il materiale è il Serpentino.

Venere di Savignano - Savignano sul Panaro (Modena) 25.000 a.c.
La mia preferita, anche se più giovane di 20.000 anni è la statua femminile bicefala di Vho, trovata a Vho di Piadena (Cremona) e risalente ad un periodo compreso tra il 5500 e il 5200 a.c. Il materiale è la terra cotta ed è conservata al museo archeologico di Piadena (Cr).

Statuetta femminile bicefala di Vho - Vho di Piadena (Cremona) - 5500-5200 a.c.
Molte e incredibili sono le rappresentazioni in terracotta provenienti dai Balcani, come la serie appartenente alla Cultura di Vinca (LINK) che grosso modo vengono dall'attuale Serbia e che risalgono al 5500-4500 a.c.

Cultura di Vinca - 5500-4500 a.c.

Cultura di Vinca - 5500 - 4500 a.c.
Bellissime le due statuette provenienti da Bilcze Zlote, Ucraina facenti parte della cultura di Cucuteni-Tripolye e risalenti al periodo che va dal 4800 al 3000 a.c. conservate al museo di Archelogico di Cracovia in Polonia. Anch'esse in Terracotta. Ne ha parlato Marija Gimbutas e in effetti ricordano la "famosa" Dea Civetta. 

Statuette femminili di Bilcze Zlote, Ucraina - 4800 - 3000 a.c. - Terracotta.
Apartenente alla Cultura di Starcevo, ma proveniente sempre dalla zona serbo-croata è questa statuetta in terracotta più imponente del 5500 a.c.

Cultura di Starcevo - 5500 a.c. - Terracotta.
Mentre molto più astratte e più recenti sono queste tre rappresentazioni provenienti dalla Slovenia e dalla Croazia che risalgono a seconda, da un periodo che va dal 4300 al 2500 a.c.

Rappresentazioni provenienti da Slovenia e Croazia. 4300-2500 a.c. - Terracotta.

venerdì 25 dicembre 2015

Melusina e Naga Kanya e Sheela Na Gig oriente ed occidente.

Ancora una volta vorrei tornare sulle similitudini e i legami tra oriente ed occidente, alle comuni radici delle culture indoeuropee, delle quali in questo periodo di "radici cristiane" ci stiamo dimenticando. Melusina è una figura leggendaria del Medioevo. Si trattava di una donna con la coda di un serpente o a volte di un pesce, simile per questo ad una Sirena. Bisogna ricordarsi però che le sirene della religione greca erano metà umane e metà uccelli. Comunque come molti altri miti medioevali, quello di melusina affonda le sue radici nelle leggende popolari precristiane, specialmente celtiche e greche.

 sopra: melusina in Piemonte: Chiesa di San Secondo a Cortazzone e Sacra di San Michele.

Nel medioevo questa figura venne ovviamente influenzata dal cristianesimo, il suo mito compare in vari libri tra i quali "Melusina" di Turing von Ringoltingen. Secondo la leggenda le melusine dovrebbero sposare un cavaliere a condizione di un tabù particolare: non essere viste nella loro vera forma, quella di una fata dell'acqua, con la coda di pesce o di serpente, al posto delle gambe. La rottura del tabù della melusina, fonte dell'autorità e della ricchezza cavalleresca, può condurre il cavaliere alla rovina e condannare la fata a rimanere una sirena per sempre.

La figura di Melusina è visibile in molte chiese medioevali, specialmente quelle romaniche. In questi luoghi di solito Melusina occupa i capitelli e in molti casi possiede due code, carica di significat sessuali e ricollegandosi in alcuni casi alla figura di Sheela na Gig dell'eredità celtica britannica.

nell'immagine sopra: una classica rappresentazione celtica irlandese di Sheela Na Gig, una rappresentazione più moderna della stessa figura a Sainte Radegonde, Poitiers in Francia dove è molto meno frequente. Nell'ultima foto una tipica rappresentazione di Melusina, come sirena su di un capitello.

Ora vorrei parlare della similitudine della stessa Melusina con Naga Kanya, figura leggendaria della mitologia indiana, metà donna e metà serpente. Essa appartiene ai Naga, divinità che popolano il sottosuolo, raffigurate di solito come serpenti e legati al culto della Madre Terra. E' interessante notare come queste figure risalgano al periodo della civiltà della valle dell'Indo, come ad esempio la figura di Pasupathi, ancestrale rappresentazione di Shiva e incredibilmente simile al dio celtico Cernunnos (LINK). Molte rappresentazioni di Melusina sono anch'esse incredibilmente simili alla rappresentazione di Naga kanya (foto sotto), che poi in molti casi è metà serpente, non solo pesce.


Naga Kanya considerata anche figlia dei Naga, è protettrice dei serpenti, ma come Melusina è anche legata al cultu dell'acqua, dei fiumi e della pioggia ed ha un posto d'onore nella religione Indù e Buddista non solo in India. Per chiudere il cerchio vorrei ora proporre alcune immagini di Sheela Na Gig e della divinità indiana della fertilità Lajja Gauri. Ancora una volta le sue origini risalgono al periodo pre-induista della civiltà della valle dell'Indo ed è sopravvissuta fino ad oggi.

