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sabato 23 agosto 2025

Il Menhir di Weilheim a Tubinga in Germania (Menhir von Weilheim)

 Il Menhir di Weilheim, (Menhir von Weilheim) si trova appena fuori Tubinga ed è raggiungibile in bicicletta dal centro in circa 10 minuti. Faccio notare questa cosa non solo perchè io sono sempre in bici, ma anche perchè la città (come gran parte della Germania) è piena di piste e percorsi ciclabili bellissimi e sicurissimi.

Il menhir di Weilheim, detto anche stele di Weilheim, è un menhir risalente al tardo o finale Neolitico (o età del bronzo), scoperto nel 1985 nel quartiere di Weilheim di Tübingen (Tubinga), nel Baden-Württemberg, interrato nel terreno. Durante la costruzione di una casa in Herrenweg, in un canale di scolo furono ritrovati diversi frammenti di un monolite originariamente alto circa 4,5 metri e spesso 80–90 cm, in arenaria Stubensandstein. I frammenti si trovavano a circa 1,5 metri di profondità, in uno strato scuro e argilloso, probabilmente un’antica superficie del suolo. Il materiale di copertura proveniva dal rilievo collinare del Rammert, situato più a sud. Da lì proviene anche la pietra arenaria.

Sulla parte frontale del menhir sono rappresentate in bassorilievo cinque lame di pugnale con impugnatura corta, i cosiddetti pugnali a stelo. Accanto si possono distinguere un disco ovale (il Sole) e una falce di Luna rovesciata. Il rilievo è stato scolpito sulla superficie della pietra e in parte levigato. Sul retro del menhir si trova un sistema di coppelle e canaletti, disposti in modo apparentemente irregolare, probabilmente risalenti ad un periodo successivo quando il menhir era già crollato in posizione orizzontale.



Inizialmente, a causa del motivo del pugnale a stelo, si pensava che la stele fosse dell'età del bronzo, tuttavia, ricerche più recenti collocano il menhir in un contesto più ampio di stele decorate in rilievo con rappresentazioni di armi, che si estende dall’area del Neckar, attraverso la Svizzera, fino al nord Italia. Queste sono prevalentemente datate alla prima metà del III millennio a.C., cioè al passaggio dal tardo al finale Neolitico nel sud della Germania. Con valutazione simile vanno considerati anche le stele antropomorfe e i frammenti di stele provenienti da Rottenburg "Lindele", Tübingen-Kilchberg e Gomaringen-Stockach, che furono riutilizzati secondariamente in tombe dell’età del ferro. Tipologicamente, anche questi ritrovamenti risalgono al IV o III millennio a.C..

Da notare che l’originale si trova al Museo archeologico statale del Baden-Württemberg, a Costanza Mentre lriproduzione esatta del menhir è stata eretta come monumento archeologico circa 50 metri a est del luogo del ritrovamento, a un bivio lungo il Herrenweg, poco fuori da Weilheim (quella in foto).




lunedì 21 aprile 2025

La pietra di Santa Brigida "Ròch ëd Santa Brigida" sulla collina torinese.

Il Ròch ëd Santa Brigida (pietra di Santa Brigida in piemontese) è una masso che si trova nei pressi di Moncalieri sulla collina torinese ed è un masso che affiora dal terreno proprio vicino alla strada.


Il masso di gneiss si è formato nel massiccio Dora Maira e in milioni di anni, attraverso sconvolgimenti tellurici, erosioni, glaciazioni e alluvioni è arrivato fino da queste parti. Non si sa esattamente se la pietra sia stata lavorata in tempi preistorici o se la sua forma levigata sia naturale, ma è sicuro che essa sia stata posizionata in modo da essere venerata come capitava spesso in epoca precristiana. Il roch infatti è una delle tante pietre che troviamo in Piemonte che hanno proprietà curative, in particolare si tratta di una delle "pietre della vita", come la più famosa che si trova ad Oropa (LINK). Ad essa le donne ricorrevano per rimanere incente, posandoci sopra il basso ventre o le parti genitali: questo succedeva ancora fino a pochi decenni fa come si vede nell'intervista a questo link:https://danielroux.eu/roch-ed-santa-brigida/


