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sabato 23 agosto 2025

Il Menhir di Weilheim a Tubinga in Germania (Menhir von Weilheim)

 Il Menhir di Weilheim, (Menhir von Weilheim) si trova appena fuori Tubinga ed è raggiungibile in bicicletta dal centro in circa 10 minuti. Faccio notare questa cosa non solo perchè io sono sempre in bici, ma anche perchè la città (come gran parte della Germania) è piena di piste e percorsi ciclabili bellissimi e sicurissimi.

Il menhir di Weilheim, detto anche stele di Weilheim, è un menhir risalente al tardo o finale Neolitico (o età del bronzo), scoperto nel 1985 nel quartiere di Weilheim di Tübingen (Tubinga), nel Baden-Württemberg, interrato nel terreno. Durante la costruzione di una casa in Herrenweg, in un canale di scolo furono ritrovati diversi frammenti di un monolite originariamente alto circa 4,5 metri e spesso 80–90 cm, in arenaria Stubensandstein. I frammenti si trovavano a circa 1,5 metri di profondità, in uno strato scuro e argilloso, probabilmente un’antica superficie del suolo. Il materiale di copertura proveniva dal rilievo collinare del Rammert, situato più a sud. Da lì proviene anche la pietra arenaria.

Sulla parte frontale del menhir sono rappresentate in bassorilievo cinque lame di pugnale con impugnatura corta, i cosiddetti pugnali a stelo. Accanto si possono distinguere un disco ovale (il Sole) e una falce di Luna rovesciata. Il rilievo è stato scolpito sulla superficie della pietra e in parte levigato. Sul retro del menhir si trova un sistema di coppelle e canaletti, disposti in modo apparentemente irregolare, probabilmente risalenti ad un periodo successivo quando il menhir era già crollato in posizione orizzontale.



Inizialmente, a causa del motivo del pugnale a stelo, si pensava che la stele fosse dell'età del bronzo, tuttavia, ricerche più recenti collocano il menhir in un contesto più ampio di stele decorate in rilievo con rappresentazioni di armi, che si estende dall’area del Neckar, attraverso la Svizzera, fino al nord Italia. Queste sono prevalentemente datate alla prima metà del III millennio a.C., cioè al passaggio dal tardo al finale Neolitico nel sud della Germania. Con valutazione simile vanno considerati anche le stele antropomorfe e i frammenti di stele provenienti da Rottenburg "Lindele", Tübingen-Kilchberg e Gomaringen-Stockach, che furono riutilizzati secondariamente in tombe dell’età del ferro. Tipologicamente, anche questi ritrovamenti risalgono al IV o III millennio a.C..

Da notare che l’originale si trova al Museo archeologico statale del Baden-Württemberg, a Costanza Mentre lriproduzione esatta del menhir è stata eretta come monumento archeologico circa 50 metri a est del luogo del ritrovamento, a un bivio lungo il Herrenweg, poco fuori da Weilheim (quella in foto).




lunedì 21 aprile 2025

La pietra di Santa Brigida "Ròch ëd Santa Brigida" sulla collina torinese.

Il Ròch ëd Santa Brigida (pietra di Santa Brigida in piemontese) è una masso che si trova nei pressi di Moncalieri sulla collina torinese ed è un masso che affiora dal terreno proprio vicino alla strada.


Il masso di gneiss si è formato nel massiccio Dora Maira e in milioni di anni, attraverso sconvolgimenti tellurici, erosioni, glaciazioni e alluvioni è arrivato fino da queste parti. Non si sa esattamente se la pietra sia stata lavorata in tempi preistorici o se la sua forma levigata sia naturale, ma è sicuro che essa sia stata posizionata in modo da essere venerata come capitava spesso in epoca precristiana. Il roch infatti è una delle tante pietre che troviamo in Piemonte che hanno proprietà curative, in particolare si tratta di una delle "pietre della vita", come la più famosa che si trova ad Oropa (LINK). Ad essa le donne ricorrevano per rimanere incente, posandoci sopra il basso ventre o le parti genitali: questo succedeva ancora fino a pochi decenni fa come si vede nell'intervista a questo link:https://danielroux.eu/roch-ed-santa-brigida/


