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martedì 19 novembre 2024

Divinità celtiche: BORMANA

La dea Bormana era una dea Celtica legata ai fiumi, alle acque e alla guarigione. Era adorata dalle popolazioni celtiche e liguri, principalmente nelle aree che oggi sono parte di Italia settentrionale e Francia meridionale, ma tracce di questa dea sono state rinvenute anche altrove. Bormana era considerata la compagna di Bormo e il suo nome è stato ritrovato molte volte accanto a quello della sua controparte maschile. In alcuni casi però la consorte di Bormo era Damona. E' molto probabile però che in origine, prima del contatto con la cultura classica greco romana, si trattasse di una sola divinità animista legata alle aque, in particolare alle fonti termali, il termine "bor", "borw" significava infatti "bollire" e che non avesse ancora sembianze antropomorfe o sesso. Per questo molte delle informazioni che abbiamo su questa dea sono in comune con Bormo.

FONTI E TESTIMONIANZE

Fonti antiche, come iscrizioni e ritrovamenti archeologici, suggeriscono che Bormana fosse venerata soprattutto in zone montuose e forestali, dove la presenza di acque sorgive e la natura incontaminata erano centrali per la vita quotidiana. La sua figura potrebbe anche essere associata alla cura e alla protezione degli uomini e degli animali.

Iscrizioni:

Bormana e il suo compagno Borvo (Bormano) erano venerati a Bourbon-Lancy (Saône-et-Loire) e a Die (Drôme).

« Bormano / et Borman[ae] / P(ublius) Sappinius / Eusebes v(otum) s(olvit) / l(ibens) m(erito) »

Corpus Inscriptionum Latinarum (CIL), 12: 01561. Bourbon-Lancy.

La dea era venerata anche in modo indipendente a Saint-Vulbas, nell'Ain.

I Toponimi sono spesso la via principale per ricostruire parti della storia celtica e ligure. Come visto qui sopra il toponimo francese "Bourbon" era direttamente collegato sia a Bormo che a Bormana e oltre che a Lancy lo troviamo anche a Bourbon Les Bains che oltre alla radice Bor li richiama anche per il collegamento con le terme (Les Bains). In Italia invece si ritrova in Piemonte con il fiume Bormida e la valle omonima (LINK) che in dialetto è Burmia (al femminile) che passa proprio per la città termale di Acqui Terme, già capitale del popolo celto-ligure degli Statielli e con il torrente Borbera. La radice Bor, legata alle acque e alle terme, la troviamo di nuovo in Piemonte con il torrente Borbore e soprattutto in Lombardia con la città termale di Bormio, probabilmente dedicata al dio Bormo.

ICONOGRAFIA

Le informazioni su Bormana, purtroppo, sono abbastanza limitate e non esistono rappresentazioni iconografiche dirette della dea che siano state ritrovate. La sua presenza è conosciuta principalmente tramite iscrizioni, toponimi e riferimenti nelle fonti antiche, ma non ci sono testimonianze visive specifiche che ne ritraggano l'aspetto fisico o la sua iconografia. Questo è un aspetto comune per molte divinità delle tradizioni celtiche e liguri, in quanto spesso i loro culti si esprimevano più attraverso simboli, luoghi sacri (come sorgenti o alberi) e pratiche rituali, piuttosto che attraverso rappresentazioni figurative. Infatti per le popolazioni celtiche, come si diceva sopra, gli dei e gli spiriti degli elementi naturali non erano venerati in quanto tali: Il Sole era il Sole, La Montagna era la Montagna in quanto tale.

vedere: https://leradicideglialberi.blogspot.com/2024/11/gli-dei-umanizzati-della-religione.html

https://fontedibormana.blogspot.com/

https://www.wikiwand.com/en/articles/List_of_Celtic_deities

https://otherworldlyoracle.com/celtic-deities-obscure/

https://leradicideglialberi.blogspot.com/2017/12/i-fiumi-tanaro-bormida-e-altri-idronimi.html

Gli Dei Umanizzati della Religione Celtica

Uno dei fatti più sorprendenti relativi alla religione celtica è l'elevato numero di nomi di divinità che include. Questi nomi ci sono noti quasi esclusivamente da iscrizioni, principalmente tavolette votive, offerte in segno di riconoscenza per qualche beneficio ricevuto, solitamente legato alla salute, conferito dalla divinità all’uomo. In Gran Bretagna, queste tavolette votive si trovano soprattutto nei pressi dei muri e dei campi militari romani, ma non sempre possiamo essere certi che le divinità menzionate siano autoctone.

