La Bahgavad Gita è uno dei testi più importanti dell'India, ma non solo. Io lo incontrai alla fine degli anni '90 dopo aver conosciuto gli Hare Krishna e da allora lo considero uno degli scritti basilari per me, ne porto spesso una copia piccolissima, non commentata nello zaino. Ma che cos'è la Bhagavad Gita? Prima di tutto non è un testo autonomo, ma un episodio inserito all’interno del Mahābhārata, uno dei grandi poemi epici dell’India. La sua datazione è ancora discussa tra studiosi e indologi, perché il testo è frutto di stratificazioni e redazioni diverse: probabilmente venne composto tra il V secolo a.C. e il II secolo d.C. e la maggioranza degli studiosi colloca la stesura finale attorno al II secolo a.C. – II secolo d.C. I contenuti filosofici mostrano dialogo con le dottrine dell’Upanishad, del Sāṃkhya, dello Yoga e con le prime correnti del buddhismo, il che indica un’epoca in cui queste scuole erano già sviluppate e in dialogo tra loro. La lingua è il sanscrito classico, più tardo rispetto al sanscrito vedico dei Veda. Quindi possiamo dire che la Bhagavad Gita nasce come testo compiuto nell’età classica dell’India antica, probabilmente tra il II secolo a.C. e il II d.C., anche se i suoi temi e le sue idee hanno radici molto più antiche, nei Veda e nelle Upanishad. Il testo riporta un dialogo tra il principe Arjuna e il dio Krishna che gli impartisce lezioni di saggezza spirituale e morale durante la grande battaglia di Kurukshetra.
Ci sono diversi punti di contatto tra Bhagavad Gita e buddhismo, che mostrano come le due tradizioni abbiano dialogato nello stesso contesto culturale dell’India antica:
1. Distacco e non-attaccamentoBhagavad Gita: l’azione va compiuta senza attaccamento ai frutti (karma-yoga).
Buddhismo: l’attaccamento è radice della sofferenza; il cammino implica agire senza brama.
In entrambi, il punto non è rinunciare all’azione, ma liberarsi dall’attaccamento.
Gita: il saggio è equanime davanti al successo e al fallimento, al piacere e al dolore.
Gita: lo yoga (soprattutto rāja-yoga) è via per la concentrazione e l’unione con il divino.
Buddhismo: la meditazione (samādhi, vipassanā) porta alla liberazione dalla sofferenza.
Entrambi vedono la mente disciplinata come condizione della liberazione.
Gita: bisogna superare l’ego individuale per comprendere il Sé universale (ātman-Brahman).
Buddhismo: bisogna riconoscere l’illusione del sé (anātman) e liberarsi dall’ego.
* Qui c’è una differenza sostanziale: la Gita afferma un Sé eterno, il buddhismo lo nega.
Gita: mokṣa, unione con il Brahman o con Krishna, liberazione dal ciclo delle rinascite.
Buddhismo: nirvāṇa, estinzione della brama e della sofferenza, uscita dal saṃsāra.
Le parole cambiano, ma entrambi cercano una liberazione definitiva dal ciclo delle nascite e morti.
Gita: agire secondo il proprio dharma, senza desiderio personale.
Buddhismo: seguire la retta azione, la retta parola e il retto sostentamento (Ottuplice Sentiero).
Nessun commento:
Posta un commento