La pietra è comunque ancora oggi parte del folklore locale, conosciuta dagli abitanti di questa collina e oggetto di festeggiamenti stagionali. Dopo essere stata un po' dimenticata alla fine del '900 e maltrattata (qualche anno fa era coperta di scritte) è stata ripulita e l'aiuola su cui sorge è stata anche allargata per proteggerla dalle auto.



martedì 10 dicembre 2024

L'area megalitica di Sion: Le Petit-Chasseur

Il sito megalitico si Sion, nel Vallese, è interessante e importate per una serie di motivi.

La scoperta, nel 1961, delle prime tombe costruite con lastre di pietra lungo l'Avenue du Petit-Chasseur, segna un passo significativo nella conoscenza delle pratiche funerarie del Neolitico Finale nell'arco alpino. In poco tempo, Olivier-Jean Bocksberger riconobbe l'importanza di questa scoperta, confermata dall'apparizione della prima ceramica campaniforme segnalata nella regione e, soprattutto, dal ritrovamento di stele antropomorfe incise, riutilizzate nella costruzione di dolmen funerari. Nonostante le numerose pubblicazioni scientifiche dal 1964 al 2007, molto resta ancora da dire e scrivere su questo sito eccezionale e, in particolare, sulle statue stele antropomorfe, il cui significato continua a gettare luce sul periodo di transizione tra la fine del Neolitico e l'inizio dell'età del Bronzo.

Il sito del Petit-Chasseur a Sion si trova sulla riva destra del Rodano, all'ingresso occidentale della città di Sion. La necropoli è situata sul pendio del cono di alluvioni del fiume Sionne, che scorre più a est, al centro della città vecchia. I due monumenti funerari più antichi (M V e M XII) sono addossati al piede del versante roccioso della collina di Gravelonne, mentre le altre tombe si trovano leggermente più in basso. In totale, sono stati ritrovati e studiati dodici monumenti dolmenici su entrambi i lati dell'avenue.


La fondazione della necropoli risale agli inizi del quarto millennio a.C., tra il 3000 e il 2900 a.C. Questo periodo è caratterizzato da una maggiore densità degli insediamenti, in particolare lungo le rive del Lago di Ginevra e nella valle del Rodano.

DATAZIONE

Le stele antropomorfe della necropoli del Petit-Chasseur sono state tutte scoperte in posizione secondaria, cioè riutilizzate come materiale da costruzione nei monumenti funerari o trovate direttamente sul terreno vicino alle tombe. Per questo motivo, non è possibile determinare con certezza l'epoca della loro creazione basandosi esclusivamente sulla loro posizione stratigrafica. Tuttavia, due stili distinti emergono chiaramente tra le rappresentazioni conosciute.ù

Stile A

Le stele di stile A sono le più semplici e presentano elementi antropomorfi limitati. Le braccia sono rappresentate piegate a 90° con le mani incrociate sul ventre, spesso con tratti realistici. La testa è sempre frammentata, ma sembra essere relativamente piccola rispetto alla larghezza delle spalle. I motivi incisi includono una cintura poco decorata, pugnali con pomoli semicircolari, asce con manico e decorazioni a spirale doppia. Questo stile è attribuibile alla seconda fase del Neolitico Finale (circa 3000-2700 a.C.), ed è culturalmente affine alla necropoli di Remedello, in Italia, e ai ritrovamenti di Stollhof (Austria) e Malé Leváre (Slovacchia).