Nelle foto sopra una rappresentazione di Sheela Na Gig che si trova nella chiesa di Notre-Dame de Bruyères-et-Montbérault e due sculture di Lajja Gauri in India. 

Vedi anche:
Chiesa di San secondo a Cortazzone
Sacra di San Mchele

Melusina web:
Libro: MELUSINA - TURING VON RINGOLTINGEN - stampa alternativa 1991.



giovedì 30 gennaio 2014

LE GALLIE!

Dall'enciclopedia Treccani: "Gallia (lat. Gallia): Denominazione latina della regione comprendente l’Italia settentrionale (G. Cisalpina) e in particolare la vasta area dell’Europa centrale delimitata dal Reno, i Pirenei, le coste atlantiche e mediterranee (G. Transalpina)"

(notare che a differenza della reale distribuzione delle popolazioni celtiche non facevano parte delle gallie i territori della Britannia, dell'Iberia e dell'Europa orientale).

Visto che c'è una confusione totale per quanto riguarda il periodo protostorico e storico dell'Europa, specialmente per quanto riguarda l'Europa centrale e l'Italia mi sono deciso a scrivere 2 righe sulle Gallie. Devo sottolineare ce si potrebbe fare con il resto della penisola conosciuta oggi come Italia, dei Balcani o di tutto il resto. Per fare chiarezza bisogna per prima cosa vedere di che epoca stiamo parlando e del fatto che gli attuali confini degli stati europei erano completamente inesistenti fino a qualche secolo fa. Questi due fattori genereano confusione ogni volta che si parla dei popoli antichi, oltre ovviamente ai fattori identitari che magicamente tornano fuori. Non è il caso di fare qui una storia dei popoli celtici, unica cosa mi preme sottolineare che quando si parla di celti (o di galli, ricordiamolo sono sinonimi!) è il fatto che non stiamo parlando di una vera e propria civiltà o di una "razza", ma di un grande insieme di popoli con una cultura che li univa. Ossia simili divinità, costumi, arte ecc... senza dei confini ben delineati e spesso divisa in miriadi di piccole tribù in guerra tra loro. 


Nel periodo precedente alla conquista romana, diciamo genericamente prima del 200 a.c. la parte centrale dell'Europa che oggi chiamiamo Francia, Spagna, Italia del nord, Svizzera, Austria, Sud della Germania, repubblica Ceca... fino ad alcune zone della Turchia (Galazia appunto) erano abitate da popolazionni celtiche. Quelli che i Romani chiamavano GALLI erano stanziati nelle attuali Francia, Svizzera e Italia settentrionale. Da qui il nome di Gallie che i romani diedero a questi territori. Principalmente si faceva faceva differenza tra i due territori gallici divisi dalle Alpi:
  • GALLIA CISALPINA: attualmente nel territorio italiano e sloveno comprendente più o meno le regioni italiane che oggi sono Piemonte, Liguria, Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e Friuli, separata dalle Alpi dalla Transalpina.



  • GALLIA TRANSALPINA: attualmente la Francia e parte di Germania e Svizzera, separata dalle alpi dalla Cisalpina.

A loro volta le Gallie erano divise in piccole provincie dai romani che prendevano il nome molte volte dalle popolazioni precedenti (Aquitania, Liguria...) o dalla posizione geografica (Transpadana, Cispadana).

MA OGGI?
E' molto curioso vedere che quando si parla di queste cose oggi nel nostro territorio, i più rimangono stupidi o increduli. Anni di italianizzazioni e di fascismo che continuano tuttora misti ai sensi di colpa per non essere "figli legittimi" dei romani, hanno cancellato la memoria e le personi comuni non si chiedono chi fossero i loro antenati reali, si fermano all'epoca romana, che bisogna dirlo nelle nostre zone (Gallia Cisalpina) fu molto breve e superficiale. Solo con l'unità d'Italia infatti (un secolo e mezzo fa) la lingua ufficiale divenne l'italiano, mentre quelli che oggi chiamamo "dialetti" e  che vanno scomparendo (ma che erano ancora parlati da gran parte della popolazione fino al dopo guerra) erano la lingua del popolo. Lingue Gallo Romanze, come il francese, ovvero nate dall'incontro delle lingue celtiche con quelle latine, è importante ricordarlo!
Non posso aprire un discorso sulle lingue qui  e nemmeno sui toponimi ma per incuriosirvi mi basta nominare il PO: conosciuto già dai greci come Eridano, venne poi latinizzato in Padus che derivava dal celto-ligure Bodinkus (dalla radice indoeuropea Bhodh - scavare).

Collegamenti e appendici:
Gallia Cisalpina
Gallia Transalpina
Lingue Galloromanze