La pietra è comunque ancora oggi parte del folklore locale, conosciuta dagli abitanti di questa collina e oggetto di festeggiamenti stagionali. Dopo essere stata un po' dimenticata alla fine del '900 e maltrattata (qualche anno fa era coperta di scritte) è stata ripulita e l'aiuola su cui sorge è stata anche allargata per proteggerla dalle auto.



lunedì 18 novembre 2024

I Dolmen di Antequera: Menga e Viera

Questa volta siamo andati in Spagna. Per celebrare i giorni dei Morti e dei Santi, il Trinox Samoni, ci siamo diretti ad Antequera che si trova ad una cinquantina di chilometri da Malaga nel Sud della penisola Iberica. Proprio qui si trova un sito Unesco che comprende alcune delle più notevoli meraviglie megalitiche dell'Europa Antica: I dolmen di Menga e di Viera, il Tholos di Romeral, il Torcal e la Peña de los Enamorados. Noi abbiamo visitato i due Dolmen. 

Il primo in cui siamo entrati, il più grande, è quello di Menga: si tratta di una delle più grandi strutture megalitiche antiche conosciute in Europa, è lungo 27,5, largo 6,0 e alto 3,5 metri e venne costruito quasi 6000 anni fa con 32 enormi megaliti. Questa struttura è ancora coperta dal  tumulo, per buona parte conservato, come ad esempio Gavrinis in Francia o New Grange in Irlanda e serviva come sepoltura per l'elite dell'epoca. Quando venne scoperto nel XIX secolo al suo interno vennero trovati i resti di centinaia di corpi. 

Particolarià di questa struttura a tunnel è la sua larghezza e le colonne che vi si trovano all'interno. In oltre in fondo alla sala si trova un profondissimo pozzo di cui non è ancora chiara l'origine. Il corridoio è orientato verso la collina chiamata Peña de los Enamorados che doveva essere il punto cardine di tutta questa zona sacra per via della sua forma che richiama la testa di una gigantesca divinità dormiente. 

Su una delle pietre all'ingresso si trova una classica conca in cui può essere conservata l'acqua e sulla roccia a sinistra sono visibili delle croci e una probabile rappresentazione schematica di divinità femminile. 

Per quanto riguarda le croci non si sa se siano anch'esse rappresentazioni simboliche antiche o croci esorcizzanti cristiane.

A soli 70 metri dal dolmen di Menga si trova quello di Viera, leggermente più piccolo ma sempre imponente e realizzato in un periodo leggermente successivo tra i 5500 e i 5000 anni fa. Scoperto nei primi anni del secolo scorso dai fratelli Viera è anch'esso un tumulo formato da una struttura a dolmen che costituisce un corridoio di 21 metri di lunghezza al termine del quale si trova la camera funeraria.

La circonferenza del tumulo è di 50 metri e la casa più interessante è che la struttura è orientata precisamente al sorgere del sole nel giorno del solstizio d'estate. I raggi, infatti, in quella data così importante attraversano l'intero corridoio e illuminano la sala in fondo.

Da notare che il cimitero di Antequera si trova ancora oggi proprio a lato dell'area megalitica ed è visibile dall'interno dell'area megalitica, conservando un legame con i defunti che quest'area ha da almeno 6000 anni. Nella foto sotto, uno dei due gatti neri che ho incontrato il mattino della visita mentre guardava le visite al cimitero cittadino nella data del 1 novembre.

Scendendo poi si può visitare il bellissimo museo dentro al quale si conservano oggetti rinvenuti qui e si organizzano esposizioni temporanee e proiezioni di documentari inerenti alla storia di questo luogo.

Sopra: alcuni oggetti esposti nel museo.

Il sito è visitabile prendendo la linea ad alta velocità per Granada dalla stazione di Malaga e fermandosi alla prima stazione che è appunto Antequera. Il viaggio è di circa 30 minuti. La stazione poi si può raggiungere con una navetta bus, oppure a piedi in circa mezz'ora di cammino. Se invece viaggiate in automobile potete raggiungere direttamente il sito e visitare anche il Tholos che si trova a 4 chilometri sulla statale.


Cristalli e pietre rituali ritrovati nei Dolmen andalusi.

IL VIDEO SUL NOSTRO CANALE YOUTUBE:


LINKS:








sabato 18 novembre 2023

Il Sasso dell'Olio e la sua area sacra.