Stile B
Le stele di stile B sono più elaborate, con una testa più ampia e dettagliata, spesso dotata di un "copricapo" e un naso. Le braccia e le mani sono stilizzate e accompagnate da elementi come archi, frecce, pugnali in fodero e decorazioni intricate sui vestiti (triangoli, losanghe, chevron, ecc.). Questi ornamenti riflettono probabilmente abiti cerimoniali appartenenti a membri importanti della comunità.

Le stele di tipo B risalgono alla civiltà campaniforme (circa 2500-2200 a.C.), caratterizzata dall’uso di ceramiche a forma di campana ornate da motivi incisi. Le rappresentazioni maschili includono armi, mentre quelle femminili si distinguono per la mancanza di armi e la presenza di elementi decorativi specifici, come pettorali metallici e cinture a fibbia.

  • Motivi maschili: Comprendono armi come pugnali e asce, oltre a elementi distintivi come archi e faretre.
  • Motivi femminili: Rappresentati da decorazioni più elaborate, cinture con fibbie e pettorali metallici.
  • Motivi comuni: Alcuni simboli, come spirali doppie e motivi geometrici, erano condivisi da entrambe le categorie e potrebbero riflettere valori o ideologie comuni nella comunità.
  • FUNZIONE DELLE STELE

    La funzione delle stele antropomorfe solleva due domande fondamentali: chi rappresentano e quale ruolo avevano nella società dell’epoca?

    Gli elementi decorativi e le armi indicano che le stele raffiguravano personaggi di alto rango. La loro creazione, che richiedeva un grande investimento di tempo e risorse, aveva un carattere ostentatorio, volto a sottolineare il prestigio e il potere del soggetto raffigurato. È interessante notare che queste rappresentazioni includono sia uomini sia donne, anche se le figure maschili sono in maggioranza. Le stele erano associate al contesto funerario. Questo utilizzo si riscontra in altri siti dell’arco alpino e del sud della Francia, come Saint-Martin-de-Corléans ad Aosta, dove sono state trovate basi di stele rotte. 

    Rituali di distruzione e riutilizzo
    Un tratto distintivo delle stele del Petit-Chasseur è il loro riutilizzo come materiale da costruzione in nuove sepolture. Questo processo era parte di un rituale volontario, poiché le stele venivano intenzionalmente rimosse, spezzate e reimpiegate. Diverse ipotesi spiegano questo comportamento: con il passare del tempo veniva a meno la memoria del defunto oppure mentre questo era in vita il suo prestigio calava. Non lo possiamo sapere.

     Interpretazione delle Decorazioni Antropomorfe

    Le caratteristiche antropomorfe delle stele sono evidenti nella forma generale, con teste che sporgono dalle spalle e dettagli come braccia, mani e copricapi.

    • Il "naso": Sebbene spesso chiamato "naso", questa caratteristica potrebbe rappresentare un elemento di un elmo o di un copricapo, simile a quelli medievali.
    • Assenza di occhi e bocca: L’omissione di occhi e bocca potrebbe suggerire che le figure rappresentassero defunti, piuttosto che persone viventi.

    Le stele del Petit-Chasseur offrono una ricca varietà di motivi decorativi, che possono essere suddivisi in categorie principali:

    1. Motivi antropomorfi: Elementi come la testa, le braccia e le mani sono predominanti.
    2. Armi e ornamenti: Pugnali, asce, archi e frecce rappresentano status e funzione.
    3. Decorazioni geometriche: Losanghe, triangoli, damieri e altre forme adornano gli abiti e riflettono una complessa simbologia culturale.

    L'EUROPA NEOLITICA

    Il sito del Petit-Chasseur è stato confrontato con altre necropoli dell'arco alpino e dell'Europa occidentale, evidenziando somiglianze e differenze:

    • Saint-Martin-de-Corléans (Aosta): Sito parallelo con stele simili, che presentano incisioni elaborate e contesti rituali comparabili.
    • Necropoli di Remedello (Italia): Nota per la presenza di pugnali e asce incisi, elemento comune con le stele di stile A del Petit-Chasseur.
    • Siti della cultura campaniforme: Le decorazioni geometriche trovate sulle ceramiche campaniformi sono spesso replicate sugli ornamenti delle stele di stile B.

