mercoledì 25 dicembre 2019

Sucellos, Nantosuelta, Silvano e San Rocco.

Di Guido

Sucellos era una divinità gallica legata alle foreste, al raccolto e al vino. Il suo sviluppo conosciuto è particolarmente legato al periodo Gallo-Romano e alla pantheon dei celti continentali quando venne identificato con il romano Silvano che aveva gli stessi attributi.

Alcune rappresentazioni della divinità conservate al museo gallo romano di Lione.
Sucellos era solitamente rappresentato come un uomo barbuto con un saio o un mantello, con un martello dal lungo manico o in alcuni casi un bastone e un cane. In alcuni casi il dio regge una cesta con uva o frutta, simboli che lo legano al vino e al raccolto. Oltre che per le evidenti somiglianze formali nelle numerose rappresentazioni che ci sono arrivate il collegamento tra Sucellus e Silvano è anche esplicitata da un'iscrizione scoperta nell'odierna Augst (Augusta Rauricorum) nell'odierna Svizzera che dice:

In honor(em) / 
d(omus) d(ivinae) deo Su/ cello Silv(ano) / 
Spart(us) l(ocus) d(atus) d(ecreto) d(ecurionum) 

Nel suo nome troviamo la radice gallica "Cellos" colpitore, attacante, derivante dal proto indoeuropeo "Keldos" da cui anche il latino "Cellere", ecc... che ci da una traduzione come "Il buon battitore" Un etimologia alternativa ci viene dallastudiosa Bianca Maria Pròsper, la quale fa derivare il nome della divinità da "Kel" - proteggere e quindi "su-kel-mó(n)" traducibile come "colui che protegge bene".


Le rappresentazioni di Sucellus vanno dalle più primitive e popolari in pietra a quelle molto più raffinate e classicheggianti in metallo. Quella qui sopra proviene dai Lari di una casa gallo romana della Francia del primo secolo A.C. e risulta molto simile al Silvano classico. Un altro attributo molto importante di Succello è la sua "compagna" Nantosuelta. Anche in questo caso lo sappiamo per un'iscrizioni in latino arrivata fino a noi sull'altare di Sarrebourg rinvenuto nel 1895 che dice:

Deo Svcello / 
Nantosvelte / 
Bellavsvs Mas / 
se filivs v(otum) s(olvit) 
l(ibens) m(erito) 

trad. "Al Dio Sucellos e a Nantosuelta, Bellausus, figlio di Massa che felicemente e meritatamente ha adempiuto al suo voto."

Bellausus e sua madre Massa hanno dei nomi celtici e probabilmente era pellegrini.

Nantosuelta da Speyer, l'altare di Sarrebourg, l'altare di Karlsruhe
Nantosuelta è generalmente rappresentata con una lanterna e con uno o più corvi, questo fa pensare ad una versione continentale di Morrigan. Morrigan nella mitologia Irlandese era la compagna di Dagda che ha sua volta a molti caratteri in comune con Sucellos/Silvano.

Sucellos/Silvano da Torino e da Nimes
Due constatazioni per finire. La prima riguarda il "Maometto" di Borgone di Susa, piccola edicola votiva che il folklore locale attribuisce ai Saraceni è chiaramente una rappresentazione di Silvano/Sucellus. La valle è notoriamente territorio gallico e mi chiedo come dopo anni in pochi si siano accorti della somiglianza evidente, ovvia direi in questo territorio. Egli ha una corta tunica e un mantello, in basso a sinistra è visibile il cane, mentre, nonostante le intemperie lo abbiano consumato molto, mi sembra abbastanza evidente che una delle braccia sorreggesse un bastone o un martello. In effetti è una delle situazioni emblematiche in cui versano molti siti archeologici in Italia, specialmente quando siamo così lontani da Roma.

Il "Maometto" di Borgone di Susa

La seconda riguarda la sopravvivenza dei culti antichi nella religiosità popolare, argomento che mi affascina sempre più. A volte andiamo a cercare le teorie più fantasiose su libri scritti negli Stati Uniti o cose del genere. Vicino a casa mia c'è una chiesa dedicata a San Rocco, santo molto amato da queste parti per cui devo ammettere ho sempre avuto una certa simpatia per via della sua rappresentazione: un personaggio barbuto con un saio trasandato, un cane e il suo bastone da viandante. San Rocco è famoso per essere un taumaturgo, per essere vissuto tra il sud della Francia e il Nord Italia tra il 1346/50 e il 1376/79, nacque a Montpellier e morì a Voghera. La rappresentazione di cui parlo non sembra antichissima ma sicuramente è li da parecchi decenni e riprende altre rappresentazioni popolari del Santo, che evidentemente è andato nei secoli a sostituire un culto rurale che non andava sparendo. In un epoca in cui internet non poteva nemmeno essere immaginato è impressionante come l'immagine di un dio gallico legato alla foresta si sia tramandata fino ai giorni nostri nell'immagine di un santo legato alla campagna e che sia ancora oggi aggetto di culto per migliaia di cattolici che a livello razionale ne sono probabilmente ignari, ma che a livello simbolico ne mantengono vivo il culto nella società cattolico-materialista contemporanea.