(Il Calderone di Gundstrupp, figura femminile con elefanti e ruote solari,identificata con la dea indiana Lakshmi) 

In Gallia, invece, il legame tra alcune divinità e determinate regioni appare più chiaro, poiché i nomi di luoghi spesso fungono da guida. Queste iscrizioni sono distribuite in modo molto disomogeneo sul territorio gallico, con le regioni occidentali e nord-occidentali scarsamente rappresentate.

Nel presente breve riassunto, non è possibile esaminare a fondo le relazioni tra i nomi trovati nelle iscrizioni e i luoghi specifici, né il significato che ciò getta sulla religione celtica; tuttavia, si può affermare che le indagini tendono a confermare il carattere locale della maggior parte delle divinità citate nelle iscrizioni.

Tra queste divinità, alcune hanno ottenuto un culto più ampio nel corso dell’evoluzione religiosa, mentre altre, come Lugus, potrebbero essere state adorate su una scala più vasta in tempi più antichi rispetto a quelli successivi. Talvolta, un nome come Lugus (irlandese Lug), Segomo (irlandese, genitivo Segamonas), Camulos (da cui Camulodunum, Colchester), Belenos (gallese Belyn), Maponos (gallese Mahon), Litavis (gallese Llydaw), presente sia in Britannia che in Gallia, suggerisce che si trattasse di una divinità ariana antica o di una il cui culto si era esteso oltre i confini locali.

Fatta eccezione per pochi casi particolari, il carattere locale delle divinità è predominante.

Un numero considerevole di queste divinità è associato a sorgenti e fiumi. In Norico, ad esempio, troviamo Adsalluta, una dea legata al fiume Save (Savus). In Gran Bretagna, troviamo "la dea" Deva (il fiume Dee) e Belisama (probabilmente il Ribble o il Mersey), un nome che significa "la dea più bellicosa". Troviamo ancora Axona, dea dell’Aisne, Sequana, dea della Senna, Ritona del fiume Rieu, numerose ninfe e molte altre divinità delle fonti. Probabilmente molti altri nomi di divinità locali sono di questo tipo.

I fenomeni atmosferici sembrano aver lasciato poche tracce chiare nei nomi delle divinità celtiche. Vintios, un dio identificato con Marte, era probabilmente un dio del vento; Taranus, un dio del tuono; Leucetios, un dio del fulmine; Sulis (di Bath), una dea del sole; ma oltre a questi, ci sono poche, se non nessuna, testimonianze di fenomeni celesti.

La maggior parte delle divinità citate nelle iscrizioni sono identificate con Mercurio, Marte o Apollo. Gli dei associati alla cultura sembrano, dai loro nomi, avere origini varie: alcuni erano totem umanizzati, altri divinità della vegetazione o di fenomeni naturali locali. Come già accennato, è evidente che lo sviluppo della vita commerciale e civile in alcune regioni ha dato rilievo a divinità identificate con Mercurio e Minerva, considerate patroni della civiltà.

I soldati, soprattutto in Britannia, sembrano aver favorito divinità come Belatucadros (il brillante in guerra), identificato con Marte. Quattordici iscrizioni che lo menzionano sono state trovate nel Nord dell’Inghilterra e nel Sud della Scozia.

Anche la dea Brigantia (divinità patrona dei Briganti) è menzionata in quattro iscrizioni; Cocidius, identificato con Marte, in tredici; mentre un’altra divinità popolare sembra essere stata Silvanus. Tra i nomi più rilevanti delle divinità celtiche identificate con Mercurio ci sono Adsmerius o Atesmerius, Dumiatis (il dio del Puy de Dôme), Iovantucarus (l’amante della giovinezza), Teutates (il dio del popolo), Caletos (il forte) e Moccus (il cinghiale).

Diverse divinità sono identificate con Marte, e tra queste alcuni dei nomi più rilevanti sono Albiorix (re del mondo), Caturix (re della battaglia), Dunatis (il dio della fortezza), Belatucadros (il brillante in guerra), Leucetios (il dio del fulmine), Mullo (il mulo), Ollovidius (il sapiente di tutto), Vintius (il dio del vento) e Vitucadrus (il brillante in energia). L’elevato numero di nomi associati a Marte riflette il ruolo predominante che, in passato, la guerra aveva nelle idee che influenzavano la crescita delle comunità celtiche.