    Questi confronti confermano che il Petit-Chasseur era parte di una rete culturale più ampia, condividendo pratiche e ideologie con altre comunità dell'Europa neolitica.


    LINK: 

    http://www.archeosvapa.eu/wp-content/uploads/2019/02/Bepa-XX-suppl-WEB.pdf

    lunedì 18 novembre 2024

    I Dolmen di Antequera: Menga e Viera

    Questa volta siamo andati in Spagna. Per celebrare i giorni dei Morti e dei Santi, il Trinox Samoni, ci siamo diretti ad Antequera che si trova ad una cinquantina di chilometri da Malaga nel Sud della penisola Iberica. Proprio qui si trova un sito Unesco che comprende alcune delle più notevoli meraviglie megalitiche dell'Europa Antica: I dolmen di Menga e di Viera, il Tholos di Romeral, il Torcal e la Peña de los Enamorados. Noi abbiamo visitato i due Dolmen. 

    Il primo in cui siamo entrati, il più grande, è quello di Menga: si tratta di una delle più grandi strutture megalitiche antiche conosciute in Europa, è lungo 27,5, largo 6,0 e alto 3,5 metri e venne costruito quasi 6000 anni fa con 32 enormi megaliti. Questa struttura è ancora coperta dal  tumulo, per buona parte conservato, come ad esempio Gavrinis in Francia o New Grange in Irlanda e serviva come sepoltura per l'elite dell'epoca. Quando venne scoperto nel XIX secolo al suo interno vennero trovati i resti di centinaia di corpi. 

    Particolarià di questa struttura a tunnel è la sua larghezza e le colonne che vi si trovano all'interno. In oltre in fondo alla sala si trova un profondissimo pozzo di cui non è ancora chiara l'origine. Il corridoio è orientato verso la collina chiamata Peña de los Enamorados che doveva essere il punto cardine di tutta questa zona sacra per via della sua forma che richiama la testa di una gigantesca divinità dormiente. 

    Su una delle pietre all'ingresso si trova una classica conca in cui può essere conservata l'acqua e sulla roccia a sinistra sono visibili delle croci e una probabile rappresentazione schematica di divinità femminile. 

    Per quanto riguarda le croci non si sa se siano anch'esse rappresentazioni simboliche antiche o croci esorcizzanti cristiane.

    A soli 70 metri dal dolmen di Menga si trova quello di Viera, leggermente più piccolo ma sempre imponente e realizzato in un periodo leggermente successivo tra i 5500 e i 5000 anni fa. Scoperto nei primi anni del secolo scorso dai fratelli Viera è anch'esso un tumulo formato da una struttura a dolmen che costituisce un corridoio di 21 metri di lunghezza al termine del quale si trova la camera funeraria.

    La circonferenza del tumulo è di 50 metri e la casa più interessante è che la struttura è orientata precisamente al sorgere del sole nel giorno del solstizio d'estate. I raggi, infatti, in quella data così importante attraversano l'intero corridoio e illuminano la sala in fondo.

    Da notare che il cimitero di Antequera si trova ancora oggi proprio a lato dell'area megalitica ed è visibile dall'interno dell'area megalitica, conservando un legame con i defunti che quest'area ha da almeno 6000 anni. Nella foto sotto, uno dei due gatti neri che ho incontrato il mattino della visita mentre guardava le visite al cimitero cittadino nella data del 1 novembre.

    Scendendo poi si può visitare il bellissimo museo dentro al quale si conservano oggetti rinvenuti qui e si organizzano esposizioni temporanee e proiezioni di documentari inerenti alla storia di questo luogo.

    Sopra: alcuni oggetti esposti nel museo.