La settimana scorsa sono finalmente riuscito a visitare il Sasso dell'Olio o Pietra dell'Olio di cui avevo sentito parlare da tempo e per questo ringrazio tantissimo il sergente Tobia e il gruppo di amici di "Montagna e Gastronomia" con cui abbiamo passato una bellissima giornata a vagare per boschi e luoghi magici tra i colli tortonesi. Si tratta di una pietra eretta, un menhir, di cui è ancora vivo il ricordo tra gli abitanti della zona, ma durante la visita abbiamo trovato anche di più. 



Il "Sasso dell'Olio" si trova nella zona in cui i colli tortonesi stanno diventando appennino, il paese più vicino è Garbagna e la strada asfaltata più vicino porta fino in località Bastita da cui poi si prosegue a piedi. Noi in realtà abbiamo fatto una bella escursione partendo da Castellania e passando per le Torri di Sant'Alosio, che abbiamo già visto, luogo in cui si trovano alcune coppelle e che sembra essere collegato a questo. 

La pietra sorge proprio sul sentiero in mezzo al bosco, in cima ad uno dei numerosi colli,ma senza una guida non è molto facile da trovare. Dal terreno spuntano molte pietre, in modo naturale ma questa sembra proprio eretta dall'uomo, in effetti ha anche ceduto nel corso dei secoli e oggi si presenta pendente di circa 30 gradi. E' alta approssimativamente 1,70 ma, essendo il terrendo pendente da un lato è anche più alta. Vedendola finalmente di persona diventa subito chiara la ragione del nome con cui è conosciuta. Sulla sommità di trova una vaschetta, più che una grande coppella, che probabilmente veniva riempita di olio o grasso per alimentare un fuoco. In oltra un'altra cosa sorprendente è che la pietra, nonostante la vegetazione, è orientata verso la cima di Sant'Alosio, da cui siamo passati poco prima, dove si trova la grande coppella e in cui da alcuni anni si celebra il solstizio d'estate in vari modi.


Qui sopra la coppella principale a Sant'Alosio e le due torri viste dall Sasso dell'Olio.

I due colli panoramici, che noi abbiamo visitato in giornata distano a piedi circa 6 km di sentiero, sicuramente meno in linea d'aria. Il sito in cui sorge il Sasso però è molto interessante e presenta molte altre pietre. Una sulla sinistra a terra sembra molto simile e potrebbe essere crollata con il tempo. Addentrandosi alle spalle di queste due pietre si trova una piccola radura, disseminata di pietre naturali che andrebbero forse esaminate meglio, in quanto almeno su una di esse ci sono segni che potrebbero essere artificiali. La cosa più notevole comunque è una grande masso, alto quasi tre metri che sorge esattamente al centro dell'area sulla piccola altura. 



Questo masso sembra in posizione naturale ma ha sicuramente una sua forza particolare, in oltre presenta alcune cavità molto particolari. Anche di queste non si può sapere se siano dovute all'erosione o all'opera dell'uomo, ma sicuramente hanno richiamato la nostra attenzione e probabilmente quella di chi frequentava questi luoghi in passato. Qui sotto riporto alcune foto perchè si possa capire di cosa stiamo parlando.



In oltre come si diceva sopra, sono molte le altre pietre affioranti che anche se coperte di muschio e di foglie, erose da centinaia e centinaia di anni di intemperie ad un'occhiata veloce sembrava prensentassero diversi segni, tra coppelle e segni vari, come si può intuire da queste due foto qui sotto.



Il modo migliore per visitare queste zone è quello di farlo con una bella escursione, quindi vale la pena prendersi una giornata intera. Sono molte le leggende che sopravvivono nel folklore locale, i nomi dei santi che rimandano forse a divinità e spiriti locali, le storie di fate e diavoli che popolavano i grandi calanchi e le fonti che costellano le vallate e i nomi di colline e corsi d'acqua in zona che hanno origini celtiche e precristiane. A seguire alcune altre immagini dell'escursione e una serie di collegamenti e note utili.

I resti di una fonte molto antica in cui si tramanda la presenza di fate.

Alcuni degli impressionanti calanchi argillosi dei colli tortonesi. Anch'essi noti per fate e diavoli.

COLLEGAMENTI E NOTE:
Ogni anno per il solstizio d'estate alle Torri di Sant'Alosio c'è un grande raduno di Yoga al tramonto con decine di persone.