Tra gli dei identificati con Ercole, il nome più interessante è Ogmios (il dio del solco), menzionato da Luciano, ma non trovato in alcuna iscrizione. Inoltre, altri dei sono identificati con Giove, tra cui Aramo (il gentile), Ambisagrus (il perseverante), Bussumarus (il labbro grande), Taranus (il tuonatore) e Uxellimus (il più alto). Sembra che, almeno in epoca storica, Giove non avesse un ruolo predominante nelle idee religiose celtiche.

Un altro aspetto notevole della religione celtica, non ancora menzionato, è l’identificazione di diverse divinità con Apollo. Queste divinità erano essenzialmente patroni di sorgenti curative e stazioni termali, e la crescita del loro culto è un indicatore significativo dello sviluppo della religione parallelamente a certi aspetti della civiltà. Uno dei nomi di un Apollo celtico è Borvo (da cui Bourbon), divinità di alcune sorgenti termali. Questo nome è di origine indoeuropea e fu attribuito al dio delle fonti locali dagli invasori celtici di lingua gallica; significa semplicemente "il bollitore". Altre varianti del nome includono Bormo e Bormanus.

Ad Aqua Granni (Aix-la-Chapelle) e altrove, il nome associato ad Apollo è Grannos. Troviamo inoltre Mogons e Mogounus, divinità patrona di Moguntiacum (Magonza), e occasionalmente Maponos (il grande giovane).

La caratteristica essenziale del culto di Apollo era la sua associazione con l’idea di guarigione nella civiltà gallo-romana, un’idea che, attraverso la rinascita del culto di Esculapio, influenzò profondamente le visioni religiose anche in altre parti dell’impero. Questa concezione degli dei come guide della civiltà e restauratori della salute mostra la religione celtica, in alcune regioni almeno, emergere in una misura di luce dopo un lungo e faticoso cammino dalle tenebre delle idee preistoriche. Ciò che Cesare dice sulla pratica dei Galli di iniziare l’anno con la notte piuttosto che con il giorno e la loro antica credenza di discendere da Dis, il dio del mondo sotterraneo, si riflette nella loro storia religiosa.

Le Dee nella Religione Celtica

Nel trattare le divinità del mondo celtico, non dobbiamo dimenticare le dee, anche se la loro storia presenta diversi problemi di grande complessità. Alcune di queste dee sono conosciute in gruppi — Proximae (le parenti), Dervonnae (gli spiriti delle querce), Niskai (le ninfe delle acque), Mairae, Matronae, Matres o Matrae (le madri), Quadriviae (le dee dei crocicchi). Le Matres, Matrae e Matronae sono spesso qualificate da un nome locale. Divinità di questo tipo sembrano essere state popolari in Britannia, nei pressi di Colonia (Colonia Agrippina) e in Provenza.

Un interessante parallelo all’esistenza di queste dee raggruppate si trova in alcune parti del Galles, dove Y Mamau (le madri) è il nome attribuito alle fate. Queste dee raggruppate ci riportano a una delle fasi più interessanti della religione celtica primitiva, quando gli spiriti della terra o del grano non erano ancora completamente individualizzati.

Tra le dee individualizzate, molte sono strettamente locali, legate ai nomi di sorgenti o fiumi. Altre, invece, sembrano aver raggiunto una maggiore prominenza individuale e, in alcune iscrizioni, sono associate a un dio di nome celtico o al suo equivalente latino. Non è certo che i nomi così associati fossero uniti in tempi antichi; questa pratica potrebbe essere stata una moda successiva, che si diffuse dopo essersi affermata. La relazione, in alcuni casi, poteva essere vista come quella tra madre e figlio, in altri come fratello e sorella, in altri ancora come marito e moglie; i dati disponibili non sono sufficienti per una conclusione definitiva.

Tra queste coppie associate si possono notare Mercurio e Rosmerta, Mercurio e Dirona, Grannus (Apollo) e Sirona, Sucellus e Nantosvelta, Borvo e Damona, Cicolluis (Marte) e Litavis, Bormanus e Bormana, Savus e Adsalluta, Marte e Nemetona.

Uno di questi nomi, Sirona, probabilmente significava "la longeva" e si riferiva alla madre-terra. In gallese, uno o due nomi che sembrano derivare da antichi nomi di dee sono sopravvissuti: Rhiannon (Rigantona, la grande regina) e Modron (Matrona, la grande madre).

Le altre divinità britanniche saranno trattate più dettagliatamente da un altro autore di questa serie in un’opera sulla mitologia antica delle isole britanniche. È sufficiente dire che le ricerche tendono sempre più a confermare l'idea che la chiave per comprendere la storia delle divinità celtiche risieda nel carattere locale della stragrande maggioranza di esse.