    Il sito è visitabile prendendo la linea ad alta velocità per Granada dalla stazione di Malaga e fermandosi alla prima stazione che è appunto Antequera. Il viaggio è di circa 30 minuti. La stazione poi si può raggiungere con una navetta bus, oppure a piedi in circa mezz'ora di cammino. Se invece viaggiate in automobile potete raggiungere direttamente il sito e visitare anche il Tholos che si trova a 4 chilometri sulla statale.


    Cristalli e pietre rituali ritrovati nei Dolmen andalusi.

    IL VIDEO SUL NOSTRO CANALE YOUTUBE:


    LINKS:








    sabato 18 novembre 2023

    Il Sasso dell'Olio e la sua area sacra.

    La settimana scorsa sono finalmente riuscito a visitare il Sasso dell'Olio o Pietra dell'Olio di cui avevo sentito parlare da tempo e per questo ringrazio tantissimo il sergente Tobia e il gruppo di amici di "Montagna e Gastronomia" con cui abbiamo passato una bellissima giornata a vagare per boschi e luoghi magici tra i colli tortonesi. Si tratta di una pietra eretta, un menhir, di cui è ancora vivo il ricordo tra gli abitanti della zona, ma durante la visita abbiamo trovato anche di più. 



    Il "Sasso dell'Olio" si trova nella zona in cui i colli tortonesi stanno diventando appennino, il paese più vicino è Garbagna e la strada asfaltata più vicino porta fino in località Bastita da cui poi si prosegue a piedi. Noi in realtà abbiamo fatto una bella escursione partendo da Castellania e passando per le Torri di Sant'Alosio, che abbiamo già visto, luogo in cui si trovano alcune coppelle e che sembra essere collegato a questo. 

    La pietra sorge proprio sul sentiero in mezzo al bosco, in cima ad uno dei numerosi colli,ma senza una guida non è molto facile da trovare. Dal terreno spuntano molte pietre, in modo naturale ma questa sembra proprio eretta dall'uomo, in effetti ha anche ceduto nel corso dei secoli e oggi si presenta pendente di circa 30 gradi. E' alta approssimativamente 1,70 ma, essendo il terrendo pendente da un lato è anche più alta. Vedendola finalmente di persona diventa subito chiara la ragione del nome con cui è conosciuta. Sulla sommità di trova una vaschetta, più che una grande coppella, che probabilmente veniva riempita di olio o grasso per alimentare un fuoco. In oltra un'altra cosa sorprendente è che la pietra, nonostante la vegetazione, è orientata verso la cima di Sant'Alosio, da cui siamo passati poco prima, dove si trova la grande coppella e in cui da alcuni anni si celebra il solstizio d'estate in vari modi.


    Qui sopra la coppella principale a Sant'Alosio e le due torri viste dall Sasso dell'Olio.

    I due colli panoramici, che noi abbiamo visitato in giornata distano a piedi circa 6 km di sentiero, sicuramente meno in linea d'aria. Il sito in cui sorge il Sasso però è molto interessante e presenta molte altre pietre. Una sulla sinistra a terra sembra molto simile e potrebbe essere crollata con il tempo. Addentrandosi alle spalle di queste due pietre si trova una piccola radura, disseminata di pietre naturali che andrebbero forse esaminate meglio, in quanto almeno su una di esse ci sono segni che potrebbero essere artificiali. La cosa più notevole comunque è una grande masso, alto quasi tre metri che sorge esattamente al centro dell'area sulla piccola altura. 



    Questo masso sembra in posizione naturale ma ha sicuramente una sua forza particolare, in oltre presenta alcune cavità molto particolari. Anche di queste non si può sapere se siano dovute all'erosione o all'opera dell'uomo, ma sicuramente hanno richiamato la nostra attenzione e probabilmente quella di chi frequentava questi luoghi in passato. Qui sotto riporto alcune foto perchè si possa capire di cosa stiamo parlando.