Il territorio era popolato da popolazioni celto liguri e principalmente dai Dertonini o Dectunini che avevano 15 oppida in zona: uno era Tortona, la romana Dertona che prende il nome appunto dai Dertonini. Un'altro era nel luogo in cui i romani fondarono Libarna e un'altro ancora era Carezzano a poca distanza. 

A questo link sul canale youtube de Le Radici Degli Alberi c'è mia nonna (nata proprio a Sarizzola nel 1917) che racconta di aver visto le fate di persona): https://youtu.be/G0g2Yt_xrz4?si=uaErXU94DNQYpYDv 

venerdì 15 settembre 2023

La Pera d'la Pansa a Rocca di Cavour.

Una delle pietre magiche più note tra quelle piemontesi è sicuramente la "Pera d'la Pansa" (Pietra della pancia) che si trova ai piedi della Rocca di Cavour, una collina rocciosa che si erge solitaria ed enigmatica dalla pianura tra Saluzzo e Pinerolo. Si tratta di una forma tondeggiante, evidentemente scolpita dall'uomo, che per via della sua forma è parte del folklore locale e di molte leggende. Non è possibile datarla essendo di pietra, ma si ipotizza che possa essere stata realizzata in un largo periodo che va dal neolitico all'età del ferro. Qualcuno ha ipotizzato che si potesse trattare solamente di una macina non finita. In effetti esistono cave di pietra in cui sono state trovate macine non del tutto scavate abbastanza simili; il fatto è che in questo caso la forma invece di essere piatta presenta una sezione tondeggiante e anche la circonferenza è troppo irregolare, decisamente ovale, rendendo questa ipotesi molto poco plausibile. In oltre la Rocca ha avuto un significato sacro fin dai tempi più antichi: nel vicino museo di Caburrum (Cavour deriva proprio dal nome del centro romano Forum Caburrum) sono conservati i resti di una frequentazione antichissima. Le popolazioni vedevano in questa formazione rocciosa un qualcosa di sacro come è successo in altri luoghi del mondo (basti pensare alla collina di Glastombury in Inghilterra o ad Ayers Rock (Uluru) enigmatica formazione rocciosa australiana sacra agli aborigeni).

Foto ravvicinata della "pancia" ripresa nell'estate del 2023.

Il nome stesso viene proprio dalla forma della roccia, come si diceva, in cui gli abitanti hanno sempre visto un ventre materno. Da qui l'interpretazione più classica che è quella che rappresenti simbolicamente l'ombelico della Dea Madre divinità primordiale sacra agli antichi. Roberto Gremmo nel suo "Le Grandi Pietre Magiche" fa notare che il foro centrale ricordi molto più l'organo genitale femminile di un ombelico ed è interessante ricordare che la pietra guardi dall'alto l'antichissima abbazia dedicata proprio a Maria (la Dea Madre cristiana), dal punto più soleggiato di tutta la rocca. Al riguardo, comunque, si possono fare solo delle ipotesi per quanto affascinanti e cercare di interpretare quello che ci comunica il folklore. Un'altra ipotesi è quella che la forma pseudo circolare rappresenti la ruota di Taranis, dio dei fulmini e dei temporali delle popolazioni celtiche assimilabile a Giove/Zeus della mitologia classica o a Thor norreno, il cui simbolo era proprio la ruota. Questa teoria è fondata per il fatto che queste zone fossero abitate da popolazioni celtiche (si, i liguri dell'età del ferro erano celti) e che oltre alla forma che richiama appunto una ruota la rocca sia bersaglio di fulmini, ma non credo che trovi relazioni con il folklore o con la toponomastica locale.

Una pietra guaritrice e della vita? Tra le varie pietre magiche del Piemonte questa sembra finire nella categoria delle "Pietre Guaritrici", come ad esempio  la Pietra di Santa Varena, in quanto, proprio come quella alessandrina guarirebbe chi le dimostra devozione dal mal di schiena. Basterebbe infatti appoggiare la parte dolorante alla roccia affinché il fastidio passi in men che non si dica (cit. Roberto Gremmo). La pietra però forse aveva anche proprietà fecondatrici, come la famosa Pietra della Vita di Oropa ma la rientraza adibita a questo scopo (strofinare i genitali femminili sulla roccia) sarebbe stata occultata dal piccolo muretto di mattoni alla sinistra della formazione visibile oggi.