(TRADUZIONE da Celtic Religion In Pre-Christian Times, By Edward Anwyl, M.A., Chapter V [1906])

lunedì 11 marzo 2019

Le Dee Madri dell'Europa antica. 40 mila anni di rappresentazioni al femminile.

Il titolo è un pò ruffiano. Non tutte le dee antiche erano anche madri, ma di solito si chiamano così. Questo post parte dalla visita alla meravigliosa visita alla mostra "Donne, Madri, Dee" ai musei civici di Udine di inizio 2018. "Una mostra rilevante dal punto di vista scientifico, perché per la prima volta si raccolgono esempi rari e unici della produzione figurativa antica del Centro Europa e dei Balcani, e in qualche modo attinente e prossima anche per tematica: lo stesso Neumann nel 1981 considerava queste produzioni figurative “rappresentazioni della dea della fertilità…simbolo archetipico della fertilità e del carattere elementare, soccorrevole, protettivo, nutriente”.



Statuetta femminile - Ljubljansko barje, Solvenia - 2500 a.c. - Terracotta

40 MILA ANNI DI RAPPRESENTAZIONI AL FEMMINILE

Oggi come nella preistoria l'uomo esprime attraverso simboli la sua visione del mondo e della sua realtà interiore. Le analogie formali tra arte paleolitica e contemporanea nascono da identici procedimenti concettuali di astrazione. Da 40 mila anni iconografia e metafore appaiono immutabili. Donna, madre o dea, generatrice del figlio di Dio o corpo che si offre nella sua tragica nudità, la presenza della donna è costante attraverso i millenni.

La mostra si apre con uno degli oggetti più rappresentativi del Paleolitico italiano, la cosiddetta Venere di Savignano, scoperta a Savignano sul Panaro (Modena) e risalente a ben 25.000 anni fa e oggi conservata presso il Museo Nazionale Preistorico Etnografico “Luigi Pigorini” di Roma. Il materiale è il Serpentino.

Venere di Savignano - Savignano sul Panaro (Modena) 25.000 a.c.
La mia preferita, anche se più giovane di 20.000 anni è la statua femminile bicefala di Vho, trovata a Vho di Piadena (Cremona) e risalente ad un periodo compreso tra il 5500 e il 5200 a.c. Il materiale è la terra cotta ed è conservata al museo archeologico di Piadena (Cr).

Statuetta femminile bicefala di Vho - Vho di Piadena (Cremona) - 5500-5200 a.c.
Molte e incredibili sono le rappresentazioni in terracotta provenienti dai Balcani, come la serie appartenente alla Cultura di Vinca (LINK) che grosso modo vengono dall'attuale Serbia e che risalgono al 5500-4500 a.c.

Cultura di Vinca - 5500-4500 a.c.

Cultura di Vinca - 5500 - 4500 a.c.
Bellissime le due statuette provenienti da Bilcze Zlote, Ucraina facenti parte della cultura di Cucuteni-Tripolye e risalenti al periodo che va dal 4800 al 3000 a.c. conservate al museo di Archelogico di Cracovia in Polonia. Anch'esse in Terracotta. Ne ha parlato Marija Gimbutas e in effetti ricordano la "famosa" Dea Civetta. 

Statuette femminili di Bilcze Zlote, Ucraina - 4800 - 3000 a.c. - Terracotta.
Apartenente alla Cultura di Starcevo, ma proveniente sempre dalla zona serbo-croata è questa statuetta in terracotta più imponente del 5500 a.c.

Cultura di Starcevo - 5500 a.c. - Terracotta.
Mentre molto più astratte e più recenti sono queste tre rappresentazioni provenienti dalla Slovenia e dalla Croazia che risalgono a seconda, da un periodo che va dal 4300 al 2500 a.c.

Rappresentazioni provenienti da Slovenia e Croazia. 4300-2500 a.c. - Terracotta.