    In oltre come si diceva sopra, sono molte le altre pietre affioranti che anche se coperte di muschio e di foglie, erose da centinaia e centinaia di anni di intemperie ad un'occhiata veloce sembrava prensentassero diversi segni, tra coppelle e segni vari, come si può intuire da queste due foto qui sotto.



    Il modo migliore per visitare queste zone è quello di farlo con una bella escursione, quindi vale la pena prendersi una giornata intera. Sono molte le leggende che sopravvivono nel folklore locale, i nomi dei santi che rimandano forse a divinità e spiriti locali, le storie di fate e diavoli che popolavano i grandi calanchi e le fonti che costellano le vallate e i nomi di colline e corsi d'acqua in zona che hanno origini celtiche e precristiane. A seguire alcune altre immagini dell'escursione e una serie di collegamenti e note utili.

    I resti di una fonte molto antica in cui si tramanda la presenza di fate.

    Alcuni degli impressionanti calanchi argillosi dei colli tortonesi. Anch'essi noti per fate e diavoli.

    COLLEGAMENTI E NOTE:
    Ogni anno per il solstizio d'estate alle Torri di Sant'Alosio c'è un grande raduno di Yoga al tramonto con decine di persone.

    Il territorio era popolato da popolazioni celto liguri e principalmente dai Dertonini o Dectunini che avevano 15 oppida in zona: uno era Tortona, la romana Dertona che prende il nome appunto dai Dertonini. Un'altro era nel luogo in cui i romani fondarono Libarna e un'altro ancora era Carezzano a poca distanza. 

    A questo link sul canale youtube de Le Radici Degli Alberi c'è mia nonna (nata proprio a Sarizzola nel 1917) che racconta di aver visto le fate di persona): https://youtu.be/G0g2Yt_xrz4?si=uaErXU94DNQYpYDv 

    venerdì 15 settembre 2023

    La Pera d'la Pansa a Rocca di Cavour.

    Una delle pietre magiche più note tra quelle piemontesi è sicuramente la "Pera d'la Pansa" (Pietra della pancia) che si trova ai piedi della Rocca di Cavour, una collina rocciosa che si erge solitaria ed enigmatica dalla pianura tra Saluzzo e Pinerolo. Si tratta di una forma tondeggiante, evidentemente scolpita dall'uomo, che per via della sua forma è parte del folklore locale e di molte leggende. Non è possibile datarla essendo di pietra, ma si ipotizza che possa essere stata realizzata in un largo periodo che va dal neolitico all'età del ferro. Qualcuno ha ipotizzato che si potesse trattare solamente di una macina non finita. In effetti esistono cave di pietra in cui sono state trovate macine non del tutto scavate abbastanza simili; il fatto è che in questo caso la forma invece di essere piatta presenta una sezione tondeggiante e anche la circonferenza è troppo irregolare, decisamente ovale, rendendo questa ipotesi molto poco plausibile. In oltre la Rocca ha avuto un significato sacro fin dai tempi più antichi: nel vicino museo di Caburrum (Cavour deriva proprio dal nome del centro romano Forum Caburrum) sono conservati i resti di una frequentazione antichissima. Le popolazioni vedevano in questa formazione rocciosa un qualcosa di sacro come è successo in altri luoghi del mondo (basti pensare alla collina di Glastombury in Inghilterra o ad Ayers Rock (Uluru) enigmatica formazione rocciosa australiana sacra agli aborigeni).

    Foto ravvicinata della "pancia" ripresa nell'estate del 2023.