Purtroppo durante la nostra visita erano in corso dei lavori e la pietra era stata recintata.

La Rocca di Cavour è un blocco alpino di gneiss occhiadino, una roccia particolarmente resistente all'erosione, che spunta di 162 metri rispetto alla piana alluvionale che la circonda, caratterizzata da una aspetto vistoso, come un'isola nel mare che negli anni gli ha donato visibilità e un alone di mistero e riverenza. Per questo, come dimostrano i reperti conservati al museo Caburrum dedicato al periodo preistorico e protostorica. La Rocca - appartiene al massiccio del Dora-Maira, e la sua conformazione rocciosa risale al Carbonifero (345/280 milioni di anni fa). Presenta caratteristiche archeologiche, storiche e naturalistiche, tra cui diverse incisioni rupestri (fori a coppella, la pansa d'la Roca, le ongià e la piotà del diav), una pittura policroma risalente al post-paleolitico, ruderi e resti di fortificazioni medievali. - dal sito del FAI https://fondoambiente.it/luoghi/rocca-di-cavour?ldc


La rocca che svetta solitaria dalla pianura. (non avendo una foto decente abbiamo preso provvisoriamente questa dal sito http://www.piemonteparchi.it/ - foto di Toni Farina)



mercoledì 6 novembre 2019

Quando in Liguria deviarono l'autostrada per salvare una pietra magica.

Titolo un po' ad effetto ma veritiero per parlare del povero menhir di Varazze. "Povero" perchè lo vedremo dopo. E' noto che in Islanda anni fa deviarono una strada per non rimuovere una pietra magica che ancora oggi si credeva abitata dagli elfi. La storia fu ingigantita e divenne, specialmente in Italia una specie di leggenda metropolitana romanzata. In quel bel periodo tra la fine degli anni '90 e inizio dei 2000 in cui sulla scia di Bjork e poi Sigur Ros la cultura islandese raggiunse il resto del mondo cose del genere colpivano la fantasia degli Italiani a cui piaceva pensare agli Islandesi come popolazioni selvagge che quotidianamente parlavano con gli gnomi. In realtà non si trattava di un'autostrada (in Islanda vivono meno di 400.000 persone e certe statali non sono nemmeno asfaltate)ma di una statale e alla fine, dopo varie vicissitudini la grande pietra venne spostata come si può vedere da questa immagine sotto (ne potete trovare diverse cercando su google). Gli Elfi non penso abbiano gradito, ma non sto scrivendo di questo.


Ci spostiamo in Liguria, nel comune di Varazze, dove qualcosa di simile ma in scala più grossa è successo diversi decenni or sono. Proprio qui, al di sopra dei Piani d'Invrea si trova una zona ancora oggi conosciuta come Cian da Munega che in ligure significa campo delle monache, famoso nei secoli scorsi per gli avvistamenti delle fate (e delle streghe) che nel folklore locale si ritrovavano vicino alle pietre di questi prati magici che davano sul golfo. Si trattava di menhir (di cui la liguria era e in parte è ancora piena) o pietre erette che dir si voglia che risalgono alla preistoria. Quello giunto a noi è particolare perchè in seguito ad alcuni scavi effettuati negli anni 30-40 del '900 vennero scoperti alcuni reperti databili all'età del bronzo e del ferro facendone risalire la datazione almeno a quel periodo e eliminando le ipotesi di origine naturale o falsi. Il Menhir fu ufficialmente segnalato da M. Garea (Garea 1941 pp. 167‑172; 1957 p. 4; 1° p. 6; 2° pp. 93‑98) ed è stato più volte misurato e pubblicato (Mennevée 1965; Bernardini 1981. pp. 165‑167; Priuli & Pucci 1994 p. 142).