lunedì 21 aprile 2008

La Pietra della Vita a Oropa

Inizio con "La Pietra della Vita" (Ròch d'la vita in piemontese), noto masso, oggetto di culto fin dai tempi più remoti. Si trova all'interno dell'area del Santuario di Oropa forse il più importante dei monti sacri (vedi la pagina su Wikipedia e l'articolo dedicato al Santuario di Crea e alla sua Pietra Guaritrice) sulle pendici dei monti non molto distante da Biella, a nord-est della chiesa principale, parzialmente murato all'interno di una capella costruita nel 1700 per cercare di nasconderlo. E' interessante notare che questo luogo di pellegrinaggio monumentale è uno dei maggiori d'Italia e forse il luogo di culto mariano più antico dell'occidente. Oggetto di culto una statua lignea che rappresenta una MADONNA NERA, reminescenza dei culti precristiani della Dea, simbolo femminile della Fecondità della Terra. Secondo la leggenda portata qui da S.Eusebio (che cristianizzò il piemonte) nel 369 mentre si nascondeva dalla persecuzione dei pagani che popolavano il piemonte. In realtà, la statua venerata nella basilica antica è di fattura gotica, probabilmente risalente al 1200. Sembra ovvio comunque che questo fosse già un importantissimo luogo di culto naturale precristiano. Sappiamo infatti dagli scritti di Mario Trompetto, che "in Vercelli prevaleva il politeismo romano mentre nelle valli alpine e nel Monferrato si conservava intatto il culto degli antichi celti tra i quali la venerazione di grandi massi erratici. Dove rifulse l'animo apostolico di Eusebio fu l'impegno nell'eliminare il paganesimo specialmente nei centri di antichissimo culto come ad Oropa e a Crea sostituendo il culto delle deità femminili celtiche con il culto della Madre di Dio, Maria."


Sta di fatto che le prime cappelle e poi il santuario sorsero in un luogo già sacro, tra un gruppo di massi erratici considerati magici, un bosco sacro celtico e una fonte di acqua ancora oggi considerata miracolosa dai fedeli. La Basilica antica sorge su una delle pietre, considerata così sacrà che è stata lasciata a vista anche all'interno con tanto di candele e di offerte.


Proprio qui troviamo la santissimo madonna nera e il dipinto di Sant'Eusebio che come un druido benedice le popolazioni e gli animali della valle stando in piedi sulle pietre magiche, esattamente come San Cornelio a Cranac.



LA PIETRA DELLA VITA: oggetto principale del culto pagano che mai la chiesa riusci a sconfiggere è difficile da trovare quando ci si reca sul posto per la prima volta. Il luogo boscoso è pieno di massi affioranti dalla terra, ed essa si trova parzialmente coperta dietro ad una cappella costruita nel '700 per occultarla. Questo masso era oggetto di culto naturalistico precristiano e appartiene al gruppo di Pietre Guaritrici (vedi la Pietra Guaritrice di Villa del Foro e quella di Crea) così numerose in territorio piemontese. Ad esso le donne ricorrevano per i dolori lombari ma soprattutto quando avevano difficoltà ad avere figli. Il rito originario era questo: le donne entravano nella stretta fenditura, poi giravano più volte attorno al masso e infine vi battevano contro i genitali.


LA CRISTIANIZZAZIONE (vedi LINK) Quando Sant'Eusebio in fuga arrivò qui con l'intento di evangelizzare le popolazioni locali non riuscì ad impedire questo culto perchè era troppo radicato. Le dimensioni del masso, ma non solo di questo, reserò impossibile la rimozione, così per secoli si limitarono ad incidere varie croci (oggi chiaramente visibili) su di esso per renderlo "santo". Con il tempo la sopravvivenza di questo rito restava troppo forte e la fenditura venne murata più volte. Oggi, come dicevamo, la pietra è parzialmente coperta da una cappella del 1700, che contiene la parte principale del masso, ma gran parte di esso è ancora visibile. Sappiamo dalle testimonianze di gente come Carlo Ratti e Luigi Pertusi che ancora all'inizio del '900 c'erano lunghe file di donne, talvolta a piedi nudi, che borbottavano incompresibili filastrocche, giravano in tondo e battevano con forza le loro parti intime in un punto particolare della pietra.

Ancora oggi la pietra è meta di varie persone, che a volte furtivamente, a volte meno si siedono o si coricano sul masso approfittando delle sue energie benefiche.

Oltre alla Pietra e alla Madonna nera sono altre le stranezze di questo luogo legato a culti precristiani ed energie terrestri: proseguendo per una stradina verso est si arriva ad un'altra piccola cappelletta dedicata a S.Eusebio, costruita nel '800 in cui sono presenti molti simboli non cristiani tra cui una grande svastica.






Come raggiungere la Pietra: Da Biella seguire per Oropa. Arrivati in fronte al santuario non entrate ma proseguire sulla strada che sale a sinistra. Arrivati dietro all'edificio principale. a poche decine di metri dall'angolo a Nord Est della chiesa, si trova questa cappelletta bianca costruita sul masso.

Bibliografia:
Guida ai luoghi misteriosi d'italia, di Umberto Cordier. Ed. Piemme.
Le Grandi Pietre Magiche, di Roberto Gremmo. Ed. Storia Ribelle.