La chiesa di San Rocco di Alessandria, la rappresentazione del Santo sulla facciata e il rilievo si Sucellos da Nimes



Bibliografia:
Dizionario di mitologia celtica (Italiano) di Miranda Green

Links:
http://www.treccani.it/enciclopedia/nantosuelta_%28Enciclopedia-dell%27-Arte-Antica%29/
https://earthandstarryheaven.com/2018/11/28/sucellos/

venerdì 20 dicembre 2019

Il Palazzo di Cozio, re celtico delle Alpi occidentali.

Sempre triste che di scoperte del genere si parli solo in 2 articoletti nascosti, comunque
da: https://www.lastampa.it/torino/appuntamenti/2011/01/03/news/ritrovato-il-palazzo-br-dell-antico-re-delle-alpi-1.36981626
e da: https://www.lavalsusa.it/scavi-archeologici-segusium-pubblica-la-nuova-mappa/


Dopo duemila anni Susa scopre sotto il suo castello i resti del palazzo del Re più antico del Piemonte. No, non era un Savoia. Era Cozio, figlio di Donno. Dal 13 avanti Cristo, per più di una ventina d’anni, fu sovrano delle Alpi che ancora portano il suo nome.Governava quattordici tribù celtiche, controllava i passi alpini e ne riscuoteva il pedaggio. La sua epopea ritrova attualità grazie a cinque anni di scavi archeologici, appena conclusidallaSoprintendenza guidatadaEgleMicheletto. Con il sostegno di Stato, Provincia e Comune di Susa, l’archeologo Federico Barello dal 2005 ha indagato i sotterranei e le pertinenze del castello segusino. Ha scoperto che le sue cantine voltate sono antichi ambienti romani, fondati sulla roccia. Con robusti pilastri sostenevano stanze in cui sono emersi resti di pavimentia mosaico. «Facevano parte del Palazzo di Cozio» assicura Barello. «Era un complesso di almeno 3500 metri quadri, su più piani. Dominava la strada che conduce al Monginevro. Vi si accedeva dalla scalinatamonumentale rinvenuta negli anni Trenta del Novecento dall’archeologo Carlo Carducci. Al piano terra vi erano magazzini e servizi, a quello superiore gli appartamenti. L’impianto fu modificato nel quarto secolo dopo Cristo, per trasformarlo in fortezza». E’ una storia che verrà raccontata al grande pubblico la prossima primavera, con una mostra curata dal Comune. Parlerà della dimora di un personaggio che seppe mediare fra cultura celtica e quella romana. «Gli storici Strabone e Damiano Marcellino - spiega Barello - narrano che quando Cozio vide arrivare le legioni di Cesare Ottaviano Augusto non solo seppe farsi rispettare, madivenne in seguito sincero amico del futuro imperatore, tanto da dedicargli l’arco di trionfo che dall’anno 9 avanti Cristo tutt’ora lo celebra. Augusto lo ricambiò. Ne fece il suo prefetto. Lo associò persino alla propria famiglia, la «gens Giulia», con il nome di MarcoGiulio Cozio». Fu un’alleanza che trasformò il villaggio originario di Cozio. Daborgo di capanne divenne la sua capitale: Segusio. In vetta al colle che la sovrasta sorse la reggia. Nel foro, l’odierna piazza Savoia, fu eretto il tempio che celebrava la divinità dell’amico Augusto. Nella città furono profusi i bianchi marmi che Cozio estraeva dalle cave di Foresto e Chianocco. Susa divenne patria di una dinastia locale, ma molto intraprendente, che ebbe discendenza fino al tempo di Nerone. «I figli di Cozio, Donno II e Cozio minore - ricorda Barello - ebbero interessi anche a Torino. Furono loro a finanziare la costruzione del teatro romano della città. Al padre defunto, verso il 13 dopo Cristo, offrirono una tomba monumentale, rintracciata a Susa nel giardino di casa Ramella, in piazza Savoia. Qui nel 1904 venne alla luce l’urna funebre del Re, oggi custodita dal museo civico». Nei pressi gli archeologi trovarono anche una testa di bronzo, oggi proprietà del Metropolitan MuseumdiNewYork. Raffigura un uomo con collo taurino, mascella squadrata, naso dritto, sotto uno sguardo fiero. «All’atto del ritrovamento - ricorda Barello - si disse che rappresentava Marco Vipsanio Agrippa,genero dell’imperatore Augusto e fondatore del Pantheon di Roma.Fului che mediò l’alleanza fra Ottaviano e Cozio.Ma uno studioso tedesco, Dietricht Boschung, oggi nega che sia Agrippa». Chi sarebbe?«Unpersonaggio importante di Segusio ». Potrebbe essere Cozio? «Nonci è pervenuto alcun suo ritratto. Ma è certo che quella testa è comparsa accanto alla sua tomba».