La parte interessante è che a metà degli anni '60 durante il periodo del boom ma anche della cementificazione e della privatizzazione del trasporto in Italia e in Liguria si rese necessario costruire l'autostrada Genova-Ventimiglia che sarebbe dovuta passare esattamente in questo luogo e avrebbe reso necessario la distruzione totale del sito. Questo, per quanto riguarda siti preistorici, o comunque non romani, si è verificato più volte nel nostro paese e si verifica purtroppo ancora oggi, senza troppi problemi. Per fortuna in questo caso grazie all'interessamento del sig, Mario Fenoglio, ispettore alla Soprintendenza Archeologica della Liguria il progetto venne modificato e, addirittura, il tracciato dell'importantissima autostrada venne deviato. Purtroppo sembra che il sito interessasse altre pietre e che scavi seri per trovare altro e mappare eventuali gruppi megalitici non vennero mai fatti e non si potranno mai più fare. Per fortuna però il menhir di Cian da Munega è stato conservato nel suo posto originale e possiamo andarlo a vedere ancora oggi. Ma ora arriviamo alla parte veramente triste della cosa. Come è conservato oggi il monolite e la zona?


Io ho visitato il luogo alcuni anni fa, un giorno di fine estate in cui mi trovavo ai Piani d'Invrea con alcuni amici. Salendo in mezzo a case e giardini privati non troppo belli, sono arrivato alla strada che collega l'autostrada a Varazze. Li ho incredibilmente trovato un cartello che indicava la posizione del menhir, purtroppo bisognava camminare lungo una statale molto pericolosa per un breve tratto e poi... poi si entra in una specie di parcheggio orrendo, in cui si trovano rimorchi in stato di abbandono rifiuti, preservativi usati e siringhe. Ero da solo e ho pensato di essermi sbagliato, invece facendomi forza ho provato a seguire delle scale in cemento armato coperte da erbe infestanti e li ho trovato il menhir. Che tristezza. Come spesso succede in Italia si fanno dei lavori per valorizzare qualcosa, ma l'unica cosa che si fa è usare del cemento, rovinare il luogo e forse comprometterne l'integrità archeologica e spendere soldi per alla fine abbruttire il posto. La cosa poi peggiore è che una volta fatti i lavori, si lascia andare tutto in rovina, tra incapacità delle amministrazioni, mancanza di fondi e menefreghismo della popolazione locale ormai completamente sradicata dalle sue radici. E dei reperti preistorici cosa ne è stato? Purtroppo tali reperti non sono mai stati pubblicati (Lamboglia 1947 p. 89) e giacciono inutilizzati presso il Comune di Varazze. Un esempio emblematico della mentalità e di come funzionano le cose in questo paese.


lunedì 24 ottobre 2016

MEGALITISIMO CONTEMPORANEO: Tempio megalitico ancora in uso!

Al minuto 1:00:58 di questo bellissimo documentario potete vedere un tempio megalitico ancora in uso. Si trova in Indonesia. A 1:14:55 uno dei documentari più belli e completi sul megalitismo che abbia mai visto:

venerdì 31 ottobre 2014

Pietra del temporale: un menhir alle porte di Alessandria.


Da piccolo avevo sentito parlare di sassi antichi e malefici che si trovavano dalle parti di Valle San Bartolomeo e Pecetto, estrema periferia nord di Alessandria. Poi circa una decina d'anni fa mentre ero in Montagna con un gruppetto di escursionisti e venne fuori il discorso di pietre coppellate e menhir che talvolta si incontrano sulle nostre montagne, un anziano signore ci raccontò di alcune pietre erette che si trovavano proprio a Valle San Bartolomeo e che una volta qualcuno chiamava pietre dei temporali perchè usate da alcuni personaggi strani che trafficavano con "La Fisica" (stregoneria o magia in lingua locale). Per anni sono impazzito a pensare dove potevano essere queste pietre e ci sono anche passato davanti decine di volte. Alla fine credo di averlo trovato, proprio sulla strada che da Valle San Bartolomeo sale a Pecetto su di un bivio poco dopo l'abitato. E' ovvio che probabilmente sia stata una pietra migliare molto antica, ma è molto simile sia nella posizione che nella forma ad alcuni menhir "minori" che avevo visitato in Bretagna nella zona di Morbihan pochi anni fa. Potrebbe essere stato il suo nuovo utilizzo come è accaduto per altre pietre? Si tratta di un masso che esce di circa un metro e venti da terra ed è costituito da pietra porosa con fossili, tipica della zona, molto simile a quella del Menhir di  Montechiaro. E' impossibile datarlo e sapere se questa sia la sua posizione originale o sia stato spostato qui in epoca successiva e la scarsa attenzione riguardo alla propria storia e al proprio territorio di queste zone non aiuta. Ho guardato in giro ma non ho trovato altre pietre simili. Una pietra strana e sicuramente lavorata si trova ad una ventina di metri salendo la strada più piccola, molto rovinata ed attaccata ad una specie di muretto. Ma potrebbe essere qualsiasi cosa. Tutta la zona è recintata in giardini privati oppure trasformata in campi coltivati, quindi credo che se altre pietre ci fossero state sarebbe molto difficile trovarle. Ovviamente chiunque avesse maggiori informazioni su questa pietra sarebbe il ben venuto.