    Il nome stesso viene proprio dalla forma della roccia, come si diceva, in cui gli abitanti hanno sempre visto un ventre materno. Da qui l'interpretazione più classica che è quella che rappresenti simbolicamente l'ombelico della Dea Madre divinità primordiale sacra agli antichi. Roberto Gremmo nel suo "Le Grandi Pietre Magiche" fa notare che il foro centrale ricordi molto più l'organo genitale femminile di un ombelico ed è interessante ricordare che la pietra guardi dall'alto l'antichissima abbazia dedicata proprio a Maria (la Dea Madre cristiana), dal punto più soleggiato di tutta la rocca. Al riguardo, comunque, si possono fare solo delle ipotesi per quanto affascinanti e cercare di interpretare quello che ci comunica il folklore. Un'altra ipotesi è quella che la forma pseudo circolare rappresenti la ruota di Taranis, dio dei fulmini e dei temporali delle popolazioni celtiche assimilabile a Giove/Zeus della mitologia classica o a Thor norreno, il cui simbolo era proprio la ruota. Questa teoria è fondata per il fatto che queste zone fossero abitate da popolazioni celtiche (si, i liguri dell'età del ferro erano celti) e che oltre alla forma che richiama appunto una ruota la rocca sia bersaglio di fulmini, ma non credo che trovi relazioni con il folklore o con la toponomastica locale.

    Una pietra guaritrice e della vita? Tra le varie pietre magiche del Piemonte questa sembra finire nella categoria delle "Pietre Guaritrici", come ad esempio  la Pietra di Santa Varena, in quanto, proprio come quella alessandrina guarirebbe chi le dimostra devozione dal mal di schiena. Basterebbe infatti appoggiare la parte dolorante alla roccia affinché il fastidio passi in men che non si dica (cit. Roberto Gremmo). La pietra però forse aveva anche proprietà fecondatrici, come la famosa Pietra della Vita di Oropa ma la rientraza adibita a questo scopo (strofinare i genitali femminili sulla roccia) sarebbe stata occultata dal piccolo muretto di mattoni alla sinistra della formazione visibile oggi.


    Purtroppo durante la nostra visita erano in corso dei lavori e la pietra era stata recintata.

    La Rocca di Cavour è un blocco alpino di gneiss occhiadino, una roccia particolarmente resistente all'erosione, che spunta di 162 metri rispetto alla piana alluvionale che la circonda, caratterizzata da una aspetto vistoso, come un'isola nel mare che negli anni gli ha donato visibilità e un alone di mistero e riverenza. Per questo, come dimostrano i reperti conservati al museo Caburrum dedicato al periodo preistorico e protostorica. La Rocca - appartiene al massiccio del Dora-Maira, e la sua conformazione rocciosa risale al Carbonifero (345/280 milioni di anni fa). Presenta caratteristiche archeologiche, storiche e naturalistiche, tra cui diverse incisioni rupestri (fori a coppella, la pansa d'la Roca, le ongià e la piotà del diav), una pittura policroma risalente al post-paleolitico, ruderi e resti di fortificazioni medievali. - dal sito del FAI https://fondoambiente.it/luoghi/rocca-di-cavour?ldc


    La rocca che svetta solitaria dalla pianura. (non avendo una foto decente abbiamo preso provvisoriamente questa dal sito http://www.piemonteparchi.it/ - foto di Toni Farina)



    martedì 12 settembre 2023

    Gita a Stonehenge - Gennaio 2015

    Di Guido

    Nel gennaio del 2015 mi trovavo a Londra qualche giorno per lavoro così un giorno ho preso un bus e sono andato a Stonehenge. Avevo con me una delle mie macchine analogiche (Canon AF35M - "autoboy") con un rullino fuji a 200 iso. Quella macchina ogni tanto impazziva e riavvolgeva (era una delle primissime macchine autofocus e con avanzamento automatico) a metà rullino e ovviamente lo fece tantissime volte proprio li, in quel luogo magico, dando origine a delle foto veramente bizzarre e psichedeliche che ho scansionato dopo 8 anni e che in parte metto qui sotto:

    (N.B. le foto sono state ottenute solamente in modo analogico al momento con singola, doppia o tripla esposizione, nessun filtro digitale è stato applicato)