giovedì 10 marzo 2022

Il calderone di Gundestrup, da est a ovest, da su a nord.

Questo post è un appendice al post "Cernunnos e gli altri "Buddha" occidentali. Rapporti e connessioni tra oriente e occidente", in cui sono andato a cercare diversi punti di contatto tra oriente e occidente in simboli e figure dell'antichità. Questa volta approfondisco alcuni punti veloci in quel testo, vedendo i collegamenti che ci sono tra le diverse aree interne all'Europa antica.

In  molti conoscono il dio celtico cornuto Cernunnos dalla sua rappresentazione cphe si trova sul Calderone argenteo di Gundestrup, è meno noto il fatto che questo calderone sia stato trovato in un'area ben lontana dall'area abitata dalle popolazioni celtiche ovvero la Danimarca. In effetti probabilmente si trattava di un bottino di guerra che veniva da altrove... la storia di questo oggetto è piuttosto complicata e apre diverse constatazioni che vado ad esaminare qui di seguito.

Ritrovamento: Il calderone venne scoperto nel 1891 nella torbiera di Rævemose in Danimarca ben nascosto sotto alcuni strati di suolo e diviso in vari pezzi. 7 pannelli esterni, 5 interni e uno a forma di disco dalla base. Le misurazioni dei pannelli però hanno evidenziato che un ottavo pannello esterno sia andato perso. L'ordine dei pannelli venne ricostruito da Sophus Müller (anche se non tutti gli studiosi sono d'accordo) e si pensa che quello mancante rappresentasse una divinità femminile. Il calderone era composto in massima parte d'argento, ma ci sono anche tracce d'oro, stagno (per la saldatura) e di vetro per gli occhi. La lavorazione però non sarebbe tutta della stessa epoca ma certi particolari sarebbero stati aggiunti durante i secoli, sempre in antichità. Si tratterebbe del più grande manufatto argenteo dell'età del ferro gallica.


Produzione e origini: Per anni la produzione del reperto venne datata intorno al III secolo a.C. ma recentemente le ipotesi più accreditate sono state aggiornate tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C. o addirittura fino al III secolo. Sicuramente non si tratta di una produzione locale. Si pensa fosse infatti parte di un bottino guerra portato al nord da popolazioni germaniche. I soggetti rappresentati richiamano subito la mitologia celtica, ma non solo e la lavorazione dell'argento è compatibile con le manifatture trace ovvero dell'area dell'attuale Bulgaria. L'ipotesi più probabile è quella che il calderone sia stato prodotto in Tracia, alcuni pensano da una manifattura tracia per un'elite gallica oppure proprio in una situazione multiculturale. In effetti nella zona del basso Danubio coesistevano sia tribù locali come i Triballoi che di origine celtica, gli Scordisci. I primi erano originari proprio dell'area che oggi si trova tra Serbia e Bulgaria, i secondi invece erano una popolazione mista di genti native delle foci del fiume Sava e altre di origine gallica che avevano ripiegato qui dopo le spedizioni nei balcani del III e IV secolo a.C.. Questa tesi avrebbe senso anche perché proprio gli Scordisci si scontrarono con la tribù germanica dei Cimbri che, provenienti dallo Jutland invasero queste terre. Questi ultimi poi si scontrarono ancora con i romani, ma anche se vittoriosi subirono gravi perdite e in parte tornarono a Nord. In breve, si pensa che il calderone sia stato prodotto in Tracia in un contesto celtico ma multiculturale, venne poi preso come bottino dalle tribù cimbre che ripiegando a nord lo portarono con loro in Danimarca. Una datazione più recente complicherebbe tutta questa situazione e sarebbe difficile pensare ad un oggetto di questa portata con riferimenti culturali di questo tipo in un'epoca in cui l'area era ormai romanizzata.


I pannelli: oltre al pannello 1, su cui è rappresentato Cernunnos e di cui abbiamo già parlato nel testo principale, c'è molto altro di cui parlare e di cui generalmente non si presta la dovuta attenzione. Ad esempio potremmo partire dal pannello dei guerrieri (immagine sopra). Su di esso sono rappresentati dei guerrieri, appunto, disposti su due file: quelli sotto, a piedi, hanno degli scudi lunghi, elmi, tuniche a pantalone e gli ultimi in fondo suonano il famoso "carnix" una tromba zoomorfa, tutti attributi celtici e si tratterebbe quindi della fanteria. La fila superiore invece è chiaramente la cavalleria. A lato un personaggio più misterioso e grande tiene con le mani uno dei fanti e sembra metterlo in un recipiente. 
La teoria più accreditata è che si tratti di una rappresentazione del processo di metempsicosi in cui credevano i celti e di cui ci da testimonianza Cesare nel De Bello Gallico: i fanti che muoiono in battaglia passerebbero al cospetto della divinità (la grandezza maggiore del personaggio a lato, come nelle altre rappresentazioni del calderone) che li farebbe passare attraverso un varco e rinascere cavalieri. Una visione molto pratica della reincarnazione, ma ce lo fa notare anche Cesare appunto. Altri vedono della scena un sacrificio umano e nel grande personaggio la rappresentazione di una divinità, probabilmente Teutates, al quale, come ci dicono alcuni autori classici venivano offerti sacrifici umani annegando le vittime. 


L'altro pannello incredibilmente interessante è la placca interna della Dea con gli elefanti. Anche di questo ho già parlato nell'articolo principale. In alcuni testi si fa fatica addirittura ad ammettere che i due animali a lato della dea siano elefanti: grandi, con la proboscide e le zanne, cosa potrebbero essere? Del resto il calderone è pieno di animali esotici come leopardi o come quello sotto al centro difficile da riconoscere e da due grifoni. In ogni caso questo pannello è molto interessante perché come quello con il dio cornuto si ricollega direttamente alla tradizione induista: La dea Lakshmi infatti viene generalmente rappresentata assisa in mezzo a due elefanti che la proteggono. Se il paragone sembra azzardato vi rimando per l'ennesima volta al testo principale qui: LINK, a tutti i punti di contatto tra Cernunnos e Shiva Pashupati del pannello I e al fatto che Alessandro Magno e il suo esercito fossero stati in India verso il 326 a.C.


Altro pannello importante è quello in cui è rappresentata... (Da finire)













***Quando si sente parlare per la prima volta della Reincarnazione, naturalmente si suppone si tratti di una dottrina esclusivamente indiana, poichè è risaputo che Induismo e Buddhismo la hanno come fondamento, tuttavia le sue origini non vanno ricercate esclusivamente in questi ambiti, ma ne possiamo trovare tracce fra gli aborigeni della lontana Australia, come pure sappiamo che veniva insegnata dai Druidi dell’antica Gallia di Giulio Cesare.  Anche i filosofi greci, non ultimo Platone con la metempsicosi delle anime, parlavano di Reincarnazione, come pure il Cristianesimo e, nella tradizione ebraica, il Talmud cita diversi casi di Reincarnazione.



Nessun commento:

Posta un commento