Qui sopra l'unica altra pietra "lavorata" a pochi metri dal "menhir".

lunedì 28 luglio 2014

Il "menhir" di Montechiaro d'Acqui.

Sulla strada che da Acqui Terme porta a Spigno si incontra Montechiaro d'Acqui, Moncior in lingua locale. In uno spiazzo piuttosto squallido sotto ad un albero si erge una grossa pietra di cui nulla si sa al riguardo. Certo è che si trova in quel punto da molti anni, nessuno ne ha memoria.


Ai lati del masso sono anche state messe delle "panchine" formate da lastre di cemento.

 
Chiunque abbia maggiori informazioni su questa pietra può farcelo sapere commentando qui sotto!

lunedì 7 luglio 2014

Pietra coppellata di Villa del Foro (Alessandria)

Di questo luogo avevamo già parlato tempo fa. Infatti il paese che oggi chiamiamo Villa del Foro è uno dei centri più antichi della zona. Già abitata in epoca preistorica e protostorica da popolazioni celtiche, prima liguri e halstattine durante l'età del ferro divenne un centro romano conosciuto come Forum Fulvii, sulla via Fulvia. Cadde in decadenza forse a causa delle alluvioni del Fiumi Tanaro e praticamente sparì nel medioevo. I suoi abitanti con quelli di altri centri della zona fondarono Alessandria dove all'epoca sorgeva il centro conosciuto come Rovereto. Ma non parliamo di questo. Come dicevo avevo già parlato di questo luogo per quanto riguarda la Pietra di Santa Varena, una delle tante "pietre guaritrici" del Piemonte che si trova inglobata alla facciata della chiesa di Santa Varena, appunto e San Baudolino.
A poche decine di metri dalla famosa pietra guaritrice si trova una delle tante case antiche di queste zone, le quali molto spesso hanno due "paracarri" ai lati del portone d'ingresso. Ci sarebbe da fare una grande ricerca al riguardo, infatti molte volte questi paracarri non sono semplici cilindri di pietra, ma massi partcolari, è infatti il caso di questo:


La pietra, (nella foto parzialmente coperta dal muschio) presenta numerose coppelle. Qualche anno fa la fotografai nel periodo estivo e siccitoso. Si vedevano chiaramente numerose coppelle e lateralmente il segno del terreno dalla quale essa affiorava probabilmente prima che venisse spostate qui. Sarà mio impegno cercare le vecchie foto e postarle.


Tre sono le coppelle maggiori e chiaramente visibili, altre sono presenti meno scavate o forse più antiche. Come dicevo il piccolo masso doveva affiorare dal terreno prima di questa posizione, ma non se ne ha notizia. Gli abitanti della casa a cui ho chiesto informazioni non ne sapevano niente, infatti mi dicono che sono di origini meridionali e abitano nella casa da qualche decennio. L'ipotesi è che questa ed altre pietre come quella inglobata nella chiesa di Santa Varena costituissero un cerchio o un allineamento che in gran parte sia stato usato come "cava" per materiale da costruzione in epoca di forte cristianizzazione, ma la sacralità sia in qualche modo sopravvissuta in quella principale appunto. Purtroppo sono solo supposizioni e non esiste al riguardo il minimo interesse. Credo che questa pietra abbia una certa importanza, infatti è una delle poche sopravvissute al di fuori di aree montane poco antropizzate e testimonierebbe la presenza di pietre del genere anche pianeggianti soggette ad alluvioni, a pesante attività agricola e antropizzazione in cui monumenti come questo sono andati perduti. In oltre è da notare come ho detto all'inizio, che questa era un'area sicuramente abitata in epoca preistorica come testimoniano numerosi ritrovamenti (tra cui anche le urne cinerarie pre-hallstattiane della Casina Chiappona verso Alessandria).

Aggiornerò questo post prima possibile con nuove foto ed info.